La catastrofe della prima guerra mondiale fu una guerra di logoramento, di posizionamento, di stanziamento, una guerra che ebbe origine con lo scopo di annientare l'Impero Austroungarico, che fu in parte artefice della propria fine, cogliendosi la palla al balzo offerta dall'aggressione alla Serbia. La storia si ripete, disse Polibio, ovviamente con gli adattamenti e con le circostanze del proprio tempo. La Russia invade l'Ucraina per rivendicare territori considerati russi. Un pò come fece il Regno d'Italia nella Venezia Giulia, verrebbe da dire, pur con le differenze del caso. E la cosa interessante è che si ripetono le stesse meccaniche, gli stessi schemi, salvo avere armi più devastanti e distruttive. Prova ne è ad esempio la repressione o la diffamazione che viene esercitata verso chi non si allinea alla logica di guerra, o con l'Ucraina o contro l'Ucraina, la terza via, quella pacifista, non è ammessa. Il Piccolo del 4 marzo 1915 racconta ad esempio della distruzione di cartoline pacifiste a Parigi, su disposizione prefettizia, considerate come influenza pericolosa. E che dire di quanto accadde in Svizzera? Finita sul banco degli imputati per la sua posizione di neutralità.

La Stampa del luglio 1915 racconta che la Svizzera, per la sua neutralità, "più di ogni altro paese favorisce nelle condizioni migliori la propaganda pacifista non solo nel partito socialista, ma in tutti indistintamente prevale il vangelo della pace e la propaganda si svolge in opuscoli, conferenze, ovunque". E si narra di un referendum: "qualche tempo fa fu aperto un referendum col modesto premio di cinquecento franchi alla migliore proposta pratica diretta a porre fine al più presto all'attuale guerra. Il referendum si chiuse e le proposte furono quarantacinque. Un anonimo spiritoso propone di mandare nelle trincee tutte le personalità che furono causa della guerra. E sapete chi? Tutti i membri maschili delle Case regnanti tedesche: i membri della Camera prussiana; i direttori delle officine Krupp, tutti membri della Lega pangermanista e, da parte della Francia, i membri dell' Action Francaise, i ministri ed i redattori capi dei giornali sciovinisti e soprattutto i redattori del Matin". Nel 1917 invece emerge la dura posizione di giornali come il New York Times che chiese addirittura la deportazione dell'ex-segretario di Stato Bryan e dei suoi amici pacifisti. E la repressione fu importante, e simile in ogni Paese coinvolto dalla guerra, un pò come accade oggi in Russia. Venivano arrestati i pacifisti liquidati come disfattisti. E tra questi vi furono anche diversi preti sottoposti alla pratica dell'internamento, come il caso di un parroco di Grancona, in provincia di Vicenza, arrestato addirittura per aver pronunciato la frasela guerra sarà lunga".

Così come impressiona vedere come il mondo del calcio stia vivendo questa guerra come se non esistesse, salvo a volte prendere timidamente parte a sostegno di una fazione piuttosto che dell'altra, ma se si osasse la parola pace, si finirebbe nel tritacarne mediatico. E sappiamo bene che il calcio oramai non fa più rima con valori, con etica, con morale, salvo qualche paraculata dell'ultimo momento che non serve altro che a lavarsi la coscienza mediatica, come successo in Qatar, dove si è vietata la fascia a sostegno LGBT ma si è potuta indossare quella contro ogni discriminazione. Una presa in giro mondiale! Pace non significa essere dalla parte dell'aggressore, significa che la via della armi deve finire e non si deve seminare più morte e se questo significa dover concedere qualcosa all'aggressore, pazienza. Di ingiustizie in questo mondo ve ne sono state sempre. L'Ucraina ha tutto il diritto di difendersi ma arrivati ad un certo punto bisogna sapere fermarsi. E questo momento è arrivato. Pace significa compromesso, significa dover rinunciare a qualcosa come è sempre stato nella storia dell'umanità. Insomma, a distanza di cent'anni l'umanità non sembra aver imparato molto dal proprio passato e ciò che deve preoccupare seriamente il mondo è la sfida tra USA e Cina, il cui confronto è iniziato proprio con la guerra in Ucraina.