Villar Perosa è un piccolo paesino di 4000 anime che sorge in una valle piemontese circondata da colline verdi e rigogliose che la dominano accovacciate sotto le Alpi e sovrastate da un cielo immenso tinto di blu. Piccoli vicoli e un mucchio di case basse con fiori variegati che campeggiano sui balconi e ai bordi della strada.  Distante da Torino una cinquantina di chilometri, sembrerebbe un posto come tanti e forse pure lo sarebbe, se non fosse per il fatto che è casa della famiglia Agnelli. Questo è infatti il  paese di origine dei fondatori della Fiat. Qui riposano l'avvocato, il presidente Umberto e tutto il resto della loro famiglia che non c'è più. Qui possiedono una residenza estiva da mille e una notte, che quando la vedi ti brillano gli occhi e per un secondo ti chiedi se sei nel reale o ti hanno per caso catapultato in una favola con principi e principesse.  Ecco perchè Villar è qualcosa di particolare.
Tutto è meno che un posto come tanti altri. 

Per questa ragione ogni estate, in questo piccolo scenario ovattato dall'atmosfera bucolica palpabile in ogni suo angolo, il paesino piemontese diventa il teatro di una festa che sovente i media accostano a qualcosa di non molto distante dalle mitiche riunioni famigliari. Tipo Natale, tanto per rendere l'idea. Senza alcuna pretesa di attribuire a quest'immagine un significato sociologico che per un tipo di analogia del genere forse non esiste nemmeno. Ma il fatto che ci si riunisca tutti lì, ai bordi del campo, con i tifosi che ringraziano gli Agnelli, gli Agnelli che ringraziano i tifosi, i campioni che salutano la gente, la gente che saluta i campioni, a molti ricorda una bella riunione di famiglia. Un po' come succede a Natale, quando tutti si riuniscono intorno ad una tavola imbandita. Sebbene a ferragosto non ti puoi aspettare l'Albero addobbato a festa e nemmeno la neve che scenda da un momento all'altro, perchè ci sono 40 gradi all'ombra e tu sudi come un disperato dal primo istante fino a quando la festa non finisce.

Ma l'atmosfera è più o meno quella lì. La festa la senti nell'aria. La respiri. La divori. E lei ti rapisce, in tutto quel bianconero che spezza il festival di colori che trionfa tra i vicoli e le piccole case. Il piatto forte sono ovviamente i campioni, quelli che sfilano sul campo e poi salutano tutti, fermandosi con i tifosi per fare foto e firmare gli autografi. La poesia di Natale, anzichè i bambini, la recitano i grandi, gli Agnelli stessi, presentando la squadra e inaugurando in modo coinvolgente la nuova stagione.
Oggi lo fa Andrea, come un tempo lo facevano l'Avvocato o suo fratello Umberto, quando le foto erano in bianco e nero e i colori di Villar te li potevi soltanto inventare. I pacchetti regalo sono  gli ultimi colpi di mercato. A differenza del Natale, quello vero, non li puoi ancora scartare materialmente, ma sono già ben impacchettati nelle tue urla da tifoso mentre li invochi a gran voce, rivolgendoti ai dirigenti.

A una manciata di giorni dall'inizio del campionato, la Juve B sfida la Juve A. Ovvero i giovani della Primavera contro i campioni che vogliono provare ad emulare, in una partita che non ha nemmeno la dignità di un allenamento perchè più che altro è solo una passerella di presentazione per tutti quanti.

Clima di festa. Tanto entusiasmo. I selfie con i tuoi idoli che mostrerai ai tuoi amici sentendoti un supereroe perchè sei riuscito a toccare l'irragiungibile Ronaldo, dicendoti, "Cavolo, esiste davvero!". Le stesse foto che saranno il tuo trofeo per tutto l'anno, aspettando che loro, gli eroi veri, alzino al cielo quella benedetta coppa dalle grandi orecchie che tutti sognano ogni estate, ma che l'aspetti, l'aspetti, e poi non arriva mai.

Oramai, da quelle parti, è un rito che si rinnova ogni anno. Là, dove attendi ferragosto non per fare i gavettoni o il barbecue nei campi insieme ai tuoi amici, ma solo per vedere da vicino quelli che hanno in mano e in tasca ogni tuo sogno di tifoso bianco-nero.

C'è nel mezzo pure una partita, perchè stiamo pur sempre parlando di pallone. Ma siamo sinceri! Anche qualche giorno fa, come tutti gli anni, a chi interessava chi vincesse quella partita? Il massimo che poteva incuriosire guardando i calciatori in campo era quanto sorridessero. Perchè, vuoi mettere un Dybala che saluta sempre contento e si ferma con te a fare un selfie con un Dybala che mentre lo invochi abbassa la testa intristito e quando gli chiedi di rimanere alla Juve, alza le spalle senza commentare? Se i giocatori fossero in forma o magari segnassero anche un gol, l'altro giorno in fondo, non gliene importava proprio niente a nessuno.

Chi era a casa. Chi non poteva banchettare con tutti gli altri, chi la festa se la poteva soltanto immaginare, aveva ben altro per la testa. Con tutte le chiacchiere di questi giorni su acquisti, cessioni, esuberi e plusvalenze,  a parte l'inevitabile entusiasmo per una festa che era comunque di tutto il popolo juventino, anche quello non presente, la sensazione comune era soprattutto la curiosità. Curiosità per le espressioni dei giocatori in campo. Curiosità per l'entusiasmometro delle loro reazioni. Curiosità per le espressioni di Agnelli quando gli chiedevi un nuovo colpo di mercato. Curiosità per le dichiarazioni di Paratici quando i giornalisti lo stuzzicavano sulle trattative.

E oggi, che la festa juventina è ormai finita, i radar sono puntati proprio sulle parole di Fabio Paratici.
Perchè ammettiamolo! Alla fine quelle erano ciò che a noi calciomercatari della penna, interessavano di più! Paratici è stato chiaro nell'esprimersi tanto quanto molti sono rimasti perplessi nel comprendere. In sostanza il nostro dirigente prima ha contraddetto Sarri perchè ha affermato che alla Juve non ci sono esuberi, ma una rosa ampia con tanti campioni che ci saranno sicuramente utili durante la stagione. Poi, per non smentire del tutto il nostro Mister, lo ha citato richiamando la questione della lista Champions, il cui numero, a detta sua, fa sorgere un problema numerico, che poi però tratta come non-problema, perchè non dice mai che gli elementi sono troppi. Riguardo le questioni di mercato, afferma che di chiacchiere se ne fanno tante (il che è verissimo) e che poi di affari concreti alla fine se ne fanno pochi. Che tradotto è il richiamo ad un concetto di marottiana memoria "se ci saranno buone opportunità, faremo qualche affare, ma non aspettatevi miracoli". E poi il discorso sul fatto che gli affari si fanno in tre e che alla Juve c'è rispetto per gli uomini, a ribadire che se i giocatori puntano i piedi e vogliono restare, uno se li deve tenere.  Ma non è un problema, la Juve è una famiglia, a Villar si celebrava proprio questo, per cui ci sarà sempre spazio e tanti soldi per tutti quelli che vorranno continuare a farne parte. Bilancio. Ingaggi. Plusvalenze? Mere questioni di economia e materiale costruito ad arte per chi il calcio lo racconta con la penna. Per le chiacchiere ci sarà tempo. E pure per tutte le perplessità. Fatto sta che i commenti sulle parole di Paratici sono state un pot-pourri di considerazioni che sono tutto e il contrario di tutto, fra chi ne ammirato il realismo e chi lo ha invece trattato come un'incompetente.

Ma è evidente che il 14 a Villar si aveva più che altro voglia di concentrare l'attenzione sulla festa. Perchè è quel momento catartico in cui la Juve dei ricchi abbraccia la Juve del popolo. Dove ci si sente tutti uguali, uniti da quei colori che non sbiadiscono mai. Dove le generazioni degli Agnelli si susseguono secondo le regole del tempo e anche i tifosi crescono, perchè molti adulti che erano ai bordi del campo, magari a Villar c'erano stati anche quando erano bambini.
E in mezzo a tutte le storie di mercato, ai dubbi, alle incertezze, alla sensazione che la Juve che vedi ora tra qualche mese potrà essere diversa, ma potrebbe sorprendentemente rimanere anche la stessa, ti dici, vabbeh! Mi sintonizzo pure io! Cerco di non pensare ad altro e godermi la festa anche se non sono nella valle con tutti i miei fratelli bianconeri.

Comunque andrà a finire il calciomercato, Villar Perosa resterà sempre la stessa come l'amore dei tifosi per questi colori, che sopravviverà alle facce che cambieranno come mutano le stagioni. Perchè i giocatori passano. Ma quella maglia resterà per sempre!