Pochi giorni fa Mister Pioli è stato insignito del "Premio Liedholm". E' stato il figlio del noto campione che, nel ricordo di suo papà, mancato il 5 novembre del 2017, ha dato vita anni fa a questa prestigiosa manifestazione, che premia un allenatore che si è distinto nella stagione sportiva, non solo per le sue capacità tecniche, ma anche umane. Liedholm, specialmente da calciatore è stato un'icona per moltissimi milanisti e penso che chi ha avuto la fortuna di vederlo calcare i campi di gioco, ne sia rimasto impressionato. 
Non l'ho visto giocare, se non attraverso qualche reperto televisivo, ma allenare. Uno di quegli allenatori che sa farsi apprezzare anche dagli avversari, sempre con il sorriso, sempre pronto a sdrammatizzare, un bellissimo testimone di tutta la categoria, così moderno, anche se ormai ci ha lasciato da tanti anni, quando vestì in cielo la maglia di quella squadra di ricordi, che tutti amiamo. Ho tracciato un riassunto della sua lunghissima carriera per riviverne il ricordo, constatando che Stefano Pioli, come calciatore non può minimamente competere con tale "mostro", mentre come allenatore potrebbe ricalcarne le orme, poichè ad indubbie qualità tecniche, che sta dimostrando alla guida del Milan, si abbinano doti umane, comprensive di atteggiamenti positivi, di rispetto reciproco e di concretezza, che i più fortunati e attenti ebbero occasione di ammirare nell'allenatore svedese.

Liedholm, calciatore centrocampista e successivamente allenatore, di nazionalità svedese. Il Barone, come era affettuosamente conosciuto in Italia, era rinomato per aver fatto parte del trio di attaccanti "Gre-No-Li", con  Gren e Nordahl, sia nel Milan che nella loro nazionale Con entrambe ottennero talmente tanti successi nel corso della loro lunga carriera da diventare "immortali" per chi segue il calcio. Niels era un centrocampista offensivo, rinomato per la sua vasta gamma di passaggi e per l'abilità di cross sempre precisi. Le sue altissime percentuali di passaggi riusciti ne hanno caratterizzato la sua lunga carriera,  come la sua visione di gioco, l'intelligenza tattica, la classe e il suo stile elegante e  privo di eccessi. Uno dei giocatori più grandi nella storia del Milan e della Svezia. Non a caso, i lettori del giornale svedese con più copie vendute lo hanno eletto quale giocatore del secolo. La storia racconta che in una partita a San Siro, dopo una serie infinita di passaggi riusciti, ne sbagliò uno e tutto lo stadio si alzò in piedi per attribuirgli un lunghissimo applauso. Come allenatore è stato responsabile di diverse squadre in Italia, facendosi apprezzare oltre ai modi sempre cordiali ed educati, per l'utilizzo di un sistema di marcatura a "zona". Al Milan, guidò la squadra nella conquista del decimo scudetto, quello della Stella nel campionato del 1979, prima di passare alla Roma. Talenti come Paulo Roberto Falcão e Bruno Conti beneficiarono dei suoi insegnamenti, guidandoli al successo dello scudetto del 1983. Un anno dopo, la sua splendida squadra perse ai rigori contro il Liverpool nella finale di Coppa dei Campioni che si giocava proprio in uno stadio Olimpico di Roma, pieno di tifosi. Una carriera ricca di altri trionfi che sorvolo per non dilungarmi troppo. Nella lunga lista di Allenatori del Milan, italiani, che hanno caratterizzato la storia di questa Società cosi vincente e famosa, mi è difficile non inserire anche Niels, straniero di nascita, ma italiano a tutti gli effetti. 

Rocco, Sacchi, Capello e Ancelotti sono i quattro allenatori accomunati dalle vittorie internazionali, che poche altre squadre italiane possono annoverare, per numero e per periodi così diversi. Uomini e allenatori totalmente diversi, non solo nel modo di intendere il calcio, ma anche di relazionarsi con la squadra, i tifosi e i mezzi di comunicazione. In un calcio in costante evoluzione, dove l'agonismo prende sempre più rilevanza a discapito di quella tecnica che era la vera "essenza" di questo splendido Sport, anche il ruolo dell'allenatore ha subito trasformazioni notevoli. Il Mister è la "punta di un iceberg" che vede staff sempre più numerosi e preparati, seguire con attenzione ogni più piccolo particolare. La figura "romantica" del passato, "l'uomo solo al comando", è ormai ben lontano dalla realtà, una fantasiosa ricostruzione cui i milioni di tifosi, allenatori da bar, affidano il destino della propria squadra del cuore, condottieri troppo spesso giudicati non per reali qualità, ma per i risultati. 
Così questo premio assegnato ad un Allenatore come Pioli, che alla guida del Milan sta dando forma ad una carriera che fino ad oggi non brillava particolarmente, priva di successi prestigiosi, è stato l'occasione per apprezzarne le indubbie qualità umane che stiamo ammirando, fortificate dalle confidenze che trapelando da Milanello, attraverso le dichiarazioni di calciatori e dirigenti. Il pubblico festante di San Siro che canta la "sua canzoncina" prima dell'inizio delle partite casalinghe, in un attestato di stima raramente attribuito ai suoi predecessori.  
Nella mia personalissima classifica degli allenatori milanisti, Rocco rimarrà sempre al primo posto, irraggiungibile, seguito da  Carletto e da Arrigo da Fusignano, con  Don Fabio, staccato, non tanto perchè perse più trofei Europei lui, degli altri tre messi insieme, vincendo però quattro scudetti in cinque anni, ma penalizzato ai miei occhi per quell'atteggiamento fuori dal campo, così poco cordiale e simpatico che ha sempre caratterizzato lo stile Milan, anche nei giorni più bui. Mister Pioli si avvia a grandi falcate verso le primissime posizioni. Confesso che raramente un allenatore del Milan non mi è piaciuto. Brocchi, l'apprendista, non fa testo, così come gli ex calciatori alternatesi sulla panchina, supportati da tanto affetto, ma fin troppe lacune (Seedorf, Inzaghi, Leonardo e Gattuso) sicuramente c'era riuscito Gustavo Giagnoni, l'allenatore con il colbacco ai tempi del Torino, che aveva relegato Ganni Rivera in panchina e Giampaolo nella sua gestione tanto breve quanto catastrofica. Non mi hanno certo scaldato il cuore. Cosa riuscita a Zaccheroni, "il sarto", ma anche a Fatim Terim o Washington Tabarez, nella breve avventura alle dipendenze del Presidentissimo Silvio, allenatori con indubbie capacità, ma inespresse.

Alla fine tutto dipende esclusivamente dai risultati ottenuti e la domanda che non troverà mai risposta è proprio alla ricerca se e quanto sia l'allenatore a portare alle vittorie o viceversa, la forza dei giocatori a sua disposizione.
Mister Pioli ha ricevuto un Premio importante, un attestato che evidenzia la sua differenza da altri. Non ha ancora vinto nulla e sarà solo il tempo a dare verdetti concreti, ma da quando siede sulla panchina del Milan ha contribuito ad una risalita che sembrava impossibile ottenere in poco tempo.
Ora l'augurio è che quanto di positivo abbiamo ammirato in queste due stagioni possa trasformarsi in successi sportivi, seguendo le orme dei suoi predecessori e della storia di un Club così famoso.