Le storie più belle nascono quasi sempre per caso. E non è solo il caso dell’amore, anche se poi, qualsiasi sia l’ambito, nella “presa”, nel coinvolgimento, in qualche modo, l’amore c’entra sempre. In tempi difficili come questi, portare avanti una famiglia, un'unione che preveda due o più persone, non è affatto facile, soprattutto se a portare avanti le cose, c’è un solo stipendio.
Così, in una calda giornata agostana, Jay, la mia compagna, un po' per necessità, ma anche per noia, quella di non mettere “piede” fuori casa, piazza un annuncio:
"Cercasi lavoro come badante, baby-sitter, dogsitter"; ce ne sono a centinaia - a tenersi bassi - e quindi lo mette lì, consapevole che come successo anche in altre circostanze, possa essere una moneta lanciata nel nulla, con minime chance di sentirne il rumore dell’eventuale tocco al suolo. E poi ci sono quelli che travisano, convinti che le richieste di lavoro, possano essere “a tutto tondo”, trattarsi di celate richieste di incontri, come dire… passionali, come se mancassero piattaforme o modi per conoscere gente: “Ciao, ma tu…fai pure massaggi?” O anche “Mi servirebbe una donna che stia qui giorno e notte, metta a posto casa e mi faccia compagnia”, praticamente una moglie.
Quasi per incanto, arriva presto un messaggio serio: “Fai anche stallo?” Riferendosi chiaramente alla possibilità di tenere un animale per qualche giorno. Per me, non c’era alcun problema, per cui “certo amò, almeno ti tiene impegnata e non solo in faccende di casa, guadagnando anche qualcosina”. Di lì a poco, un’agenzia la contatta per chiederle di presentarsi al più presto per un incontro conoscitivo, volto a fargli firmare un contratto a tempo determinato in qualità di badante. Dal non aspettarsi chiamate, se non quelle indesiderate, da parte di qualche solitario in cerca di momenti di piacere, a ritrovarsi persino contesa su più fronti: inaspettato è dire poco.
Jay: “Che faccio amò? Vado?
FR27: “Si amò, vai. Almeno a capire cosa ti propongono, poi scegli se accettare o meno.”
L’incontro conoscitivo, dura meno di una sigaretta. Giusto il tempo di spiegargli per sommi capi cosa avrebbe dovuto fare, accertarsi che effettivamente avesse qualche esperienza a riguardo, e un contatto da chiamare di qualcuno di cui si fosse presa cura in passato. Il giorno dopo, il contratto era già firmato:
Jay: “E mo come faccio?
FR27: “In che senso amò?
Jay: “Ho detto di si alla ragazza per tenergli il cane, mo come faccio a dirgli che non lo posso tenere?
FR27: “Vabbè amor, non ti preoccupare, quando non ci sei, me ne occuperò io, non c’è problema.”
Jay: “Sicuro amor? E come fai con il lavoro?
FR27: “Quando sto a lavoro, lo porto con me, quando sto a casa, sta con me a casa.
Jay: “Va bene love, grazie.”
FR27: “Di niente amor, grazie a te di avermi fatto sto regalo”.
Jay: “Daiii, sono solo quindici giorni…
FR27: “Azz, solo! Vabbè…

Non esserne entusiasta, era un eufemismo. Da che doveva essere lei, a fare la dog-sitter, mi ci sono ritrovato io: Evviva! Scusa sempre altissimo, se più di qualche volta ti invoco in maniera non del tutto corretta, per motivi tutto sommato futili. E’ per via degli anni da militare, che mi hanno reso un mix improbabile di dialetti e imprecazioni; fino ai diciott’anni, stando nel mio “orticello” campano, non solo non bestemmiavo, mi facevano persino “terrore” le bestemmie, abituato com’ero, ad una educazione fondamentalmente religiosa.

                                                 14 Agosto

Il motivo per cui erano arrivate subito richieste, e ancora tante altre, è presto svelato: ferragosto!
Milano, manco a dirlo, tra gente all’estero, altri nell’esodo classico verso i litorali del sud, e qualcuno che semplicemente raggiungeva seconde case sparse tra Liguria e Friuli, era deserta, popolata solo da chi era costretto a lavorare nel mese che più rappresenta l’estate in assoluto, almeno per noi italiani.
Faccio il pomeriggio a lavoro, torno a casa, ed eccolo lì: il tempo di aprire la porta di casa, ed era già con le zampette sul pantaloncino, a fissarmi con fare conoscitivo, come a dire “E mo tu chi ca..o sei?
Jay: “Charlie! Lui è ForzaRoma27, tranquillo, è amico!
FR27: “Ma amico cosa! (sì perché dopo dieci anni da milanese acquisito, pur non perdendo il tipico accento partenopeo, ti escono fuori queste affermazioni, come fossi lombardo doc). È amico tuo questo qua, non mio!"
Jay: “Daiii, vedrai che ti piacerà passare del tempo con lui! Ti mancherà pure!
FR27: “Si certo, quanto manca? Quand’è che se lo vengono a prendere?
Jay: “Il 31…
FR27: “Po… D…! Ma non erano 15 giorni? Già sono diventati 17!
Jay: “Mamma mia, e dai suuu..stai a guardare 15 o 17
FR27: “Certo, tanto che te frega…Tanto so io il dog-sitter!
Jay: “A proposito…mettigli il guinzaglio che deve andare a fare la cacca! Ancora non è uscito
FR27: “Ah ottimo. Grazie amor, vado subito.”
Jay: “Dai, ti faccio compagnia, andiamo insieme
FR27: “Che bello.”

                                             La passeggiata

E’ impressionante scoprire quanta merda ci possa essere lungo un viale. Quella prima passeggiata con Charlie, è stata in qualche modo sorprendente: ogni singolo pezzetto di terra, che avesse un ciuffo d’erba, era di fatti un plausibile water per cani. E Charlie non si fa attendere, nella corsa all’accaparrarsi gli appezzamenti: ogni due metri, nel classico rituale canino dell’annusata e pipì, a marcare il territorio, il vecchio cane si prodiga con fare certosino, fino a diventare possessore supremo dei cespugli brianzoli. Tutto nuovo per il sottoscritto, non perché non avessi mai visto un cane, ne ho anche avuti in gioventù, ma avevo vissuto il rapporto con i “pelosetti” diversamente, giacché mio padre ha uno spazio - intorno ai quattromila metri quadrati - trasformato negli anni da vigneto a uliveto, e dove gli animali che abbiamo avuto in successione, vivevano liberi di “fertilizzare” a loro piacimento. E allora bustina tecnica per il momento topico dell’atto grande, e guanto, pronto a raccogliere il "trofeo" di giornata. 

Il morso della diffidenza.
Sganciato il bendiddio che aveva in corpo, Charlie prosegue leggero alla scoperta del mondo circostante. Tutto meravigliosamente bello, se non fosse che le tracce del suo operato, non erano immerse soltanto nella bustina di cui sopra, purtroppo gli avevano colorato anche il pelo, lì dove notoriamente non batte il sole: mi accingo a pulirlo, e lui, per nulla propenso a farsi toccare in un punto così delicato, scatta repentino, in barba alla vetusta età, e mi morde la mano, portandomi a invocare ancora, colui che fondamentalmente non ha colpe, ma per diletto viene sempre messo in mezzo, in quanto fautore del tutto, quindi anche delle sventure.
FR27: “Maledetto il giorno che hai accettato di tenere sto cazzo di Charlie!
Jay: “E dai, non ti arrabbiare, tu gli volevi mettere la mano lì! Ovvio che si è ribellato!
FR27: “Certo, perché non lasciarlo così, col culo pieno di merda…
Espletati i bisogni, rientriamo a casa per cenare, e Charlie è lì, che ti fissa:“Ma io invece, quando è che mangio?
Prendo una delle scatolette che aveva lasciato la sua padroncina, e la verso nella ciotola: il tempo di rimettermi a sedere che era già di nuovo lì, nei pressi del tavolo, in attesa di essere rifocillato. 
FR27: “Ammazza Charlie, questa non è fame, è depressione!
Faccio per accarezzarlo, e mi ringhia, ancora memore del mio malsano tentativo di “igienizzarlo” alla meglio. Si allontana, posizionandosi vicino all’ingresso, li dove aveva visto per l’ultima volta, la padroncina, l’amore della sua vita. La diffidenza continuava a persistere, d’altronde come non immedesimarsi? Pure io mi sarei ritrovato spiazzato, lasciato in un posto che non conosco, con gente mai vista prima, lontano dalle persone che mi hanno sempre accudito. Comincio a spezzettare delle fette biscottate, e a lanciargliele vicino, giusto per cercare un contatto, un modo per dire “hey, tranquillo, so che non ci conosciamo ma qui non ti accadrà nulla”. Con mia grande sorpresa, comincia a sgranocchiare quei pezzetti con gusto, e con una voracità da diavoletto della Tasmania. Provo ad avvicinarmi, ma niente, mi riceve con il disprezzo di chi vuole mangiare, ma non vuole rotture di co***ni.
Vado via, a letto, lasciandogli spazio e tempo di prendere confidenza con l’ambiente.
D’improvviso arriva accanto al letto, e piange, in cerca di attenzioni. Lo accarezzo, stavolta senza ripercussioni e senza “brutto muso”: Charlie adesso, non ha più paura, vuole solo essere coccolato e sentirsi parte di qualcosa.

                                                  15 Agosto

Alle cinque in punto, con l’alba che è già sorta, ma ben lontani dalla sveglia, fissata per le sette e dieci, Charlie piazza le zampette sulla mia mano: non abbaia, ma piagnucola, il che è ancora peggio, perché avevo un sonno della madonna, ma come fai a far finta di niente, quando qualcuno piange?
FR27: “Madò Charlie…sono le cinque…ma che sei matto?
Charlie: “mmh mmh mmh” (che sarebbe il mio tentativo di riportare in lettere il suo piagnucolio)
Mi metto seduto, e lui come per magia smette di piangere. Si piazza con la testolina tra le mie gambe, e mi guarda: “hey tu…babbeo…accarezzami. Basta dormire

Il 15 di Agosto è iniziato sin troppo presto per i miei gusti, quasi come se non ci fossero state interruzioni, in un unico continuum temporale dal suo arrivo nel pomeriggio del giorno precedente, al guinzaglio indossato per percorrere ancora il viale "propiziatorio", la dove gli animali del vicinato trovano ispirazione per il loro alleggerimento corporale. Jay, nel frattempo dorme, come tutte le persone normali alle 6 del mattino, perché poi il vecchietto, non è che andava a piangere dal lato suo, ero io quello che doveva portarlo in giro...stica**i di Jay. Si torna in casa, e facciamo colazione, io e l’ormai fido Charlie, lui con la sua ciotola ripiena di carne e fette biscottate tritate, in stile pan grattato ( Lo so, state pensando ma che roba è? Non me lo chiedete, è uscita così per puro caso sta ricetta "gourmet") e io con latte…e fette biscottate, per sentirmi ancora più vicino al piccolo amico. Jay, alla buon ora (si fa per dire, saranno state le 7) si presenta in cucina, fa un po’ di moine al vecchietto peloso, prima di sedersi anche lei per la colazione, in attesa di recarsi dalla signora di cui si prenderà cura da lì ai giorni a venire. Lasciata Jay, tra le “buone mani” dell’anziana in difficoltà (cioè dovrebbe essere al contrario…dovrebbe essere la signora anziana nelle buone mani di Jay…chissà poi chi ha accudito chi), vado a lavoro portando Charlie con me, facendolo rapidamente diventare la stella assoluta dell’intero stabile, anche perché essendo ferragosto, ci siamo solo io, il cane e giusto un’altra manciata di anime sofferenti, obbligate a presenziare nel dì che per eccellenza rappresenta tintarella e chiappe all’aria. A dirla tutta, il neo di lavorare in Agosto, ne rappresenta anche il vantaggio: non c’è nessuno in città, strade libere e quindi arrivi dove ti pare in un attimo, e poche problematiche lavorative, il che aiuta tanto, se tra le altre cose hai deciso di metterti a scrivere su VxL a cadenza quasi giornaliera (si batte la fiacca…eh!? Cit. Capitan Uncino/Bennato). Sarà stato il vedere altra gente nuova, sconosciuta, ma è lì che Charlie si lega oltremodo al sottoscritto, ergendomi a “uomo alpha”, a suo unico impavido protettore: entra in ufficio un collega, un qualcosa di assolutamente normale, un viso chiaramente conosciuto, per me però, non per Charlie, il quale si spaventa a morte, manco avesse visto Darth Vader, o che ne so peggio, un accalappiacani. Inutili i tentativi di quest’ultimo: “Povero Charlie, tranquillo, ma tu sei il cane perfetto”, per tutta risposta, Charlie gli abbaia, e in un impeto di coraggio, gli ringhia, giusto il tempo di pensarsela meglio e correre a “zampe levate” sotto la scrivania, tra le mie gambe. E va così, pressappoco per tutta la giornata, rimettendo la testolina fuori solo per mangiare, e nei momenti delle passeggiate programmate.

La sera
Tornati a casa, per prima cosa, cena per Charlie, illudendomi che in questa maniera non me lo sarei ritrovato accanto al tavolo a reclamare cibo, illusione svanita alla stessa velocità con cui divora il suo pasto, di nuovo pronto in attesa di mangiare ancora, con lo sguardo - neanche velato - di chi ti sta dicendo:
Si, va bene l’aperitivo, ma mo quando se magna per davvero?
Consapevole di non poterlo assecondare, faccio finta di niente, nonostante il suo piagnucolare piuttosto persuasivo. D’altronde, io con la mia coscia di pollo, rappresento per Charlie l'equivalente di una donna nuda per Rocco Siffredi: l’odore lo solletica come le mosche con le sue opere d’arte. Mi alzo, il tempo di percorrere i due metri che separano la cucina dal balconcino, dove ci sono i cestini per i rifiuti, e Charlie piazza le zampe sul tavolo, rovesciando gli avanzi del pollo: agguanta l'osso della coscia, e scappa via, verso il soggiorno, in un atto in pieno stile “fuga per la vittoria”.
Non so se ridere o essere arrabbiato. Alla fine, con molta difficoltà, riesco a fargli mollare l’osso, urlandogli un “NO!” Con mio grande stupore, il rimprovero, per quanto semplice, sortisce l’effetto sperato. Con il musetto di chi sa di non essersi comportato bene, si avvicina, cercando comprensione e affetto: e come fai, a tenerlo in disparte, uno così? Gli esseri più innocenti con cui possiamo avere a che fare, fatti solo di istinti, e amore puro, autentico. Tra coccole e pancia piena, Charlie se ne va al sonno, accanto al mio letto: si spengono le luci, in attesa di una probabile, nuova levataccia.

                                                   La levataccia

Eh già, merita proprio un titolo, come fosse un capito ben distinto, perché nei quindici, o meglio sedici giorni di questa avventura, ci sono senz’altro più punti di congiunzione, con le giornate che fondamentalmente hanno una loro routine piuttosto consolidata, che fa si che le giornate abbiano si, una imprevedibilità derivata dal fatto che ogni momento è comunque unico, ma comunque moderata. La certezza assoluta però, è per l’appunto Charlie, il quale può sgarrare di qualche minuto, ma sempre a vantaggio del brusco risveglio, piuttosto che a favore della continuazione del sogno.
Alla quarta mattinata, con le occhiaie come trolley, più che semplici borse, mi sveglio prima del cane, quasi come a dire “eh no, stamattina non mi freghi caro mio vecchietto! Oggi ti sveglio io!” Peccato che invece è già lì, scodinzolante e baldanzoso, pronto a indossare collare e guinzaglio, soprattutto pronto a innaffiare come di consueto, il verde del vicinato. Che poi, il fido Charlie - di taglia piccola - nell’incrociare altri quadrupedi, durante la canonica passeggiata, si lancia sovente nel confronto, manco fosse uno di quei poveri pitbull, addestrati al combattimento. La scena classica, davanti al cancello dello sfasciacarrozze, cancello munito della classica scritta “attenti al cane”, che poi sono due: due pastori tedeschi, grandi il triplo del seppur gordo Charlie, gli abbaiano di continuo, come a intimargli di stare lontano dalla loro proprietà; questi invece, gli si avvicina, abbaia a sua volta, per poi puntualmente battere in ritirata quando si rende conto che persino la voce, non è pari agli oppositori. Per tutta risposta, comunque, quasi a farsi beffe del “duo crucco”, Charlie gli si para di culo, prima di regalare al mondo la consueta scultura.

                                                A casa con Jay

Tornata dall’esilio forzato, è il momento di adoperarsi con il secondo lavoro accettato, il primo, in ordine temporale. Con Jay a casa infatti, viene a mancare la necessità di portare Charlie con me, evitando così sortite “canine” nel mio ufficio. Convinto che sarebbe andato tutto per il meglio, dopo la consueta camminata mattutina, lo lascio lì e mi dirigo al lavoro. Un quarto d’ora dopo, mi arriva un video su whatsapp: Charlie da cane si trasforma in lupo, e comincia letteralmente ad ululare. Non era il solito piagnucolio, era un urlo disperato, un senso di abbandono rivissuto, come se avesse perso per la seconda volta, in pochi giorni, un’altra figura a cui affidarsi. E quel che accade dopo, è un’altra cosa che magari per più di qualcuno può essere normale, ma a memoria mia, non avevo mai visto fare una cosa del genere ad uno dei cani che ho avuto in tenera età: Charlie mi cerca ovunque dentro casa, consapevole che comunque non ci sono, e va verso il cesto dei panni sporchi, prende un pantaloncino e se lo porta via, in un angolo, per poi tenerselo sotto di se, come fosse un ultimo appiglio a cui aggrapparsi. Inutili poi, i tentativi di Jay di riprenderlo, Charlie gli ringhia di stargli lontano, non tanto a lui, che se chiamato a se, si lascia coccolare e consolare, ma proprio al pantaloncino, come in un atto di gelosia isterica; quando Charlie si allontana per un attimo, Jay prova a prenderlo, e il cane gli si para davanti, della serie “eh no bella mia, il pantaloncino non lo prendi, è mio, questo pantaloncino è di ForzaRoma, quindi è mio”. Finisco la giornata lavorativa, e il ritorno a casa, è un atto di estrema gioia: il pensiero durante il tragitto lavoro/casa, è tutto per lui, quel "maledetto" Charlie, mi è già entrato nel cuore. Apro la porta, e Charlie in festa: comincia a roteare su se stesso, come fosse una trottola, e mi abbaia contro, come dire “Non lasciarmi! Non farlo mai più!” E a me, il pantaloncino lo fa prendere, perché ormai non gli serve più: ForzaRoma è lì, in carne ed ossa. Adesso il pantaloncino, si può lavare. In ogni caso, se prima il pantaloncino aveva bisogno di una lavata, dopo la presa di posizione di Charlie, necessita proprio di essere aspirato: peli a quantità industriale, che lì, sul pantaloncino blu, sono evidenti, mentre gli altri sparsi per casa, essendo bianchi, risultano ostici da individuare, anche se dopo un’attenta analisi, c’era poco da individuare, sono talmente tanti da essere diventati il pavimento stesso. Non un grosso problema comunque. Devo anzi dire, che Charlie è un cane “bene educato”, per niente pasticcione, non particolarmente capriccioso, e quando capita che proprio non ce la fa più, e deve espletare i bisogni, va sul balcone, dove una pezzuola viene riconosciuta dallo stesso come “toilette d’emergenza”.

                                                     Juve - Roma

Con il ritorno di Jay a lavoro, si ripresenta il problema di non lasciare Charlie da solo, quindi ancora con me in ufficio, e nel resto delle giornate a casa. Il 27 agosto però, c’è Juve - Roma, e per la prima volta riesco a prendere il biglietto per la trasferta torinese. Non c’è impedimento che tenga: devo andare allo stadio! L’impedimento però, c’è eccome, perché se prendi un impegno, di qualunque genere esso sia, devi rispettarlo, a maggior ragione se parliamo di persone, o come in questo caso, di un dolcissimo essere vivente. Che Jay salti il lavoro, non se ne parla, assunta com’è da pochissimo, verrebbe meno a sua volta ad un impegno serio, inevitabilmente come non si può lasciar solo Charlie, di certo non si può “abbandonare” la signora a se stessa, mettendo in crisi anche l’agenzia stessa che aveva contattato Jay, proprio per le esigenze derivate dalla mancanza di personale, nel periodo “agostano”. Come fare allora? Non c'è soluzione, se non giocarsi la “wild card”, contattare i vicini. L'altissimo, mi ha dato ennesima prova, che esiste e mi vuole bene, quando ho comprato casa al terzo piano, in un palazzo fatto di gente che purtroppo non solo non ricambia il saluto, a momenti non ti guarda neanche in faccia: inutile negarlo, purtroppo è una mancanza di educazione e rispetto, che si palesa un pò in tutti i palazzi, almeno qui in Lombardia. Dicevo, mi ha dimostrato che mi vuole bene, e che quando gli rivolgo ingiurie, meriterei la calce tra le fauci. In un palazzo di scorbutici e maleducati, ci sono loro: i mei fantastici vicini di appartamento e piano, che ci sono sempre, una garanzia assoluta, e un rispetto massimo sin dal mio primo giorno qui. Come successo in altre occasioni, con cose più “piccole”, ma ugualmente significative, anche stavolta mi hanno salvato, in una situazione complicata.
FR27: "Buongiorno W., Buongiorno E., come va?"
W./E.: "Buongiorno FR, tutto bene, grazie, tu che ci racconti?"
FR27: "tutto bene, come avete notato sto accudendo questo cagnolino, Charlie…"
W./E.: "Ciao Charlie! Ma come sei carino!" (Charlie gli si avvicina, sorprendentemente, senza timore)
FR27: "Ecco…vi dovrei chiedere una cortesia…"
W./E.: "Si, dicci pure"
FR27: "Domani Jay non c’è, e io nemmeno, però fino all’ora di pranzo si…non vorrei lasciare Charlie da solo…mi potete fare la cortesia di tenerlo per mezza giornata? Può anche stare da solo per un po’, l’importante se mi fate le cortesia di dargli la cena, che comunque lascio già pronta…"
W./E.: "Ma certo, non ti preoccupare! Se vuoi…Non ha bisogno di scendere?"
FR27: "Ehm…in realtà si, però può stare anche qui, l’importante vi chiedo, solo di farlo mangiare."
W./E.: "Ma sì, ci mancherebbe, se ti fidi lo portiamo anche a passeggiare, a fare un giretto, giusto se deve fare pure i bisognini…"
FR27: "E certo, mi fido sì! Grazie sempre! Poi lascio già pronta la cena, comunque fino all’una sono qui."
W./E.: "Va bene, lo teniamo noi questo vecchiettino qua!"
Impagabili, come sempre. Grazie a loro, sono riuscito a “staccarmi”, per seguire la mia squadra del cuore: già solo per questo, meritano il premio “vicini dell’anno”! (che poi, come dicevo prima, ci sarebbero arrivati con molto meno…)

                                                     31 agosto

I giorni a seguire, sono stati una lunga “veglia”, un lungo saluto, cercando di racchiuderci dentro ogni piccola attenzione, sguardo, passetto e piagnucolio, che lo rendesse ben saldo alla memoria. 
Charlino mio, sta finendo…dai che fra poco riabbracci la tua padroncina, e non ci vedremo più”;
Vai Charlie, finalmente non mi romperai più i co***ni di prima mattina, finalmente fra un paio di giorni si dorme!”;
Inutile che piagnucoli, ti manca solo la tua padrona, mo' che torna piangi solo per lei!”;
Quanto mi mancherai…Charlie”.

Una fitta al cuore continua. Come al solito, il tempo si fa maledettamente fugace, e in uno schiocco di dita si era passati dall’indifferenza dei primi giorni, alla fiducia incondizionata, testimoniata dal fatto che, stavolta si, il "prezioso orifizio", il culetto sporco, se lo lasciava pulire. Si fa per ridere, ma è andata davvero cosi! 
La sera del 31, aspettando la famiglia del mio amico, gli servo per l’ultima volta quel pastrocchio che tanto ha amato, fette biscottate & carne, una combinazione tanto inconcepibile quanto gustosa, agli occhi di Charlie.
Suona il campanello, e Charlie abbaia e piange, spaventato dal suono fragoroso e fastidioso al tempo stesso: lo consolo, dicendogli che quello stesso suono, tra pochissimo, gli avrebbe regalato una gioia immensa. Preparo la videocamera per riprendere il grande momento della riconciliazione familiare: si apre la porta, Charlie vede dapprima il nonnino, poi la padroncina, e scoppia in una corsa incontrollabile tra cucina e soggiorno, quasi a voler percorrere l’intera tratta del suo destino, che così tremendo e crudele, l’aveva strappato dalle amorevoli braccia di lei, per poi riportarlo di nuovo lì, speranzoso evidentemente che sarebbe accaduto, incredulo al tempo stesso che sia successo davvero. E mi guarda, con gli occhi di chi ti sta dicendo: “Grazie, ti voglio bene davvero, ma adesso è tempo di tornare a casa, quella mia, la vera, con gli odori di sempre, seppur con il tuo di odore, quello sul pantaloncino, scolpito per sempre nei giorni che mi restano”.

Sarà così anche per me, amico mio: che sia il rumore dei passi, il musetto dolce e gli occhi tristi, la gioia che provavi nel vedermi prendere il guinzaglio per le uscite, il piagnucolare continuo alla ricerca di attenzioni, la strenua difesa dei panni sporchi, il russare quando dormivi a pancia piena, le zampette sulla mano alle cinque del mattino. Sarai per sempre nel mio cuore, massima espressione del "breve ma (dannatamente) intenso". 
Non ti dimenticherò.