A quasi dieci anni di Fair Play Finanziario, credo che sia giunto il momento di tirare qualche somma. I cambiamenti che esso ha apportato sono stati importanti, ma ancora si fa fatica a comprendere se siano stati fruttiferi, deleteri, inutili. Per poterlo valutare è necessario capire, prima di tutto, che il FPF è un concetto pressoché economico. Dunque, per poter valutare i club secondo i suoi dettami, è necessario visionarli in una maniera diversa da come solitamente li vediamo. Non sono i fattori di campo a contare in questo regolamento apparentemente astruso, ma bensì i risultati di natura economica. E anche ad avere un’infarinatura di economia e finanza aziendale, le incertezze non si risolvono del tutto in quanto le società di calcio professionistico funzionano in un modo sui generis. Vi sono infatti delle sostanziali differenze tra le società calcistiche e il resto dell’universo aziendale

Quali? Per farla semplice, vi faccio l’esempio di quanto accaduto con Alberto (nome di fantasia per proteggere la privacy), mio cliente alla guida di una piccola impresa operante nel settore tessile. Qualche mese fa, Alberto venne in ufficio a trovarmi, inalberato come una iena. “La banca non mi vuole concedere il finanziamento, che le ho chiesto tre mesi fa. Ma diamine, sono tre anni che quasi raddoppio fatturati e utili, che l’azienda va da Dio, ma questi figli di buona donna non me li vogliono proprio dare questi due soldi. Ma perché?”. Giusto per la cronaca, i due soldi così definiti da Alberto erano in realtà 2 milioni di euro, dunque non esattamente un’inezia. Detto ciò, fatte le dovute valutazioni, quanto detto da Alberto era vero: la sua azienda economicamente tirava come un treno. In un triennio aveva aumentato di molto i fatturati e gli utili erano cresciuti. Alla sua descrizione mancava però un piccolo particolare: la sua azienda non aveva il becco di un quattrino sui conti correnti. Com’è possibile, mi domanderete voi, dato aumento di fatturati e utili? È possibilissimo, vi rispondo io. Basta avere chiaro il concetto che “fatturare” e “incassare” sono due termini ben diversi. Come questo accada, per quanto sia semplice, è ostico da spiegare in poche parole. Ciò che conta però è che, per quanto i fatturati siano belli, per quanto fare utili sia importante, è la cassa a dominare la scena. E questo valeva anche per le società di calcio, sino a quando Platini pensò bene di inventare il Fair Play Finanziario

“Il Fatturato è Vanità, il Profitto è Salute, la Cassa è Realtà”

Ora, quando penso alla storia economica del calcio europeo, mi viene naturale suddividerla in tre epoche ben distinte

  1. Epoca delle associazioni senza scopo di lucro (1920 - 1995)
  2. Epoca delle società di profitto (1995 - 2011)
  3. Epoca del Fair Play Finanziario (2011 - in corso)

Focalizziamoci sul secondo periodo, che io chiamo amorevolmente “dell’anarchia finanziaria”. Anarchia finanziaria in quanto, dati del solo 2008: 

  • Il sistema calcio europeo generava quasi 2 miliardi di euro di perdite
  • Il 47% delle squadre di prima categoria chiudeva con perdite colossali
  • A poter concorrere per i trofei più importanti vi era solo un ristretta cerchia di club

Un periodo in cui il sistema calcio bruciava enorme quantità di denaro, dunque. Come le aziende di qualsiasi settore, anche le neo nate società commerciali di calcio professionistico sottostavano alla regola della cassa. Eccome se vi sottostavano. Basti pensare che i top club, all’epoca, mentre generavano perdite di bilancio abissali, la loro cassa era invece sembra traboccante di quattrini. Quattrini che provenivano dalle proprietà o dalle banche, quasi sempre disposte a finanziare il settore calcio. Questo almeno fino a quando il debito maturato non ha raggiunto livelli mostruosi e il giochino, come si usa dire, ha cominciato a rompersi. Questo perché, col sopraggiungere della crisi economica del 2008, proprietari e banche hanno improvvisamente tirato indietro la mano. Ed ecco che il sistema calcio, colmo di debiti e ridotto a territorio di conquista di pochi eletti, comincia a fare crack. Come salvarlo da questa situazione sempre più gravosa? Cambiando completamente le carte in tavola, ovvero mettere un freno alle spese pazze e bloccando il predominio della cassa. La soluzione portata dalla gestione Platini e nota come Fair Play Finanziario, tra le altre cose, prevede dei principi molto semplici

  • Puoi investire in calciomercato solo se il tuo bilancio chiude in pareggio o quasi
  • Il proprietario non può aumentare i ricavi del club, usando le sue aziende come sponsor, se non nel limite del 30% del totale del fatturato

Due regole molto facili, con cui la UEFA da quel momento ha cominciato a dire alle squadre: “per competere, dovete farcela da sole”. Una vera e propria rivoluzione copernicana, rispetto a quanto si poteva fare prima. Da quel momento, non sono più quanti soldi una società ha in cassa, per poter competere sul calciomercato. Quei soldi si possono infatti spendere se, e solo se, i costi che la società si va a sobbarcare globalmente non superino il valore dei ricavi. In altre parole, obbligo di pareggio di bilancio, anche se contornato con alcune piccole eccezioni. Ciò cosa comporta? Semplice: che la differenza tra, per esempio, il ricchissimo Fondo Elliott del Milan e la gestione Percassi dell’Atalanta si assottiglia. Anzi, i rapporti di forza si invertono. Per quanto il primo abbia un portafoglio nettamente più ricco del secondo, la squadra di quest’ultimo è più idonea a investire sul mercato. Questo perché, rispetto al club del primo, i suoi bilanci sono in ordine e addirittura generano utili. Riprendendo il caso di Alberto, se lui avesse avuto in mano non un’azienda, ma una squadra di calcio, avrebbe potuto dunque investire tranquillamente (a patto di ottenere liquidità dalle banche o da qualcun altro). Lo avrebbe potuto fare perché, come già detto, il suo bilancio generava utili e superava dunque l’obbligo del pareggio. Non è più dunque la cassa a contare, ma la capacità di creare profitto, di creare utili. Che effetto ha avuto dunque il Fair Play Finanziario, o avrebbe dovuto avere? Quello di bloccare l’indebitamento e le ricapitalizzazioni estreme, nonché rendere il calcio un mondo più “democratico”, dove molte più squadre possono aver la possibilità di concorrere per i trofei che contano. La vera domanda è se ciò sia avvenuto effettivamente. Risposta: da una parte sì, dato che ora le squadre devono controllare bene i bilanci se vogliono partecipare alle competizioni europee. Da un’altra però, quel sistema di anarchia finanziaria, che avrebbe dovuto essere debellato col FPF, ha creato dei suoi anticorpi contro questa rivoluzione. Due effetti collaterali importanti, che hanno messo a serio rischio la tenuta della rivoluzione voluta da Platini:

  1. Inflazione degli stipendi e del valore dei cartellini, cominciata anni fa con la valutazione monstre di Neymar, che ha reso diversi monte ingaggi difficili da sostenere per le squadre più piccole (ancora una volta rese incapaci di competere, dunque)
  2. Strani e sospetti movimenti di denaro, che paiono vedere alcune ricapitalizzazioni societarie (che non potrebbero aumentare i ricavi) mascherate da sponsorizzazioni (che invece li aumentano, migliorando così il bilancio)

A distanza di dieci anni dalla sua entrata in vigore dunque, il Fair Play Finanziario ha avuto degli effetti, a mio avviso, benefici sul calcio. Eppure non tutti i problemi sono stati eliminati e alcuni sono diventati assai duri a morire. Per quanto la UEFA possa fare la voce grossa, non se lo può permettere con tutti i club. In ballo ci sono miliardi di afflusso, che non può permettersi di perdere facendo guerre ai mulini a vento. Detto ciò, questa situazione non può continuare così per molto. Sono già troppe le voci critiche nei confronti del FPF e il rischio che possa decadere non è poi così fantasioso. Che fare dunque? Non avendo in mano la bacchetta magica, né tutte le competenze necessarie del caso, il sottoscritto non ha una risposta certa. Ma, se proprio vogliamo fare un’ipotesi, mi permetterei di sussurrare una piccola soluzione, che potrebbe aiutare: Salary Cap

Di che si tratta? Ne riparleremo alla prossima, altrimenti qui facciamo notte. 

Un abbraccio

Novak