Quando è diventato il nuovo allenatore dell’Inter, c’è stata una specie di sollevazione popolare di tutto il mondo bianconero. Talmente forte ed assordante che le accuse di tradimento, che la tifoseria napoletana ha rivolto ad Higuain in occasione del suo passaggio alla Juve, sono sembrate dei semplici rimbrotti.
Infatti a dirla in parole povere: ne sono successe di tutti i colori; c’è chi lo ha accusato di alto tradimento, chi lo ha additato come un mercenario o addirittura di aver rinnegato le sue origini o meglio ancora il suo DNA bianconero.
Ma su un punto erano tutti d’accordo: la stella di Antonio Conte impressa all’interno dello Stadium doveva essere rimossa; tanto che  nel maggio scorso attraverso il sito Change.Org era stata subito lanciata una petizione che in poche ore aveva raccolto centinaia di adesioni. Non solo, ma anche personaggi illustri di fede bianconera si sono espressi sull’argomento, e chi più e chi meno hanno criticato il comportamento di Conte con una domanda ricorrente: perché proprio all’Inter?

In proposito la Juve non ha mai preso una posizione ufficiale e ha sempre lasciato intendere che la stella resterà al suo posto perché simboleggia semplicemente il fatto che Antonio Conte, come giocatore prima ed allenatore poi, ha contribuito a fare la storia del Club. Ma la parte più calda e passionale della tifoseria non ha condiviso questa posizione della Società, troppo signorile, forse troppo “signora”, e ha mantenuto e mantiene tuttora una certa ostilità, sportiva s’intende, nei confronti del Tecnico nerazzurro. Per cui è facile ipotizzare che in occasione del suo ritorno allo Stadium gli verrà riservata sul piano dialettico un'accoglienza che probabilmente non sarà tutte rose e fiori.

Ma il punto non è questo, o perlomeno non è solo questo, perché  basta pensare a Carlo Ancelotti, che per molto meno o non si sa per cosa,  in Fiorentina -Napoli è stato insultato per quasi tutta la partita; per cui eventuali frasi o epiteti ironici nei confronti di Antonio Conte non creerebbero nessun imbarazzo particolare, ma ci confermerebbero semplicemente che il livello della nostra cultura sportiva non è proprio altissimo.
Tuttavia, nel caso di Antonio Conte, il discorso sembra diverso, soprattutto alla luce di quanto è successo a San Siro nel corso di Inter-Lecce, in merito alle esultanze del tecnico nerazzurro durante la partita e in occasione dei goal, nonché agli abbracci finali con i suoi giocatori e collaboratori; sembrava di essere allo Stadium otto anni fa, l’unica differenza era solo di natura cromatica.
Il colore bianconero era semplicemente diventato nerazzurro. Tutto qui, tutto molto normale.

E allora mi è tornata in mente una frase dello stesso Antonio Conte in una conferenza allo Stadium del Marzo 2013, quando rispondendo ad un giornalista affermò:Io sono il primo tifoso della squadra dove alleno. A prima vista era sembrata una frase ad effetto, una boutade, buttata lì tanto per fornire alla stampa un pretesto in più per scrivere sul personaggio; ma in realtà si trattava del suo vero pensiero, del suo modo di pensare, del suo essere Allenatore a tutto tondo.

Credo che il personaggio, per la sua unicità, meriti una riflessione più approfondita; la stragrande maggioranza delle persone nella vita normale “è costretta a fare” il lavoro che trova o che gli capita di fare. Basti pensare alle persone che vanno in pensione che un secondo dopo che hanno lasciato il lavoro sono soliti dichiarare: finalmente potrò fare quello che mi piace.
Ecco, nel caso di Antonio Conte questa frase non  ha nessun significato, anzi nel suo vocabolario proprio non esiste. Di solito, perlomeno secondo un vecchio detto popolare, è il lavoro che nobilita l’uomo. Invece nel caso del tecnico nerazzurro si verifica l’esatto contrario, perché è l’uomo che nobilita il lavoro. In Conte il concetto di lavoro raggiunge il picco più alto, diventa sublimazione, non c’è più sforzo o fatica, ma solo emozione, passione e  coinvolgimento.

In conclusione, penso che non può essere nemmeno una questione di soldi, come riferito in premessa sulle accuse di mercenario che gli sono state rivolte; no, credo che Antonio Conte sarebbe così anche se allenasse il Borgorosso Football Club.
Il motivo è semplice; forse in parte può stare nel DNA che come sappiamo è diverso per ognuno di noi e dei 7 miliardi e 300 milioni di persone che vivono sulla terra; oppure, forse molto più semplicemente, il motivo sta nel fatto che si nasce così. E ognuno di noi è un mondo a parte.