Il sole riscalda fin dal principio il territorio globale senza distinzioni particolari e si alterna con gli altri elementi naturali in maniera costante, lasciando il compito di delineare il sistema delle autonomie politiche ad attori più semplicemente umani incaricati di svolgere tale funzione. La natura, se vogliamo, si comporta con maggiore libertà nella sua espressione molteplice non venendo costretta dentro a ruoli prettamente definiti, tipici dell'umanità progredita. Il paragone che vorrei tentare di introdurre potrebbe rivelarsi talmente arduo da rinunciarvi prima di concluderlo sensatamente. Eppure fare un tentativo non comporta rischi di qualche tipo da evitare in ogni modo:anzi la riuscita eventuale non farebbe che supportare la formazione di nuove e inedite linee di pensiero, ad oggi non ancora percorse. Per non farla troppo lunga, rivelo la mia sincera intenzione. Riportare nel mio esempio sulla natura eventuali significati fuorvianti non è lo scopo finale. L'ambiente in cui si svolge la mia riflessione è radicato fortemente sulla superficie occupata dall'uomo, anzi ne rappresenta una manifestazione tutt'altro che spontanea e fisiologica. O per meglio dire, si è arrivati nel corso del tempo a concepire il calcio, fondato su logiche intuitive, fino a caricarlo di una struttura simbolica fin troppo impegnativa da sostenere. Sul pallone che rappresenta lo strumento fondamentale del gioco, il succedersi delle epoche ha elevato la consistenza materiale e sentimentale di questo sport, il più amato e praticato in maniera pressochè uniforme in tutto il globo, resistendo persino all'avanzata tecnologica che poteva scalzarlo dalla posizione privilegiata di cui gode da tempi remoti. E' mutato verso la complessità ma restando tale nei suoi tratti più genuini.

Vi chiederete a cosa serve un'introduzione così corposa e velatamente filosofeggiante, per tracciare una prospettiva sportiva evidentemente ispirata a maggiore leggerezza e minore sforzo comprensivo. La sfida consiste in questo: innalzare il discorso calcistico anche in situazioni raccolte dalla attualità più recente, che non richiederebbero costruzioni teoriche inaccessibili. Si può pensare che il calciomercato abbia seguito il processo d'istituzionalizzazione che è destinato a durare insieme alla globalizzazione, per ricorrere a categorie economiche di largo uso nella trattazione sociologica per descivere grandi fenomeni internazionali. Ne rilevo l'importanza dopo aver studiato queste tematiche in sede universitaria, suscitando il mio interesse personale ancora prima dell'utilizzo pratico finalizzato alla discussione orale con i referenti primari del relativo corso di matrice sociologica scientifica. Non è sbagliato ammettere che queste grandi trasformazioni apparentemente sconnesse dalla dimensione sportiva, possano invece aver condizionato le liturgie stesse del calciomercato, denaturalizzato nella componente più ludica che il calcio deve cercare di mantenere per non ridursi a completa mercificazione.

Il caso di calciomercato che tiene viva l'attenzione di tifosi e operatori del settore, si svolge in un quadrante geografico mai così correlato come nella situazione attuale, constatando un altro segno del tempo presente Il protagonista conteso è il centravanti giallorosso Edin Dzeko. Sulla sua eventuale partenza da Roma si sbloccherebbe un mosaico di affari più o meno rilevanti, che sono sospesi in attesa di ulteriori aggiornamenti che provengano dall'entourage del giocatore bosniaco. Nel caso esaminato risulta centrale la figura di Dzeko stesso, sotto un profilo individuale, che appare in netta rottura con la dinamica egoistica di accrescimento economico che potrebbe indurlo verso mete più redditizie, non dimenticando il giovamento sportivo che trarrebbe lontano dalla capitale. A volerlo, fortemente, inserito nell'organico bianconero il neo allenatore della Juventus Andrea Pirlo che avrebbe già in mente la formazione ideale da schierare con Dzeko in campo. E' un obiettivo concreto da perseguire nella logica di rinforzare ulteriormente la già consolidata Juventus, un giocatore come Dzeko infatti garantirebbe un bottino considerevole di reti a miglioramento della fase offensiva, soprattutto per finalizzare le molte occasioni talvolta create dalle accelerate repentine di Dybala e Ronaldo e non realizzate nei fatti oppure raggiunte sul crinale dello sfinimento e infine con colpi fenomenali non sempre ottenibili.

Se Dzeko avesse l'opportunità di trasferirsi in bianconero, la Roma avrebbe già pronto il suo sostituto. Si tratta di Arkadiusz Milik, attaccante polacco del Napoli non dissimile per caratteristiche da Dzeko. Anche lui viene apprezzato per le doti nel gioco aereo e una certa capacità realizzativa nell'area avversaria. Tuttavia, esprimendo un parere personale da tifoso qualunque che segue il calcio, e leggendo qualche dato statistico, Dzeko non dovrebbe mai lasciare la Roma dato il forte contributo fornito alla crescita complessiva del club, dalla prima stagione in cui è arrivato. Le sue prestazioni, escluse rare eccezioni, hanno sempre condotto verso la vittoria oppure ristabilendo l'equilibrio in situazioni semicompromesse. Dzeko è il punto di riferimento verso cui convergere assegnandogli il pallone perchè lo metta in porta. Si chiede tanto al bosniaco e lui quasi mai delude le aspettative riposte. Non è soltanto un concentrato di potenza fisica con pochi concorrenti sullo scenario, almeno italiano, ma trasmette una carica carismatica da guidare chiunque sia in squadra per ottenere il meglio.

Avrete capito il mio pensiero generale sulla vicenda in corso, sintetizzabile in un'espressione ripresa dalla narrativa del tifo romanista: Dzeko non si discute, si ama.