La perdita di Silvio Berlusconi apre una miriade di dibattiti, aneddoti, accuse, meriti e rimpianti. Come personaggio, sia nella buona che nella cattiva sorte, suscita una letteratura piuttosto ampia e di difficile comprensione, persino ai più competenti di storia contemporanea. 

Voglio cominciare con il Berlusconi sua "Emittenza", l'uomo che cambiò la nostra vita televisiva, grazie alle sue intuizioni ed alla liberalizzazione delle reti televisive. E quando dico che ci salvò da "Ombre rosse", non parlo dei comunisti, ma di un vecchio film, regia di John Ford, con un grandissimo attore, John Wayne, molto gradito all'elettorato di destra americano. Il fim narrava di un viaggio in diligenza, e mentre stanno tutti arrivando alla meta prevista, vengono attaccati dagli Apache di Geronimo. Il nostro eroe, dal tetto della diligenza spara come un cecchino e uccide molti indiani, ma il numero è soverchiante.
Ma proprio quando si pensa che tutto sia finito, come in tutti i film americani, arrivano i nostri, ed a cavallo. Un battaglione di soldati irrompe, con tromba al seguito, attacca gli aborigeni e li mette in fuga naturalmente nella scena finale c'è la nascita dell'amore tra il nostro protagonista e la bellissima signora di turno, anch'ella passeggera della diligenza. 
Il film era degli anni quaranta, e naturalmente in bianco e nero, anche perché se fosse stato a colori, noi la televisione a colori la vedemmo negli anni ottanta. Ma la peculiarità era che la RAi, mamma RAI, quando ci voleva fare contenti, ci trasmetteva questi capolavori, ma soprattutto ne faceva un must, come se fossero stati girati il giorno prima. Ed invece erano almeno trent'anni che ce lo propinavano, insieme ad altri film ancora più vecchi. Se si voleva vedere un film recente, si doveva andare al cinema. Ed anche al cinema, la storia non era poi tanto diversa, se non fosse che almeno nelle sale il colore era già arrivato. E qui si avevano più ripetizioni di film, nel modo in cui oggi si fa il cinema d'essai, ma almeno pellicole più recenti. Naturalmente c'erano anche le prime visioni, ma con prezzi maggiorati e sale affollatissime. 

Nel 1980 ci fu la liberalizzazione delle reti televisive, e con esse, lo sviluppo di una televisione commerciale, che aveva due ottime qualità. La prima, che non sottostava ad una censura becera e bigotta, lasciando anche che scene ed argomenti spesso cancellati da indomiti figli della democrazia cristiana, fossero  trasmessi e sviluppati senza che si gridasse allo scandalo ed all'offesa del pudore. La seconda, che finalmente alcuni film molto più recenti venivano trasmessi alla tv, senza doversi sobbarcare il solito Ombre rosse o La Ciociara, belli sì, ma ormai consunti persino nelle immagini di pellicole che lasciavano intravedere il buco improvviso nel piccolo fuoco dell'interruzione della celluloide.
Cominciò da allora una diversa visione della società, e il nostro Berlusconi non era nemmeno attaccato dai soliti benpensanti, anche perchè la sua potenza finanziaria aveva la meglio su ogni virtù residua. 

Aveva avuto delle intuizioni azzeccate. La prima, la capacità di conquistare veri professionisti del mondo televisivo, come Mike Bongiorno, padre del telequiz, ma soprattutto uno che aveva studiato e vissuto la televisione  in America e che cercava finalmente di fare quel passo di qualità che una vetusta televisione di stato non gli permetteva di fare. Poi prese dei giovani ma intelligenti sognatori, come Antonio Ricci, un genio della sceneggiatura comica, insieme ad attori emergenti ma bravi come Beruschi, Boldi,  Greggio ed altri più navigati come D'Angelo. E sono stati in grado di ricreare trasmissioni che avevano avuto come antesignano un certo Enzo Trapani, regista RAI, che però non riusciva a sfondare, perchè troppo impastoiato nei cavilli ideologici e pseudo cristiani di dirigenti inadeguati e deleteri, spesso manovrati da politici "bacia pile" e senza visione commerciale. 

Ma questo rinnovamento culturale televisivo, e la diversa scelta dei target artistici, indusse la televisione di Stato a cambiare, inserendo alcune novità, al solo scopo di stare al passo di una concorrenza che tramortiva la platea, spostando gli ascolti verso una più moderna trasmissione di programmi, più vicina ai cittadini, con la fabbrica dei  sogni, e la grande scoperta delle "telenovelas", grande arma di distrazione di massa!  Ed inizialmente le sue reti non potevano trasmettere telegiornali, se non a livello locale. Ma la legge Mammì, nel 1980, portò le novità che Berlusconi aveva auspicato. E subito prese di petto la situazione, prendendo (sempre dalla RAI) Emilio Fede, e lanciando giovani promettenti, come Enrico Mentana e Tiberio Timperi, solo per fare dei nomi. Ma nelle retrovie si procurò l'aiuto di persone capaci, non note al pubblico ma di grande capacità, tra questi, un giovane Urbano Cairo, che aveva grandi intuizioni nella capacità di comunicazione. 
Insomma, se il personaggio lasciava qualche dubbio sulle fortune improvvise e sulle amicizie non meno celate, come ad esempio Craxi, vero mentore della politica di quegli anni, il personaggio Berlusconi non aveva detrattori e nemmeno antipatie.

Nel frattempo aveva preso di mira il calcio, e diventò Presidente di un Milan alla frutta, che usciva con le ossa rotte da scandali, processi e retrocessioni. Ed all'inizio non fu nemmeno facile, perché il suo primo Milan faticosamente risalito in serie A, retrocesse di nuovo. Allora immesse una quantità spaventosa di denaro nell'impresa di fare rinascere la squadra rossonera, fino alla conquista di scudetti e coppe dei campioni. Praticamente comprava tutti i migliori giocatori che c'erano in circolazione, lasciando agli altri i meno bravi. E taluni non giocavano nemmeno, perché con una rosa enorme di giocatori e una concorrenza nella quale ti trovavi Gullit, Van Basten, Baresi, Rijkard, Ancelotti e Maldini, qualcuno doveva stare in tribuna, neanche in panchina! Ricordiamo tra questi De Vecchi, emergente giocatore acquistato dall'Avellino, nazionale, ma che la Milan non giocò mai e perse anche la possibilità di giocare nell'Italia, nella quale era titolare. Per poi proseguire con Lentini, acquistato dal Torino, al centro di un'evasione fiscale, e che costò il primo processo a Berlusconi, finito con condanne lievi. La sua potenza economica e finanziaria era notevole. Ma l'altra potenza era ancora più forte. Pare fosse il membro occulto di una loggia occulta, la P2. E se così era, voleva dire che comandava più del Gran Maestro, un certo Licio Gelli. La sua discesa in campo in politica ha lasciato più di una perplessità. La domanda ancora oggi è rimasta senza risposta: perché decise di fare questa scelta? Riporto la sua risposta: per combattere i comunisti e iniziare la rivolta liberale di questa Italia. 
Due cose che non sono mai avvenute! I comunisti, ormai in Italia non c'erano più da tempo, e comunque non erano i comunisti russi. La sinistra in Italia era di matrice democratica, ed anzi aveva proprio ripudiato il comunismo sovietico, risvegliando la cultura del comunismo dal volto umano, e questo vent'anni prima della venuta di Berlusconi in politica. 

La seconda proposta di Berlusconi non è mai avvenuta perché in questo paese la capacità di vivere un sistema liberale di stampo anglosassone è un'utopia! Perché la nostra è una società impregnata di incapacità sistemica di contenere un libero mercato in una libera capacità di pensiero e di costumi.
L'altra considerazione sta nel fatto che in questo paese, se si vogliono abbassare le tasse, si deve prima sistemare il debito pubblico, ma ancora prima inculcare nei cittadini la civiltà educativa del rispetto delle istituzioni, e tra queste le leggi fiscali. Perché l'evasione fiscale non ha mai nessuna giustificazione, e non è un precetto di libertà, perché come accennato da Mattarella, la libertà è un concetto collettivo, e non la prerogativa di pochi eletti. Se non tutti possono accedere a questo diritto, ed anzi ne traggono le conseguenze più nefaste dall'indolenza di altri, non è un diritto, ma una sopraffazione di regime.
E se la nostra Premier, in visita a Catania, ha detto che lo Stato mette il "pizzo" ai cittadini, mentre pretende il dovuto dai contribuenti, più che un esercizio liberale sembra un invito ai mafiosi, i quali potranno tranquillamente sostituirsi allo Stato ed incamerare le somme negate alla collettività.
Se una dichiarazione simile l'avesse fatta un primo ministro inglese, l'intera popolazione britannica sarebbe insorta nel chiederne le dimissioni, invece qui le danno pure ragione. E tra questi, i lavoratori dipendenti e pensionati, i quali le tasse non possono evaderle, stante la loro condizione di contribuenti sottoposti a tassazione preventiva. 

Ma torniamo al nostro Silvio, abile affabulatore, gentile con i gentili, ma spesso incalzante con chi poteva disturbare il suo potere. Le sue vicende giudiziarie, scandalistiche e politiche, potrebbero essere riassunte in una enciclopedia a 12 volumi da diecimila pagine. Ma non voglio immischiarmi in questo tipo di teoremi.
Vorrei però parlare più che del passato, del futuro. Se Berlusconi è stato un leader, e per giunta carismatico, nasce la grande complessità della sua successione. Qui non c'è un trono, dove anche un figlio poco intelligente può succedere ad un sovrano illuminato. Qui abbiamo una serie di interessi da capogiro, nei quali la famiglia dovrà per prima prendere i provvedimenti necessari. Si veda cosa capitò alla morte di Gianni ed Umberto Agnelli. Ci furono attacchi al capitale, alle aziende e persino alla squadra di calcio che faceva parte della galassia Agnelli. E qui ci sarà di più da spartire.
La prima fetta sarà la titolarità della leadership di Forza Italia, partito che non solo ha fondato, ma che ne incarnava la personalità. I pretendenti successori sono tanti, e ci saranno coltelli che voleranno, ma non si sa che indicazioni ha lasciato Silvio. Anche perché non ha mai creato un suo delfino, volendo sempre gestire lui la sua capacità di comando. La famiglia si pensa non abbia nessuna volontà di seguire il padre in quella che fin dagli inizi non aveva incontrato favori nel parentado. Forse l'unica che ha veramente i cordoni della borsa è Marina, sua figlia ed erede del management di famiglia. Ma chi la conosce bene, non sembra abbia molta voglia di sobbarcarsi le fatiche titaniche che ha dovuto sopportare il padre. Ed ancor meno avrà voglia di sborsare soldi per un partito che non le appartiene, e che soprattutto non ne scalda gli interessi personali.
Quindi ci sarà un disperato bisogno di denaro, con il quale non si manteneva solo Forza italia, ma persino le altre compagini del centro destra, come Lega e Fratelli d'Italia, che non solo avevano a disposizione denaro, ma soprattutto le reti televisive, e le testate giornalistiche che fanno capo al Tycoon Berlusconi. La Fininvest, diventata poi Mediaset, ed ora MFE, si stanno agitando in borsa, con corsi azionari impazziti. Si parla di cessioni, e la famiglia vorrebbe alleggerire il carico responsabile di molte aziende, tra le quali alcune redditizie, ma altre sempre in rosso.
E si vedranno molti amici di prima, che pian pianino abbandoneranno la nave, perchè senza timone è inutile salire a bordo. L'amicizia è una cosa seria, ed in politica e negli affari sono spesso un inciampo! 

Vorrei inviare un commiato pieno di rispetto e riservare una preghiera per la famiglia, che ha perso un uomo, un padre ed una figura eccezionale. E lo dico come uomo che non l'ha mai votato e nemmeno amato, ma mai odiato. Il riconoscimento alla sua vita tribolata ma di successo gli è dovuto.
E mi immagino che ora sarà davanti al Padreterno e si sentirà dire: "Ah, eccoti qui finalmente! Mi dicevano che volevi sostituirti a me!"
E lui serafico risponderà: "Mi consenta eccellenza, la invito nella mia modesta villa ad Arcore, ho anche qualche cravatta da regalarle!"
Neanche da morto perderà la sua affabilità! Dio, sei avvisato, c'è il rischio che fonda Forza Paradiso!
E non so chi sarà il leader....