Una Serie A a tre gironi, questo sembra la classifica per la stagione 2022/23 stando ai risultati finora maturati. O tre tronconi se preferite; il primo, quello di testa formato da Atalanta che conduce e Napoli, Milan, Udinese, Roma e Torino a chiudere che per il momento sembrano avere più gamba rispetto Juventus, Inter e Lazio che sono partite con il freno a mano tirato e fanno parte attualmente del secondo troncone, quello che assegna i posti in Europa League.
Infine il terzo troncone, quello dove si deciderà chi retrocede e chi resta nel massimo campionato.

E' facile ipotizzare che le attardate Juve, Inter e Lazio rientreranno sul gruppo di testa con la possibile sorpresa della Fiorentina, squadra ostica da affrontare e ben messa in campo da Vincenzo Italiano, che ricorda molto il temperamento del suo Spezia. A centro classifica sono attestate le solite Verona, Bologna e Spezia con la Sampdoria leggermente dietro, che però ha già affrontato Atalanta e Lazio come squadre pretendenti a un posto in Champions e quindi maggiormente attrezzate.

L'ultima parte della classifica è quella che vive costantemente delle tensioni generate dalla paura di retrocedere, Cremonese, Lecce, Empoli e Monza destinate a un continuo sali-scendi e che cercano anno dopo anno di "galleggiare", tra scarne campagne-acquisti e bilanci ridotti ai minimi termini. Difficile restare a galla in un campionato dove il grosso dei ricavi è solitamente preda dei grandi Club, e dove sponsor e strutture tecniche non aiutano più di tanto in quanto quelli più importanti ricercano dei bacini d'utenza con migliaia di tifosi, essendo per loro una méra scelta commerciale.
Infatti in questi ultimi anni dopo queste prime giornate dove un po' tutti hanno qualcosa da sistemare nei meccanismi e nella forma fisica della squadra abbiamo assistito ad un esito quasi scontato tra le squadre che si giocano scudetto e posto in Europa e il resto delle partecipanti, segno che il divario si sta mano mano ampliando e facendo perdere l'attrattiva che la Serie A aveva fino a qualche decennio fa. Episodi come il Verona di Bagnoli o il Leicester di Ranieri parlando di estero saranno sempre meno possibili, ma anche gli stessi posti in palio per l'Europa rischiano di essere decisi dagli scontri diretti delle stesse pretendenti, addirittura tramite la differenza reti fatte tra andata e ritorno. 

Tutto questo non sembra aiutare la crescita del nostro calcio, insieme agli atavici problemi di strutture ormai vecchie e non più adatte ad un calcio che sta diventando sempre più prodotto televisivo piuttosto che evento di aggregazione com'era un tempo. Allora varrebbe la pena di ripensare se un campionato con meno partecipanti potrebbe alzare la qualità, con meno partite e più tempo per le squadre di prepararsi adeguatamente e magari anche meno infortuni. Aspetto da considerare anche in ambito europeo a mio parere, visto che l'allargamento del numero dei partecipanti alle coppe non ha fruttato maggiori possibilità per i club minori di arrivare alle fasi finali o addirittura alle finali come si voleva far credere.

Va bene aprirsi ad altre forme di visione oltre quella classica della presenza sugli spalti, ma deve necessariamente assicurare che la qualità non scada, ed essendo comunque legato a un fattore "umano", cioè il calciatore che non è una macchina ma ha i suoi tempi di recupero, questo aspetto deve trovare la giusta considerazione tra i politicanti del calcio mondiale.