Un'offensiva durata un paio di mesi, partita dai villaggi montuosi, si è conclusa trionfalmente nella capitale Kabul. L'esercito afghano di 300.000 uomini è stato facilmente domato. Molti soldati, addestrati dall'Occidente, hanno deciso di non combattere. In migliaia, infatti, sono passati ai talebani, che hanno subito chiesto la resa incondizionata del governo in carica. Il presidente Ashraf Ghani, uno dei preferiti dei media statunitensi, è fuggito dal paese e ha cercato rifugio negli Stati confinanti. La bandiera dell'emirato sventola sopra il suo palazzo presidenziale. I talebani non hanno nemmeno tentato con la forza di prendere l'ambasciata degli Stati Uniti, visto che i funzionari l'hanno lasciata di fretta non appena sono stati allertati dell'arrivo imminente delle forze talebane.

Il ventesimo anniversario della “guerra al terrore” si è così concluso con una prevedibile sconfitta per gli Stati Uniti e gli alleati della Nato . Indipendentemente da come viene vista la politica dei talebani, non si può negare che abbia raggiunto i suoi obiettivi. In un periodo in cui gli Stati Uniti hanno occupato un Paese arabo dopo l'altro, in nome della democrazia, non è mai emersa alcuna resistenza capace di sfidare le forze di occupazione. Questa sconfitta potrebbe essere una svolta. Ecco perché i leader politici europei si lamentano. Hanno sostenuto pienamente gli Stati Uniti in Afghanistan e anche loro sono stati sconfitti.

Biden non ha avuto molta scelta. Gli Stati Uniti avevano annunciato che si sarebbero ritirati dall'Afghanistan nel settembre 2021 senza raggiungere nessuno dei loro obiettivi di "liberazione": libertà e democrazia, pari diritti per le donne e distruzione dei talebani. Il presidente Biden stava semplicemente ratificando il processo di pace avviato da Trump, con il sostegno del Pentagono, che ha visto un accordo raggiunto nel febbraio 2020 alla presenza degli Stati Uniti, dei talebani, dell'India, della Cina e del Pakistan. L'establishment della sicurezza statunitense sapeva che l'invasione era fallita: i talebani non potevano essere sottomessi, per quanto tempo fossero rimasti lì. L'idea che il ritiro precipitoso di Biden abbia in qualche modo rafforzato i miliziani talebani è assurda. Si erano soltanto astutamente eclissati in attesa del momento più propizio per avere campo libero.

L'esercito, formato nell'arco di due decenni, era stato infiltrato in una fase iniziale da sostenitori dei talebani, che ricevevano una formazione gratuita nell'uso di moderne attrezzature militari e fungevano da spie per la resistenza afgana. Questa era la misera realtà dell'"intervento umanitario".

Per quanto riguarda la situazione delle donne, poco è cambiato. C'è stato poco progresso sociale al di fuori della zona verde invasa dalle ONG. Una delle principali femministe del Paese, in esilio, ha osservato che le donne afghane hanno tre nemici: l'occupazione occidentale, i talebani e l'Alleanza del Nord. Con la partenza dell'America, ha detto, ne avranno due.

Più di 775.000 soldati statunitensi hanno combattuto in Afghanistan dal 2001. Tra questi 2.448 sono morti, oltre a quasi 4.000 agenti contrattuali [membri dei servizi di sicurezza privati]. Secondo il ministero della Difesa, circa 20.589 persone sono rimaste ferite in combattimento. Il numero delle vittime afghane è difficile da calcolare, perché non contiamo le "morti dei nemici" che includono i civili. Nel 2021, l'Associated Press ha riferito che 47.245 civili erano stati uccisi dall'occupazione. Gli attivisti per i diritti civili afgani hanno dato un totale più alto, insistendo sul fatto che 100.000 afgani (molti dei quali non combattenti) sono stati uccisi e tre volte quel numero sono stati feriti.

Nel 2019, il Washington Postha pubblicato un rapporto interno di 2.000 pagine commissionato dal governo federale degli Stati Uniti. Per analizzare i fallimenti della sua guerra più lunga: “The Afghanistan Documents”. Si basava su una serie di interviste con generali statunitensi (in pensione e attivi), consiglieri politici, diplomatici, operatori umanitari, ecc. La sua valutazione combinata è stata schiacciante. Il generale Douglas Lute, lo "zar della guerra afghana" sotto Bush e Obama, ha confessato che "ci mancava una comprensione di base dell'Afghanistan, non sapevamo cosa stavamo facendo... Non avevamo la conoscenza. la più pallida idea di cosa stavano facendo… Se solo il popolo americano conoscesse l'entità di questa disfunzione”.

Cosa ci riserva il futuro? Replicando il modello sviluppato per Iraq e Siria, gli Stati Uniti hanno annunciato un'unità militare speciale permanente, composta da 2.500 soldati, che sarà di stanza in una base kuwaitiana, pronta a volare in Afghanistan e bombardare, uccidere e mutilare se necessario. Nel frattempo, una delegazione talebana ha visitato la Cina lo scorso luglio, promettendo che il paese non sarebbe mai più stato usato come trampolino di lancio per attacchi contro altri stati. Si sono tenuti colloqui amichevoli con il ministro degli Esteri cinese, durante i quali sono stati discussi i rapporti commerciali ed economici. Con la Nato in ritirata, gli attori principali sono Cina, Russia, Iran e Pakistan (che certamente hanno fornito assistenza strategica ai talebani e per i quali è un grande trionfo politico - militare). Fra le preoccupazioni più forti del mondo occidentale c'è ovviamente il terrorismo islamico, presente in Afghanistan con Al Qaeda e il cosiddetto Isis Khorasan, una branca dello Stato Islamico fondato in Iraq. Già durante le giornate drammatiche dell'evacuazione di personale straniero e civili afgani all'aereoporto di Kabul, l'Isis K si è rifatto vivo compiendo un orrendo attentato, contro civili inermi in attesa del volo della speranza insieme a 13 eroici marines americani impegnati a controllare gli accessi alla pista di decollo. Una carneficina già pronosticata dai rapporti dell'Intelligence, evidentemente non considerati a sufficienza dagli organi preposti. La risposta americana è stata immediata e chirurgica, attraverso l'utlizzo di droni comandati a distanza che hanno tagliato la testa del movimento jihadista con l'uccisione di due personaggi di spicco. Nei giorni seguenti la controreazione dei terroristi è stata stroncata dagli stessi americani, di nuovo nei pressi dell'aereoporto di Kabul, dove un veicolo carico di potenziali terroristi è stato intercettato e bombardato dal cielo, stavolta però a discapito della precisione poichè ci hanno rimesso la vita anche vittime civili, tra cui alcuni bambini coinvolti nell'esplosione. Il più grande timore per l'amministrazione americana è la progettazione di attentati sul proprio suolo in una rinnovata escalation del fondamentalismo islamico. Per ora l'allerta è stata alzata in virtù della situazione afgana ma non ci sono minacce specifiche che facciano temere un grande attacco in stile 11 settembre. Piuttosto l'attenzione si concentra sull'azione di piccole cellule già in territorio americano ridestate dalla vittoria talebana e pronte a colpire lo storico nemico in casa. Ai talebani si demanda tacitamente il compito di preservare il territorio conquistato dall'installazione di una base del terrore che va contro gli stessi interessi dei nuovi governanti.

Gli stretti legami della Cina con Teheran e Mosca potrebbero consentirle di lavorare per assicurare una fragile pace ai cittadini di quel paese traumatizzato, con l'aiuto della continua influenza russa nel nord.

Si è parlato molto dell'età media in Afghanistan: 18 anni, su una popolazione di 40 milioni. Di per sé, ciò non significa nulla. Ma c'è speranza che i giovani afghani lottino per una vita migliore dopo quarant'anni di conflitto. Per le donne afghane, la lotta è tutt'altro che finita, anche se rimane un solo nemico. In Gran Bretagna e altrove, chiunque voglia continuare a combattere dovrebbe concentrarsi sui rifugiati che presto busseranno alla porta della NATO. Per lo meno, il rifugio è quello che gli deve l'Occidente: un rimedio molto modesto per una guerra non necessaria.