“Più un amore è grande, più grande sarà la tragedia quando finisce”

La vita di ogni individuo, come di tutte le cose, ha sempre un inizio ed una fine, ma è proprio quest’ultima, come ci dice nella sua frase lo scrittore statunitense Nicholas Sparks, che a volte lascia un ricordo indimenticabile, che è caratterizzato da momenti, foto e parole, che rimarranno per sempre tatuate nella mente di chiunque. Sebbene ciò, allo stesso tempo suscita in tutti coloro che erano legati a questa persona un rancore, una tristezza, un senso di impotenza di fronte al beffardo destino della vita. Infatti, il destino viene definito dal vocabolario come “l'insieme imponderabile delle cause che si pensa abbiano determinato gli eventi della vita”. Proprio il fato, a volte, è capace di spezzare e mettere in ginocchio anche quelle persone, che hanno doti sovrannaturali e che sono e per sempre rimarranno nella memoria di tutti.

Questa piccola e breve introduzione, accompagnata da una frase, che a mio parere riassume perfettamente ciò che sta vivendo il mondo del calcio, o meglio, dello sport, in questo momento, è il modo migliore per ricordare un atleta, un uomo, un campione del nostro calcio, Diego Armando Maradona.

Maradona rimarrà la linfa vitale del nostro calcio. Un ricordo particolare di lui rimane nella sua tanto amata Napoli, che per lui è sempre stata come una seconda casa, il luogo dove è diventato una bandiera e dove ha scritto la storia di questo magnifico sport. Quello tra Napoli e Maradona è sin da subito stato come un vero e proprio matrimonio, nel quale nessun dei due sarebbero potuto vivere senza l’altro, perché l’affetto del tifo partenopeo, ritengo sia uno dei pochi o forse l’unico in Europa, ad avvicinarsi al calore degli stadi argentini, a quello della Bombonera, dove il piccolo Diego iniziò a dimostrare a tutti di essere un fenomeno.
Nel calcio, spesso qualsiasi calciatore è solito cambiare continuamente la propria squadra, lasciando solitamente un sentimento di rabbia e di frustrazione nella memoria dei tifosi, che vedevano in lui un simbolo del loro club. Invece, Maradona quando se ne andò dal Napoli, nell’estate del 1991, lasciò un ricordo, probabilmente, indescrivibile a parole, ma sicuramente capace di unire un’intera citta, che conserva la sua figura, come una vera e propria reliquia nella parte storica della città, precisamente nei Quartieri Spagnoli, che sono caratterizzati di ricordi di quel Maradona, che tanto aveva fatto gioire i tifosi napoletani e che lì era entrato nell’olimpo del calcio.

Il rispetto di Napoli nei confronti di colui che aveva permesso loro di vincere la bellezza di due scudetti, una Coppa Italia ed una Coppa Uefa raggiungerà uno dei suoi culmini quando la società decise nel 2006, di ritirare definitivamente quella maglia numero 10, che non rappresentava semplicemente una cifra, ma bensì l’intera città di Napoli ed il suo tifo.
Oltre a passare alla storia, grazie alla sua carriera nelle file dei partenopei, verrà ricordato da tutti per quell’indelebile rete nei Mondiali di Messico 1986, nei quarti di finale contro l’Inghilterra, che aveva la particolarità di essere stata segnata con la mano. L’arbitro, che non aveva la tecnologia di oggi, non si accorse di nulla e quel gol passò alla storia come la “Mano de Dios”, perché Diego Armando Maradona era considerato come una divinità, come un Dio. Proprio quel Mondiale verrà vinto dall’Argentina e sarà proprio Maradona ad alzare quella coppa, che incarnava perfettamente tutte le sue qualità ed era stata vinta grazie al suo estro e la sua encomiabile furbizia.

Oltre ad essere un calciatore fenomenale, però era un uomo, che era spesso diretto con le parole e l’unico capace di attaccare chiunque, scombinando i piani di qualsiasi federazione calcistica, attraverso le sue frasi taglienti durante le interviste. E’ proprio nella sua ultima intervista, tenuta il 30 ottobre, nel giorno del suo compleanno ad un portale argentino, che rivelerà il suo pensiero sul calcio, attraverso le seguenti parole: “Sono molto felice. Il calcio mi ha dato tutto quello che ho, più di quanto avrei mai immaginato. E se non avessi avuto quella dipendenza, avrei potuto giocare molto di più. Ma oggi quello è passato, sto bene e ciò che rimpiango di più è non avere i miei genitori. Esprimo sempre quel desiderio, un giorno in più con La Tota ma so che dal cielo è orgogliosa di me e che era molto felice".

Probabilmente, adesso avrà potuto rincontrare i suoi genitori, che erano tanto orgogliosi di lui, proprio come tutti noi, amanti del calcio, che ricordano e ricorderanno per sempre quell’uomo con i calzettoni tirati su e con le stringhe delle scarpe sciolte, che palleggiava in un San Paolo gremito andando a ritmo con la musica. 
Riposa in pace, eterno campione.