Riposa in pace, gigante. 
Perché questo è ciò che sei stato: un gigante. Hai torreggiato, in mezzo a tanti nani sghignazzanti, che negli anni ti hanno ingiuriato, vilipeso, offeso, attaccato, massacrato. Ma tu in fondo lo sapevi, lo hai sempre saputo; del resto, è proprio questo il destino dei giganti, no?
Loro ne soffrono un po’, certo, ma poi metabolizzano, magari facendoci su un’amara risata, e ripartono. Ricominciano il loro mestiere da giganti. Un mestiere che non s’impara e non si trasmette. Ce l’hanno nel dna. Lucidamente folli, incredibilmente coraggiosi, assolutamente vincenti. Proprio come te. 

Hai sempre fatto tutto, tutto quello che volevi, nel bene e nel male. Ma, quel che più conta, hai fatto l’Italia.
Ti hanno dato spesso del visionario, anche coloro che ti han voluto bene: il fatto è che non guardavano dalla stessa altezza. 
Hai inventato una visione, trapiantandola nei diversi terreni in cui ti sei cimentato, che hai zappato. 
Hai zappato, sì! 
Hai sempre lavorato come un matto, insegnando a tutti il valore della fatica come indefettibile elemento di successo. Il duro lavoro al servizio delle idee: così hai lasciato un’importanza indelebile sulla storia del nostro Paese.

Hai cambiato l’Italia della televisione che, a sua volta, ha cambiato l’Italia. Hai cambiato l’Italia della politica (con te finalmente duo-polista e alterna), soggiogandola alle regole della comunicazione, di cui sei stato assoluto inventore.  Hai cambiato l’Italia del pallone, inaugurando quell’era sacchiana che ha segnato l’anno zero del calcio moderno nel nostro Paese. 
E hai fatto tutto questo vincendo. Hai vinto sempre. La tua Milano 2 ha vinto sull’obsoleta ortodossia urbanistica. Le tue televisioni hanno vinto sul monopolio della Rai. Il tuo partito ti ha portato ad essere il Presidente del Consiglio più longevo della storia repubblicana. Il tuo Milan ha vinto tutto quello che c’era da vincere, in Italia e nel mondo; il tuo piccolo grande Monza ha conosciuto la seria A per la prima volta nella sua storia. 

La storia! Hai vinto persino sulla storia: quella stretta di mano tra Russia e America è stata la fresca corrente carsica su cui è scorso il destino dell’umanità. Quanto ci manca, adesso! 
Hai vinto sempre, a qualunque costo. E che costo! Hai dovuto sfidare acerrimi avversari politici; hai affrontato la scure della giustizia, che certo non ti ha mai fatto sconti, anzi; e hai speso denaro, tanto denaro, per regalarci squadre leggendarie. 
Ma lo fai fatto sempre col sorriso. 

Una volta, eri in visita a Palermo, ti chiesi quale fosse il segreto del tuo successo e tu mi rispondesti: “Lavorare sempre col sorriso”.  Un po’ beffardo, un po’ guascone, calamitante e di cuore, il tuo sorriso rimarrà per sempre dipinto sulle nostre memorie. 
Il gigante col sole in tasca. 
Questo Paese, tutto, ti ricorderà per sempre. Ricorderà l’imprenditore, ricorderà il presidente del Milan, ricorderà "Un grande leader politico della storia della nostra Repubblica" (sono le parole di cordoglio del capo dello Stato, Sergio Mattarella). 
Ricorderà l’uomo, che commise tanti errori, figli di una condizione umana di cui altrimenti avremmo dubitato.
No, non eri una divinità, eri semplicemente una spanna sopra tutti gli altri. Semplicemente un gigante.
C’è stata un’Italia prima di te e un’Italia con te; e ce ne sarà una dopo di te. 

La tua parola preferita è sempre stata “libertà”. Una parola che nel nostro Paese, pur nella assoluta sacralità delle sue accezioni, ha quasi perso consistenza, talmente la diamo ormai per scontata. Eppure, tu l’hai sempre assunta a lanterna d’ogni tuo pensiero, ragionamento, percorso, sogno, obiettivo, azione.  L’hai persino instancabilmente invocata nel tuo ergerti a strenuo difensore degli animali, che hai sempre amato e rispettato. 
Talvolta ne hai fatto uno slogan, è vero, talvolta ne hai abusato, talvolta l’hai scagliata, come un dardo, per colpire il tuo avversario politico. Ma la libertà è sempre stata la “religione del tuo pensiero” (direbbe Benedetto Croce) e questo è commendevole, sempre e comunque. 
La libertà è stato un tuo imprinting, te la portavi dentro sin dalla nascita.

Lascia che in questo mio umilissimo commiato racconti la storia di una donna su un treno. Si chiamava Rosa.  Era il 1943. Un giorno Rosa, incinta della sua terza figlia, mentre andava al lavoro in treno, vide un nazista che fermava una ragazza ebrea. Rosa fermò il tedesco, mettendosi tra lui e la ragazza. Lui reagì, armeggiando col fucile con fare minaccioso, ma Rosa non demorse, non ebbe paura e, guardandolo fisso negli occhi, gli disse: “Puoi uccidermi se vuoi, ma guarda i visi delle persone che sono su questo treno, stai sicuro non ti lasceranno uscire vivo da qui”.
Il tedesco desistette, la ragazza ebrea fu salva.
Rosa era tua madre, libertà fu il suo principale insegnamento, libertà è stata la tua ispirazione. 

Si può essere di destra e si può essere di sinistra, si può essere juventino o milanista, colpevolista o garantista, proletario o capitalista, ateo o credente, puritano o libertino. Ma non si può essere nemico della libertà e di chi la professa. Questo mai, è questo che ha reso l’Italia il Paese più bello del mondo, il Paese che tu hai profondamente amato. 
È questo che ti ha reso il Silvio Berlusconi, pianto oggi in tutto il mondo (Vaticano compreso), bandiere a mezz’asta e funerali di Stato. E lacrime! Lacrime vere, versate delle milioni di donne e uomini che ti hanno amato. 
Ti hanno amato i tifosi del Milan. Ti hanno amato i tuoi dipendenti e collaboratori. Ti hanno amato i tuoi elettori. E del rovescio di questa medaglia, che si chiama odio, hai sempre fatto un motivo per ripartire, mai una ragione per rimpiangere. 
Te ne vai, dopo aver lottato come un leone contro il male. Anche su di lui avevi più volte prevalso, ma persino un gigante prima o poi va a dormire.  Tanto sa che domani il sole sorgerà di nuovo e il suo sarà comunque risveglio. Perché i giganti son fatti così: non saranno forse delle divinità, ma vivono per sempre, per loro il sole sorge sempre. Se poi il sole ce l’hanno in tasca … 

Riposa in pace e perdonami la mia licenza di averti dato del tu: ho preferito il sentimento alla solennità, che pur ti è dovuta. 
Finisco queste mie umili righe, parafrasando un film che tu hai portato all’Oscar: "hai cercato la grande bellezza in ogni cosa che hai fatto e l’hai sempre trovata".
La terra ti sia lieve. E accogliente il firmamento. 
Certo, non ti verrà difficile brillare anche da lassù.