Per poter seguire più agevolmente la trattazione si faccia riferimento al video allegato

VAR: cosa succede a ragionare coi piedi

Negli studi precedenti ho sottolineato quanto la scelta del fotogramma di contatto tra piede e palla, quello che determina l'istante in cui deve essere valutata la posizione di attaccante e difendente, sia determinante nella successiva valutazione del fuorigioco.
Abbiamo visto che questi fotogrammi sono tra loro troppo distanti temporalmente per sperare che uno di essi fotografi l'istante preciso in cui il piede tocca la palla. L'operatore del VAR è quindi costretto a scegliere un fotogramma, quello che si avvicina di più a quell'istante.
Abbiamo visto, inoltre, che ponendo in successione per ogni passaggio il suo worst case (com’è doveroso in ingegneria), l’imprecisione complessiva potrebbe addirittura arrivare, abbiamo calcolato insieme,  a 44 cm. In altri termini, abbiamo verificato che decisioni sul fuorigioco prese con distanze tra attaccante e difendente maggiori di 44 cm sono sicuramente corrette, mentre al di sotto di questa soglia si entra in una zona grigia dove le certezze non esistono più.

Abbiamo poi visto che interpolando i valori dei vari fotogrammi non è affatto detto che si debba per forza scegliere un fotogramma piuttosto che un altro, si può invece utilizzare una sequenza molto più fitta di punti che interpolano i dati forniti dai vari fotogrammi. Grazie a questa tecnica è quindi possibile ottenere una precisione teoricamente infinita, e risolvere così una volta per tutte il dilemma della scelta del fotogramma.

Oggi chiudiamo il cerchio affrontando il problema di quali parti del corpo prendere in considerazione nel determinare la presenza del fuorigioco. La grandissima precisione garantita nel determinare l'istante in cui considerare le posizioni di attaccante e difendente, spostano il problema del fuorigioco tutto su quali parti del corpo usare per stabilire se un giocatore sia avanti o meno rispetto ad un altro.

Come primo passo ho analizzato al rallentatore un video di un atleta che corre con un’andatura adatta a percorrere i 200 metri, quindi con uno sforzo molto vicino al suo massimale. In letteratura, per quanto riguarda la corsa veloce, la lunghezza del passo, che chiamiamo p, è data dalla lunghezza dell’arto inferiore, misurata come altezza da terra del gran trocantere (nei maschi intorno ai 90 cm), moltiplicata per una costante pari a 2,6. Così calcolato, il passo varrebbe 234 cm, ma questo in una situazione di corsa lanciata. Un valore che tenga mediamente conto anche di una fase di accelerazione è di 213 cm, con una frequenza media f di 4,43 passi al secondo. Da questi valori, si può calcolare la velocità media, data dal prodotto della lunghezza media del passo per la loro frequenza: v = p x f = 9,44 m/s

Analizzando i fotogrammi del video, è possibile tramite una semplice proporzione determinare, partendo dal numero di pixel, le posizioni in cm lungo l’asse longitudinale degli elementi di interesse, cioè gli elementi più sporgenti che determinano il fuorigioco: piedi e ginocchia. Nel video i fotogrammi necessari per compiere un ciclo completo, dato da due passi sono 60, questo significa che la distanza percorsa in due passi, cioè 426 cm, alla velocità di 944 cm/s richiede un tempo t = 2p/v cioè: 426/944=0,45 s. Con semplici proporzioni è possibile ricavare tutti i dati sia di distanza che di tempo.
Nel farlo è possibile ragionare sia in termini assoluti, andando a calcolare istante per istante la coordinata lineare dei punti d’interesse (piedi e ginocchia), rispetto ad un sistema di riferimento fisso, solidale alla pista, oppure ragionare in relativo al punto H del corridore, cioè il punto coincidente con il punto medio tra le due anche (chi progetta autoveicoli, e in particolare sedili per automobili conosce benissimo il concetto di punto H). L’ipotesi semplificativa è che tale punto durante la corsa si muova sostanzialmente di moto rettilineo uniforme, e che tutti gli altri punti possano essere calcolati e riprodotti in relativo ad esso.

Consideriamo quindi rispetto al punto H l'andamento dei 4 punti, cioè i due piedi e le due ginocchia. Da essi è possibile poi considerare una nuova curva, data dall'inviluppo di tutte le curve considerate nei tratti in cui rappresentano il punto più avanzato. Ciò che ne viene fuori è una nuova curva che ha una fluttuazione rispetto al punto H di circa 30 cm. Questo significa che nel caso in cui ci siano due giocatori che corrono perfettamente affiancati, l'istante che viene scelto per considerare la loro posizione relativa porta a risultati assolutamente fuorvianti, rispetto alla loro effettiva posizione relativa. Infatti dal grafico possiamo vedere che un semplice sfasamento nella posizione degli arti inferiori, pur avendo punti H esattamente affiancati, può portare ad una presunta differenza nella loro posizione di ben 30 cm.
Sì, avete capito bene: due giocatori perfettamente affiancati tra loro, a seconda dell'istante in cui si vada a vedere qual è la parte del corpo più avanzata rispetto all'altro, possono risultare, in base a tale verifica, l’uno davanti all’altro di ben 30 cm, quando in realtà i tronchi sono perfettamente in linea!

Certo, la tecnologia permetterebbe di stabilire con precisione infinita le posizioni relative di un piede dell’attaccante, rispetto al ginocchio di un difendente, e questo sempre grazie all'algoritmo di interpolazione dei punti ripresi dalla videocamera, ma io mi chiedo e chiedo anche a voi se possa essere sportivamente accettabile una regola che, non a causa di imprecisioni nelle misurazioni di distanze o tempi, bensì unicamente per come è stata concepita, possa portare a decretare  che due giocatori perfettamente in linea vengano giudicati l’uno davanti all’altro di ben 30 cm, in modo assolutamente casuale.
Mi chiedo come sia possibile, di fronte a una stortura così macroscopica, continuare a insistere nel voler considerare la parte anatomica utile a fare gol, e non si decida invece di virare in modo deciso verso l'unica soluzione sensata: considerare i punti H dei giocatori, facilmente individuabili (come nel filmato) tramite marker ottico.
In altri termini: i loro centri geometrici.