Dopo trent'anni, si chiude baracca. Quello della Tonno Callipo Calabria Volley Vibo Valentia è un caso, un caso che pone diverse riflessioni nel mondo dello sport.
Nelle giovanili di quella squadra mi ci sono allenato negli anni che furono, quando ancora la Volley Tonno Callipo puntava forse più suo volley femminile che maschile. Una società che ha costruito dal basso un qualcosa di enorme, ben tre strutture sportive a Vibo Valentia contro palazzetti nel corso della sua epopea sportiva, ha portato altissimo il nome di una delle città più disastrate probabilmente d'Italia, ha consentito agli emigrati come me ancora legati alla propria terra d'origine con un file sottile di sentirsi orgoglioso di un qualcosa di concreto che poteva essere paragonato sul fronte calcistico al Napoli, per quelli del Sud. Era un pò il Napoli del Volley.
Ha vinto diversi trofei, ha conosciuto enormi momenti di difficoltà, ha rischiato di doversi trasferire da Vibo, ha rischiato di chiudere, però poi ha trovato le risorse e l'energia per andare avanti.
Quest'anno ha dominato letteralmente con uno squadrone il campionato di Volley in serie A2, facendo un triplete, e neanche il tempo di festeggiare che arriva una notizia che ha sconvolto tutti quelli che non sapevano nulla. Cioè tutti. Si chiude. Non ci sono i soldi. Bisogna scegliere tra i dipendenti e le famiglie della propria azienda o lo sport ad alti livelli. Molti si chiedono ma perchè non si è ritirata dal campionato prima, se sapeva che non avrebbe avuto le risorse per affrontare la serie A1?
Che senso ha avuto "illudere" con un cammino vorace i propri seguaci, migliaia di tifosi sparsi in tutta Italia? Perchè non dirlo prima? 
Altri hanno pensato che si trattasse di uno stratagemma per ottenere qualche beneficio. Ma si è veramente a titoli di coda questa volta e soprattutto dalle prime reazioni che sono arrivate emerge effettivamente che oltre ai grazie nessuno si è fatto avanti con una proposta per economicamente supportare un progetto, un qualcosa di enorme, che era tutto sulle spalle di un imprenditore onesto che ha sfidato ogni malanno possibile nel vibonese, terra funestata da secolari problemi irrisolti.
Ha regalato un sogno durato trent'anni, nato nel 1993, è stato lasciato solo, come emerge dal grazie e arrivederci, si porterà avanti il solo progetto giovanile, rimarrà il palasport di Vibo da oltre 3 mila posti probabilmente una cattedrale nel deserto, ma la questione posta era semplice, semplice. Scegliere se salvare i posti di lavoro della propria azienda oppure azzardare. Forse se qualcuno avesse allungato la mano, avesse contribuito al sostegno economico, forse se ci fosse stata anche una richiesta di aiuto diversa, le cose sarebbero potute finire diversamente. Chissà. Forse questa volontà non c'è stata, non si è voluto cedere una propria "creatura".

La Calabria ed il Sud dovrà rinunciare a qualcosa di importante, che rimarrà negli album dei ricordi e che probabilmente non tornerà più, non il quel modo almeno. Se si fossero usati i metodi che spadroneggiano nel calcio, alterando numeri di qua e di là, forse chissà, ma l'onestà non è da tutti e per tutti. Si è deciso di voler chiudere una pagina storica durata trent'anni con serietà, fino all'ultimo minuto. Alzando il trofeo della vittoria del campionato, che avrebbe consentito alla Calabria di ritornare in A1, nel tempio del volley. Non è un caso isolato, anche nel calcio società storiche son sparite per problemi economici, e quando si deve scegliere se portare avanti la propria azienda salvando lo stipendio per 500 persone o continuare in un sogno solitario e mai realmente sostenuto dal sistema Sud, la risposta non può che essere una sola, segnare l'ultimo punto vincente e ricominciare da zero.