Nella storia del calcio, la mente umana ha più facilità a ricordare i grandi squadroni che hanno vinto di tutto e di più, e che hanno offerto pure spettacolo. Di questa categoria fanno parte per esempio il Real Madrid delle prime 5 edizioni dell’allora Coppa Campioni, il Grande Torino di Valentino Mazzola, l’Ajax di Cruyff, il Milan degli olandesi di Arrigo Sacchi, la prima Juve di Lippi e il Barcellona di Pep Guardiola. Tanto per citare quelli più importanti. Squadre che hanno avuto cicli vincenti. Ci sono poi compagini, che hanno saputo inculcare nella memoria sportiva degli appassionati, un’identità di gioco tale, che se anche i trofei alzati sono pochi o nulli, sono comunque rimaste impresse per la bellezza delle loro trame offerte. Basti pensare all’Olanda del calcio totale anni ‘70, a “Zemanlandia” in quel di Foggia, ai “mussi volanti” del Chievo e al Napoli del “Comandante” Sarri.

Ma il vero appassionato di calcio, ha una memoria tale, che queste due categorie non bastano. Perché scava, scava e scava, in qualche angolino della memoria, si sono accovacciate immagini di squadre che sono passate alla storia come tra le più scarse e strampalate. A questa voce, dovrebbe accendersi una lampadina di colore rosso. Rosso, proprio come il colore dell’Ancona 2003-2004, la peggior squadra della Serie A degli ultimi 20 anni. Qualcuna, inevitabilmente, doveva pur appiopparsi questa nomea. La loro prima storica apparizione nella massima categoria, risaliva a undici anni prima. Nel 1992-93, la squadra allora guidata da mister Vincenzo Guerini, totalizzò 19 punti, ovvero penultimo posto e retrocessione immediata in serie B. Delusione e sconforto tra i tifosi, che volevano gustarsi almeno un paio di anni tra i gotha del calcio. Nelle successive annate, fu un continuo saliscendi tra serie B e serie C, fino a quella primavera del 2003. La sorte benevola, aveva deciso di concedere una seconda chance ai dorici. Sperando che l’esperienza fatta al loro esordio in A, potesse servire da lezione.

Il presidente Ermanno Pieroni vuole far vedere che è super attivo nel mercato, e a occhi chiusi comincia a comprare a destra e a manca o confermare giocatori che avevano giocato si, in serie A, ma che ormai toccavano la quota dei 34 anni di media, e che a livello agonistico avevano già dato di tutto e di più. Basti pensare ai senatori protagonisti della cavalcata in serie B appena conclusa, come Maurizio Ganz, Giampiero Maini, Pasquale Luiso e William Viali. Se poi a questi ci aggiungi gente ormai sul viale del tramonto come Eusebio di Francesco, Paolo Poggi e Dario Hubner, al tifoso anconetano viene il dubbio: “ma è una squadra allestita per affrontare il campionato più difficile del mondo o è una rimpatriata tra vecchie glorie?Unico giovane, il 20enne Goran Pandev, al primo anno in Italia. E il mister? In una squadra di “anziani” chi ci vuoi mettere? Uno alle prime armi? Direi proprio di no. Così, al presidente, venne la geniale idea di ingaggiare il sempreverde 65enne Carletto Mazzone. Solo che Mazzone, nelle Marche, fa rima con Ascoli, acerrimo nemico dell’Ancona. I tifosi bianconeri non potrebbero mai sopportare tale affronto dall’allenatore che hanno amato più di tutti nella loro storia. E se al Sor Carletto, qualche minima possibilità di approdare tra i biancorossi, fosse venuta in mente, ci hanno pensato loro con proteste e minacce alla famiglia a fargli cambiare idea in fretta. Anche i supporters dorici non erano comunque d’accordo sul suo approdo. Alla fine della fiera, Pieroni decise di affidare la panchina al suo vice storico, ovvero Leonardo Menichini, alla sua prima vera esperienza da tecnico. Dalla pluriennale carriera di Mazzone al primo rodaggio di Menichini. In una squadra che deve salvarsi.

Ma siam sicuri che Pieroni sia un presidente di calcio? Lui ci crede al suo team. E pensa che si potrebbe far addirittura il colpaccio già alla prima giornata: Ancona-Milan. Il colpaccio? Si, in effetti è stato fatto un miracolo. I rossoneri, freschi trionfatori di Coppa Italia e Champions League, infarciti di campioni, hanno ancora le gambe in ammollo al mare, e si accontentano di rifilare solo due gol. Per il primo punto si dovrà aspettare solo due domeniche dopo, alla terza giornata contro il Modena. Sembra che la macchina, forse, cominci ad innestare lentamente la marcia. Ma basta la partita successiva contro la corazzata Roma di Capello, per far perdere la pazienza al nr.1 biancorosso. I mister navigati sono il suo chiodo fisso. Ed ecco approdare all’ombra del Conero il toscanaccio Nedo Sonetti, classe 1941. Esperienza da vendere senza dubbio. Nel frattempo, i mesi, come le sconfitte, si susseguono. Bisogna cambiare ancora. A Gennaio, nel mercato invernale, se ne vanno ben 18 (!) giocatori, rimpiazzati da altri che ovviamente hanno già superato i trenta, come Sogliano, Sartor, Dino Baggio e il portiere svedese Hedman, che verrà ricordato più per la sua affascinante moglie, che per le sue (poche) parate.

Ma in quel mercato di riparazione, il presidente Pieroni annuncia orgoglioso il suo colpo a effetto: Mario Jardel. I tifosi anconetani non credono ai loro occhi. “Ma, Jardel, quello che ha segnato 166 gol in 169 partite con il Porto e che ha vinto la Scarpa d’oro per due anni? Quello che ha steso il galactico Real Madrid nella Supercoppa Europea del 2000? Pazzesco! Ma come mai ha scelto proprio noi?” Già, come può uno con un curriculum del genere, con una media di 1 gol a partita, che ogni estate veniva sempre cercato dai grandi club europei, approdare in un club che a fine del girone d’andata aveva già un piede in serie B? Semplice. Jardel non era più lui. Depressione e cocaina, causate per la separazione dalla moglie e la mancata convocazione ai Mondiali 2002, l’avevano portato in due anni a bruciare tutto ciò che di fantastico aveva costruito prima. Il brasiliano arriva sovrappeso di 7/8 kg, ma lui dichiarerà “Ci è voluto del tempo, ma questa volta l’Italia l’ho presa e non la mollo più. Devo perdere almeno 3 chili per tornare in forma.” Lo stadio Conero è pronto ad accoglierlo il 18 Gennaio 2004, nell’ultima giornata di andata. Dodici secondi di palleggi possono bastare. Il fiato, purtroppo, è quello che è. Poi si passa ai saluti. Mario corricchia verso la curva... sbagliata. Già, perché quella domenica, l’Ancona giocava contro i pari colour del Perugia. Troppe sciarpe biancorosse hanno mandato in confusione il giocatore. Il team manager, più in forma di lui, si prodigò per fermarlo, strattonandolo per farlo voltare verso l’altra curva, ma ormai la frittata era fatta.

Il suo debutto in campo, con tanto di divisa ufficiale, avvenne la domenica successiva, a San Siro contro il Milan. I tifosi rossoneri se lo ricordano bene quell’ariete d’area di rigore, che inferì loro due grosse delusioni. Due doppiette decisive in Champions League tra il 1996 e il 2001, con le maglie di Porto e Galatasaray. Quando lo vedono sbucare dal tunnel, si domandano se è veramente lui. Più che un ariete sembra un vitello grasso. E non si sbagliano. Partita impresentabile per Jardel e per la sua squadra, surclassata da 5 gol. “Bisogna mettere Jardel nelle condizioni di segnare. Sonetti non è il tecnico adatto a lui.” tuona Pieroni. Detto fatto: fuori il vecchio Nedo e dentro il coetaneo Giovanni Galeone, detto “il profeta dell’Adriatico”, che tanto aveva fatto innamorare i tifosi pescaresi con il suo gioco votatissimo all’attacco. Puoi aprire tutte le bottiglie di champagne che vuoi, ma se non hai dei bicchieri di classe non lo bevi. Questa metafora sintetizza il credo che avrebbe voluto imprimere nei suoi giocatori il neoarrivato. Ma le cose, purtroppo, non vanno per il meglio. Il (fu) bombardiere brasiliano totalizza in totale quattro misere presenze, senza mai riassaporare la gioia del gol. Per fortuna, a Gennaio, era arrivato, senza grande enfasi, ma con un groppone nel cuore, Christian Bucchi. L’attaccante ex Cagliari, aveva perso pochi mesi prima la sua compagna, ma decise di farsi forza e dimostrare alla sua figlioletta di un anno e mezzo, che papà avrebbe continuato a giocare e segnare dedicando i gol verso il cielo. A fine stagione risulterà con 5 reti il capocannoniere della squadra. Jardel nel frattempo è diventato “Lardel” e dopo gli ultimi 36 imbarazzanti minuti contro l’Udinese, decide di non presentarsi più.

La fine del campionato si sta avvicinando, e dopo 8 mesi di estenuante agonia, l’Ancona, il 10 Aprile 2004, retrocede in serie B con ben dieci giornate d’anticipo! Ironia della sorte, la prima vittoria avviene in casa la domenica successiva, quando ormai i tre punti, per i marchigiani, valgono come una moneta da tre euro. Vittima di turno, il Bologna di quel Mazzone, che ad Agosto avrebbe dovuto indossare la tuta biancorossa. Qualche domenica dopo arriva anche una seconda vittoria, contro l’Empoli, altra retrocessa. La classifica finale è un obbrobrio: Ultimi con 13 punti, record negativo. Distanziati dalla penultima di ben 17 punti. Peggior attacco e peggior difesa: 21 gol fatti e 70 subiti. Numero spropositato di giocatori utilizzati nella rosa: 44! E, dulcis in fundo, il presidente Pieroni venne accusato di aver sottratto milioni alle casse della società per acquistare il Taranto e per proprie spese personali. I tanti ingaggi, con cifre fasulle, inevitabilmente portano alla scoperta di casse vuote. Così’ l’Ancona viene degradata inesorabilmente in serie C2. Ai giorni nostri, questa società, che nel frattempo è fallita e ripartita altre due volte, ora si chiama Anconitana e milita in Eccellenza. Chissà che magari un giorno, questo club, non possa ritornare nel calcio che conta. Si narra che non c’è due senza tre, e che la terza sia la volta buona affinché i calorosi tifosi marchigiani possano godersi qualche anno in più di serie A.