Sconsolato assai dopo la prova del mio Milan di ieri, si può dire che un piccolo indizio in più, come in un giallo che si rispetti, si può trarre per chi si metterà nei tre posti disponibili per la più importante competizione europea.
Meglio sorridere un poco in questa "mala tempora currunt", cioè tempi bui ci aspettano, applicabili sicuramente dopo che uno psicanalista ci aiuterà a capire il "cupio dissolvi", cioè desidero ardentemente essere dissolto, espressione attribuita a San Paolo di Tarso in una sua lettera ai Filippesi, in cui cade preda spesso ormai il nostro allenatore.
E quindi ho cercato di attribuire a ciascun allenatore impegnato in questa bellissima corsa a sei, per me ora molto più a cinque dopo la penosa esibizione di ieri, un motto latino, sempre espressione sintetica di antica saggezza. Per evitare favoritismi vado in ordine alfabetico.

Allegri. "Ad impossibilia nemo tenetur". A nessuno può essere chiesto di fare l'impossibile.
È una frase che sta nel corpo antico delle leggi latine e che fu poi ripresa da Giustiniano. Riuscire a piazzarsi comunque tra i primi 4, nonostante i vari capestri che si stanno preparando, assomiglia tanto a una Mission Impossible in cui Tom Cruise non sa proprio se ce la fa. E comunque il buon Max è davvero "Nomen omen", cioè il suo nome si sposa con il fare comunque il massimo.

Gasperini "In albo signando lapillo",  cioè giorno da segnare con un sassolino bianco. Gasp avanza silenzioso e costante e spunta con piccoli sassolini il suo cammino. Non ha più una squadra estrosa ma è maestro nel trarre il meglio dalla sua rosa che ruota benissimo senza guardare in faccia nessuno. Da attaccante arrembante è diventato pure gestore prudente.

Inzaghi. Mi è simpatico il D'artagnan che siete sulla panca delle "Beneamata", uno dei tanti neologismi breriani, non tanto poi misteriosamente amata dallo stesso. Tutti i giornalisti sportivi hanno una squadra nel cuore, altrimenti sarebbero robot alimentati dalle sempre più inquietanti prospettive dello sviluppo della intelligenza artificiale.
Per Inzaghi, sicuramente "Memento audere semper" riformulazione dannunziana del motto latino autentico di "Audentes fortuna iuvat". Inzaghi se ne sbatte altamente, gli psicologi li lascia agli altri, e schiera sempre la formazione per vincere. Ha aggiustato la sua macchina sparapalle dell'allenamento tennistico dove prima le palline non arrivavano mai e ieri ha demolito il Verona dopo aver fatto lo stesso con la Lazio che è andata subito a vincere con i Sassuolo. Tanta roba.

Mourinho. "Et ventis adversis". Nonostante i venti avversi. La sua squadra ha preso una quantità industriale di pali e traverse. I suoi uomini migliori spariscono per infortuni ma il pungente portoghese è sempre lì. Ama emettere lai continui in abiti di prefica dolente.  Così astutamente massimizza i suoi meriti. Un grande anche nella comunicazione. Per lui andrebbe bene anche un "absit iniuria verbis" con cui punge i colleghi e che tanto hanno più di lui, il meschino.

E veniamo a Pioli. Seneca diceva "Lieve è il dolore che parla. Il grande dolore è muto. E quindi parliamone. Ne ho tanti per il nostro tormentato condottiero. Il primo è molto lapidario. "De nilo nil". Espressione di Lucrezio. Nulla viene dal nulla. Giocare in 9 non iuvat, magari mescolando un poco. Applicabile anche lo scontatissimo "Errare humanum est, perseverare diabolicum", questo non ha bisogno di traduzione. Chiuderei con un più sintetico "Quo vadis?". Dove vai mio confuso Pioli? Ma davvero pensa di vincere la Champions? Se lo chiedevano forse gli sguardi un poco smarriti dei titolari in panchina ripresi impietosamente dai troppo frequenti e fastidiosi primi piani dei moderni registi televisivi di calcio. Certo "per aspera ad astra". Si può andare alle stelle attraverso le difficoltà  ma anche si può sparare alla luna. Se ci riesce tutti con tonsura, bastone, calzari e saio in cammino per Santiago e non parliamone più. 

Chiudo con Sarri. Sicuramente in "medio stat virtus". Anche questo motto non ha bisogno di traduzione. È un pragmatico scientifico il grande Maurizio. È un saggio allenatore annotatore. Non per niente faceva il bancario. Lui spara come un consumato cacciatore su quello che può raggiungere e lo raggiunge. Se ne impipa oggi delle coppe per averle meglio domani. Ogni tanto fa cilecca ma rimedia subito. Ha un suo modo di giocare e lo applica con ferma costanza, per me il migliore.
Il prossimo turno fornirà un altro tassello. Un altro incrocio lombardo laziale. Un indizio importante per scoprire il colpevole in questo giallo fantastico.