Un bacio alla maglia, un gesto intriso del sapore di una promessa per il futuro; poi il ripensamento, il tradimento culminato nell’addio
Sembra l’incipit di una burrascosa storia d’amore, terminata rovinosamente in tragedia: trattenete le lacrime però, poiché è soltanto il riassunto dell’ultima estate di Romelu Lukaku, ex centravanti dell’Inter. Il gigante belga, autore di una strepitosa annata con i nerazzurri, è una delle colonne portanti della formazione Campione d’Italia, accanto ad una difesa rocciosa ed alle sgroppate di un certo Achraf Hakimi sulla fascia destra. 

Conclusi i festeggiamenti per lo scudetto appena conquistato, l’attenzione si sposta verso le finanze del club: all’inizio sembra che basti sacrificarne uno, poi diventa necessario cedere ancora, l’ambiente si destabilizza. A questo punto la società deve trovare una soluzione che non coincida nel totale smantellamento della rosa, e così poco dopo, quando in casa interista suona il campanello, il Chelsea ha già pronta una mega offerta per Lukaku. 
Il tecnico dei campioni d’Europa in carica, Thomas Tuchel, è letteralmente innamorato del centravanti ex Manchester United, ed è pronto a fare follie pur di fargli indossare la casacca dei blues. Per l’Inter non c’è tempo per le riflessioni, la proposta degli inglesi è praticamente irrinunciabile: più di 100 milioni di euro sul piatto, il presidente Zhang accetta e respira, con i tifosi attoniti e rassegnati al ridimensionamento. 

Dall’altro lato del palcoscenico, Andrea Pinamonti, riserva del belga, quasi mai chiamato in causa da Antonio Conte, osserva lo scenario, mentre l’Empoli si muove per prenderlo in prestito. Il suo trasferimento passa quasi inosservato, molti se ne accorgono soltanto quando, distrattamente, cominciano a spulciare il listone del fantacalcio a pochi istanti dall’inizio dell’asta. Di lui si dice poco, da un lato che non sarà nemmeno un titolare fisso, dall’altro che alla sua età in molti sono già esplosi, e se lui non lo ha fatto, allora ci dovrà essere anche un motivo. E così mentre la stagione di Romelu Lukaku si apre col botto nel fantastico scenario di uno Stamford Bridge in piedi per applaudirlo, quella di Andrea Pinamonti inizia lentamente, con poveri scampoli di partita, senza alcuna rete realizzata. 
Insomma, ci sarebbe poco da stupirsi date le premesse, poiché se da una parte il belga rientra nella cerchia dei 5 attaccanti più forti al mondo, dall’altra, il povero Pinamonti non rappresenta nemmeno il centravanti di riferimento di una formazione neopromossa. 
Eppure, quando sembra ormai evidente che la direzione intrapresa dall’uno sia opposta rispetto a quella dell’altro, ecco subentrare la magia del calcio, la quale si accende, o meglio si sposta: la giovane punta dell’Empoli si sblocca, trova continuità di rendimento e segna con regolarità, mentre invece il fuoriclasse del Chelsea si ferma, rimanendo piantato a quel folgorante inizio. 

E così, giunti quasi a Natale, lo score dei tuoi attaccanti, messi a confronto, fa davvero riflettere: per Pinamonti sono 6 le reti in 15 presenze in Serie A, invece per Lukaku soltanto la metà (3), in 10 presenze scarse in Premier League. 
Osservando il dato relativo al minutaggio, appare evidente come il classe ‘99 abbia registrato una maggiore presenza in campo, rispetto all’ex compagno (1071 minuti vs 690 minuti), a causa di alcuni problemi fisici accusati dal nazionale belga, ma ciò non toglie la differenza nell’impatto fino ad ora registrato dai due attaccanti nelle rispettive compagini. 
Andrea Pinamonti sta letteralmente trascinando il suo Empoli verso la salvezza, un obiettivo mai banale per una formazione neopromossa: l’ex promessa nerazzurra, sta scrivendo una pagina nuova nella storia dei toscani, a suon di reti ed esultanze, rendendo il ritorno in massima serie più dolce di quanto ci si potesse aspettare. 

Romelu Lukaku, invece, rientrato da poco da un infortunio, sta faticando a ritrovare la condizione migliore, oltre ad una centralità nei meccanismi della propria squadra: il Chelsea di Thomas Tuchel non sembra volersi adattare facilmente alla presenza di un centravanti di peso come il belga nelle proprie trame di gioco, infatti sembra esprimersi al meglio proprio quando quest’ultimo si accomoda in panchina. 

Il più classico dei paradossi, con il calcio che si racconta ancora una volta attraverso la propria imprevedibilità, che smentisce puntualmente equazioni e previsioni, lasciando un punto interrogativo accanto ad ogni presunta certezza.