Non sono soddisfatto, il gol preso nei minuti finali mi ha fatto inc****re”.
Parole di accusa e di necessarie migliorie solitamente a margine di un pareggio o di una sconfitta, invece, queste parole, per quei pochi che non lo sapessero, sono state pronunciate da Maurizio Sarri poco dopo il successo del suo straordinario Napoli ai danni del Feyenoord per 3-1.
Un monito di attenzione e di miglioramento della tenuta mentale dei giocatori specie in situazioni in cui il match sembra conquistato, in una frase tutto il patrimonio calcistico del tecnico dei partenopei, perfezionista, meticoloso, burbero, il Sergio Leone della Serie A: tanto scontroso con i suoi “lavoratori”, quanto dedito alla ricerca della perfezione e dell’arte espressa mediante la qualità della propria professione, un combattente di razza che deve obbligatoriamente fare l’ultimo passo per diventare vincente di fatto.

Il percorso di Maurizio Sarri a Napoli non è iniziato nel migliore dei modi ai tempi del suo approdo e non è difficile capirne le motivazioni, uno come lui parla forte e chiaro, ma talvolta la sua durezza può apparire come arroganza, superbia, presunzione.
Niente di tutto ciò.
L’ex Empoli è di fatto uno che ci mette la faccia in ogni cosa, che fa anche quando non vorrebbe farla e il suo brusco approccio al lavoro quotidiano e alle questioni di campo aveva inizialmente sollevato anche l’avversità di una vera e propria istituzione dalle parti del Vesuvio: un tale Diego Armando Maradona. Un personaggio saccente avrebbe risposto a tono con espressioni al vetriolo sminuendo le critiche, invece ‘Il Generale’ ha incassato, si è ovviamente posto contrario alle critiche, ma le ha condivise, assimilate, ponderate e... abbattute.
Lo stesso Maradona si scusò poco dopo, e far scusare uno come El Pibe dice di te che sei uno con... gli attributi.

Il 10 gennaio Maurizio Sarri ha spento 58 candeline, ma in realtà è un “giovane” della Serie A, arrivato tardi ed esploso presto. L’ambiente ha provato a sgambettarlo e in alcune circostanze ci è riuscito, lo stesso Sarri che, come tutti gli esseri umani, non è perfetto ha commesso degli errori, uno su tutti la sua costante riluttanza nell’inserire i nuovi giocatori in pianta stabile nell’organico, basterebbe chiedere a Rog, Ounas, Diawara, Zielinski.
Eppure, il buon Sarri continua a migliorare il suo gioco applicando al calcio una delle più celebri teorie economiche di Adam Smith: “Il bene collettivo si raggiunge quando ognuno persegue il bene individuale”.
È proprio ciò che ha fatto il tecnico cresciuto a Faella, ha lavorato su ognuno dei suoi atleti tirando fuori sempre di più da ciascuno di loro fino a creare una macchina così bella che anche in Europa si fermano a guardarla con ammirazione.

Vecchio ma giovane” - Sì, perché insieme al Napoli è cresciuto anche Sarri, affina costantemente le sue doti e impara da ogni partita, impara più dalle vittorie che dalle sconfitte, dopo Leone, rievoca anche la figura di Kubrick, un maniaco della perfezione, pronto a rifare cento volte la stessa scena finché non risulta come l’aveva ideata dal principio, talvolta contraddittorio: pronto a criticare un successo, ma avverso nell’ammettere che al suo Napoli manca qualcosa, quel qualcosa che si alza al cielo e si trascrive sul palmares.
Forse è solo finzione scenica, senso di protezione verso i suoi gladiatori per tutta quella fatica che lui stesso ha chiesto e ottenuto da loro, creando un gruppo compatto, così compatto da siglare un accordo d’onore, non una clausola, non un prolungamento di contratto, uno di quei patti che delinea la statura morale di un uomo, quei patti che si siglano stringendo la mano e che valgono più di una penna con inchiostro.

La squadra di Sarri ha deciso di restare unita e non cedere alle lusinghe degli altri top club per seguire quell’obiettivo comune che merita, che si conquista con tecnica ma anche malizia, quella malizia che Sarri sta acquisendo ed inculcando nei suoi giocatori. Lui è il primo ad essere carico di rabbia, è stanco di sottolineare i numeri spaventosi e da record del suo gruppo, che però non riceve la giusta ricompensa e questo deve essere l’anno buono, i paragoni con Barcellona e Ajax di Cruijff sono lusinghieri, ma ancora ingiustificati perché differiscono totalmente nella capacità di conquistare titoli.

Sarri è scaltro, sta lontano dai complimenti, sa perfettamente che sono i primi ad adularti per poi lasciarti solo senza nulla. Nel film “Whiplash”, il co-protagonista, raccontando dell’esplosione del noto sassofonista Charlie Parker, spronato costantemente e cinicamente dal suo direttore d’orchestra, recita: “Pensa se qualcuno gli avesse detto: Bravo Charlie, continua cosí, bel lavoro! Sarebbe stata una tragedia..”.
Lo stesso fa Sarri, vuole e pretende sempre di più, perché questo Napoli deve vincere, deve diventare grande, non deve fermarsi ai plausi e deve conquistare quello che ha dimostrato di poter conquistare.
 

LM