Stavolta cari amici voglio soffermarmi su un aspetto più generale del nostro calcio ma ugualmente importante se non fondamentale: come fermare l'emorragia di campioni verso altre destinazioni.

Non è certo da oggi che se ne parla e se ne discute, sono almeno una decina di anni che questo fenomeno ha fatto la sua comparsa in Italia e alle prime nessuno si è preoccupato più di tanto, forse perché confidava in un ricambio generazionale andando a pescare nuovi potenziali campioni dalle squadre giovanili dei propri settori di appartenenza o nelle capacità dei nostri DS di andare a scovare nuovi talenti nei Paesi più sperduti o più affamati di calcio ai massimi livelli come il Sudamerica o l'Africa.

L'avvento poi di gruppi o di facoltosi imprenditori stranieri che per primi hanno acquisito i maggiori Club europei (in primis il magnate del petrolio Roman Abramovich) hanno negli anni cambiato gli equilibri tra le nazioni europee a livello appunto di Club allargando sempre più la forbice (Inghilterra Spagna e Germania soprattutto) a favore ovviamente della nazione ospitante. Ma da questo punto di vista i governi di questi Paesi hanno avuto la lungimiranza di capire che il calcio stava cambiando, che non era più un semplice sport ma...un'industria.

E allora cosa hanno fatto? Hanno applicato le regole del mercato anche alle società calcistiche trattandole finanziariamente come società per azioni, con tutti i benefici del caso. Sì perché in questi Paesi non esiste una tassazione come da noi in Italia che praticamente rende quasi impossibile la crescita per qualsiasi gruppo industriale se non trovando qualche partner in giro per il mondo. In più ci hanno messo del loro dando la possibilità di riformare e ricostruire le strutture ormai datate, a partire dai campi di allenamento fino agli stadi che sono diventati di proprietà, diventando tra l'altro altra fonte di introiti perché in alcuni casi sono fruibili per tutto l'arco della settimana avendo inglobato il museo storico del Club di appartenenza, palestre, negozi e ristoranti.

E l'Italia? L'Italia come sempre sta a guardare, quasi con indifferenza. Sì perché nel frattempo sono venute e stanno venendo sempre meno le forze imprenditoriali italiane che ancora detengono la maggioranza di quote dei rispettivi Club professionistici (Roma, Inter, Milan, Fiorentina, Bologna sono gli esempi più eclatanti passati di mano negli ultimi 10 anni) a fronte di una serie A e B in qualche caso divenute terra di conquista soprattutto da parte di gruppi asiatici e meno di americani. Sembrava che potessero portare dei capitali nuovi e importanti, e così è stato in parte ma quello che ci si aspettava (e forse si aspettavano anche i nuovi proprietari) era un nuovo impulso da parte di Federcalcio, Lega e Governo soprattutto a permettere il rinnovamento delle strutture attuali ferme al rifacimento in occasione dei Mondiali '90 e in molti casi anche prima.

Ma nonostante si sia affrontato il problema specie dopo le malaugurate uscite delle squadre italiane dalle fasi finali dei tornei europei e le mancate partecipazioni della Nazionale ai recenti Mondiali di Russia e Qatar non gli è stata data la giusta importanza, tante promesse ma zero fatti. Anche le iniziative di Rocco Commisso e James Pallotta patron americani di Fiorentina e ex-Roma che si sono proposti finanziatori per costruire nuovi stadi di proprietà non hanno ricevuto la spinta necessaria dai governi che si sono succeduti nel frattempo, anzi in qualche caso hanno subìto un rallentamento o addirittura un parere contrario.

Certo è che se non si riesce a stare al passo degli altri Paesi soprattutto europei il nostro calcio non sarà mai competitivo, non potrà crescere se i giocatori più importanti e talentuosi verranno strappati via da Club in grado di offrire ingaggi sempre più alti e la visibilità costante determinata da una presenza fissa nei tornei europei più importanti. Questo si rifletterebbe poi anche a livello giovanile, perché i campioni servono come stimolo a migliorarsi e la loro presenza sul territorio è di vitale importanza. In qualche caso i campioni che sono rimasti nell'organico societario anche dopo la carriera sportiva hanno fatto le fortune del Club nei settori giovanili riuscendo a sfornare campioncini in erba che rappresentano il futuro del nostro calcio e della Nazionale.

Il trasferimento di Sandro Tonali è ad oggi quello più clamoroso di questa sessione di calciomercato, ma ci sono stati altri trasferimenti in passato ( Jorginho, Verratti, Donnarumma, Insigne) che hanno fatto parlare e discutere ogni volta sui rimedi possibili ma senza poi portare a nulla di concreto e di immediato. E così ci ritroviamo ogni volta al punto di partenza, a leccarci le ferite di un sistema calcio che non è in grado di far sentire la propria voce nelle stanze che contano veramente. Anche nei confronti della stessa Fifa e Uefa che in un modo o nell'altro sta acquisendo un potere maggiore nei confronti della nostra Federazione che va a discapito poi anche dei risultati sportivi dei nostri Club e della Nazionale (nel caso quella degli U-21) come abbiamo potuto constatare in questa stagione appena conclusa.

Dobbiamo darci da fare, alzare la voce tutti! A cominciare da noi tifosi e spettatori perché si trovi la strada più breve per la ricrescita, per far tornare la Serie A ad essere uno dei campionati più importanti d'Europa in grado di primeggiare con le più titolate squadre della Champions, altrimenti questa farraginosa situazione rischia di portare alla fine di un calcio con una base di qualità che poi si tradurrebbe in perdita di interesse e visibilità.