Sembra che la UEFA non sia del tutto convinta del progetto di "Voluntary agreement" prsentato dal Milan. Ciò che convince poco i vertici europei dovrebbe essere la previsione di futuri ricavi ritenuta troppo ottimistica. Il massimo organismo calcistico europeo chiederà ai rossoneri degli aggiustamenti per rendere il piano di rientro più attendibile. Nulla di male in sé, perché rientra nel potere discrezionale delle istituzioni europee e di certo la società milanese rivedrà le sue previsioni adeguandosi ai rilievi UEFA. La notizia si presta tuttavia a 2 ordini di considerazioni. La prima è che ciò costituisce la conferma di un mercato milanista basato su debiti, dai quali bisognerà rientrare, e cessioni, che saranno necessarie al di là dei bellicosi atteggiamenti degli ultimi giorni. La seconda riporta alla crisi che ha disgregato la Jugoslavia. Questo stato era basato sul sistema dell'autogestione, praticato a qualsiasi iivello, dalle repubbliche (Serbia, Croazia ecc.) alle aziende. L'autonomia di spesa era tale che non solo una repubblica, ma anche una piccola società (nel cui CDA sedevano anche i rappresentanti dei dipendenti) poteva anticipare investimenti, dividendi e aumenti di stipendio sulla base di previsti futuri ricavi. Il buco nei conti risultò evidente già nei primi anni '80, ma si trasformò in voragine nel giro di 5-6 anni e fu una delle cause della disgregazione della federazione jugoslava. Tornando al Milan, è normale che un'azienda investa anche a debito per fatturare e fare utili negli anni successivi. La cosa fa parte del rischio di impresa. Ma anche il rischio di impresa presuppone una razionalità e credibilità nel piano di rientro, altrimenti diventa "suicidio di impresa". I rilievi della UEFA sono una garanzia anche per i tifosi milanisti, che di certo non vogliono trovarsi di fronte a un altro "caso Parma". Ma credo che alla fine quadrerà tutto, sostituendo le previsioni troppo ottimistiche del piano di rientro con qualche cessione "tosta".