Cala la sera, al Bar Sport Serie A. E come ogni sera del weekend, tutti tirano le somme, varie vite si incrociano proprio come nei gironi di coppa, perché questo non è un bar qualsiasi, è un bar storico, aperto dal 1893, da quando ancora era un piccolo baretto di borgata, sino ad arrivare ad ora, dopo tante gestioni diverse. Anche quella serata, che vede il classico nutrito gruppo di aficionados già seduti, si arricchisce di un ulteriore elemento importante, che a passo chino, sospirante, apre la porta accedendo all'interno.

Si palesa in questo modo una ragazza di bell'aspetto, con il viso dolce che pare stravolto, come se fosse uscita da un incubo tipico di un romanzo di Stephen King o avesse visto un mostro lovecraftiano. Il barista, sempre intento a pulire il bancone e a preparare cocktail, solleva appena la testa, dato che ci sono delle risatine all'arrivo della nuova arrivata, e che non possono fare a meno di strappargli un sorriso compassionevole, appena accennato agli angoli della bocca. La conosce, eccome se la conosce. E' una delle sue più vecchie clienti, e così poggia lo straccio ed inizia a portare un bicchierino vuoto, che posa delicatamente sulla porzione del bancone dinanzi alla seggiola dove adesso la ragazza prende posto, con un ampio sospiro.

<Fammelo doppio oggi. Anzi, quadruplo, visto come è andata oggi a lavoro.> dice lei al barista, con lo sguardo che, basso, va sul piccolo bicchiere.

<Giornata storta?>

<Perchè, ce ne è una che non lo sia?> commenta lei, sconsolata, iniziando a bere il primo sorso dal bicchierino che il barista, provvido, ha già riempito.

<Andata male anche oggi? Di chi è la colpa?>

<E' inutile ormai chiedersi di chi sia la colpa, amico mio...> mormora la ragazza, guardando malinconicamente il soffitto. <Questo è un periodaccio. Abbiamo il nostro venditore di punta, quello che ha chiuso più polizze in questi anni, che ha iniziato a dare contro al direttore ufficio vendite. Sai cosa ha detto? "Se mi togliete le targhe del miglior venditore dell'anno allora non propongo più nulla". Allora tutti gli altri subito hanno detto "ohè signorino, e noi allora dovremmo lavorare di più per colpa tua? Qua si lavora tutti!" e si sono tutti incavolati.> spiega lei, in preda al più totale sconforto, e vuotando il primo bicchiere, che viene prontamente riempito non appena viene posato sul bancone.

<Si, mi avevi parlato di questa situazione qualche tempo fa, ma pensavo fosse rientrato tutto...>

<Rientrato tutto? Da noi? Da noi non rientra nulla, da noi si mette tutto sotto il tappeto, poi quando il tappeto è bello curvo per via di tutto quello che c'è sotto, qualcuno ci si siede sopra e... Puff! Polvere ovunque.> accompagnando il suo dire gonfiando le guance ed espirando fuori l'aria con un grande sbuffo, volto ad imitarne il suono. <E non ti dico i clienti...andavi a spiegargli che il nostro miglior venditore non ci sarebbe stato, e tutti a chiedere "ma lo avete licenziato? ma torna?", e gli altri colleghi incavolati neri perchè con tutte queste voci non riescono a lavorare!>

<Però, scusami se mi permetto, amica mia...> la interrompe il barista, mentre sta versando un bicchiere gialloblu, che porge con un sorriso al suo proprietario che adesso si allontana <ma a me sembra anche una scusa. Io lavoro da anni, e non hai idea di quanti clienti io abbia visto entrare e uscire da qui, e per questo ho mai rallentato? mi sono mai lamentato?>

La ragazza, con un sospiro, fa di no con la testa, lasciandosi andare ad uno stanco sorriso, che sa tanto sia di approvazione che di mestizia. <E infatti la verità è un'altra, e cioè che nel team ci sono venditori che non sanno fare il loro lavoro. Per cosa li paghiamo, perchè abbiano una amaca per sdraiarsi mentre lavorano, magari con qualche mojito pronto ad essere bevuto? A proposito, fammi anche un mojito.>

<Non si mischia mai, lo sai bene. Rischi di ubriacarti o peggio ancora di stare male.>

<Non mi ubriaco dal 2010.> ammette lei, con una triste risata. <Oh, quanto bevevo all'epoca! Si festeggiava, si rideva, avevamo dei venditori che lavoravano bene nel team, gente che ha fatto la storia dell'agenzia... e ora...> interrompe il suo dire, con un grosso sospiro, mentre alle sue spalle si odono delle urla di gioia, segno che la festa per l'agenzia dell'anno è già cominciata, ed ecco arrivare dei coriandoli bianchi e neri, lanciati dal primo piano del bar, assieme ad un applauso, più generale, per l'addio del loro responsabile vendite e di uno dei veterani della loro azienda, ormai avanti con gli anni ma che ha sempre riscosso grande successo.

E' ancora chiusa nel suo silenzio, quando una vigorosa pacca sulla spalla la desta da quella trance. Si volta per vedere chi sia, e non appena ha stabilito il contatto visivo, alza gli occhi al cielo. Si, è proprio lui.

<Uè cuginetta, sempre in forma smagliante eh? Oddio, mica tanto, ti vedo un pò spenta! Anzi...> e qui si gira, portando le mani davanti alla bocca <quattro volte spenta!> scatenando le risate della sala, con dei cori di approvazione da parte degli astanti.

<Se sei venuto qua per rompere, puoi anche andartene, "cuginetto". Rischi di arrivare stanco per la settimana decisiva per la top four delle aziende.> afferma la ragazza, abbastanza seccata.

<Eddai, cuginetta, si scherza! però fa ballaa l'oeucc, me racomandi, che stiamo arrivando! Torno alla festa, che a vederti così mi fai passare l'allegria! Ciao bela tusa!> e detto questo, si congeda, tornando ai festeggiamenti, e facendo ripiombare nel silenzio quella porzione del Bar dove si trova la ragazza e il barista, che osserva la scena, ben abituato a questo genere di battute. Ce ne sono da sempre, al Bar Sport.

<Amor de' fradej, amor de' curtèj, si dice così vero? Parenti serpenti, insomma.> dice il barista squarciando quel taciturno velo che aveva quasi ammantato i due.

<Lasciamo stare. Lui poi è così, quando la sua azienda va male sta sempre a vittimizzarsi, poi però appena rialza la testa si comporta così...>

<Non lo fa con cattiveria, lo sai. E' il suo modo di essere.>

<Ma lo so...e fa bene ad essere contento, la sua azienda ha scalato le gerarchie nel giro di poco, e ora eccolo lì...pronto. Mica sono rimasti come noi, a pensare a litigare, a rompere...c'è un detto comune, sia nella sua che nella mia azienda, che dice "chi non s'engegna, fa la tegna"...e noi con le mani in mano ci siamo rimasti eccome.>

<Eppure eravate terzi, come è possibile? Capisco che a volte si vendano più polizze e a volte no, ma voi proprio siete rimasti al palo. Scusami, ma il coordinatore del team di lavoro ha detto qualcosa?>

<Oh, lui...non me lo nominare, guarda!> esclama lei, battendo piano il bicchierino sul tavolo e facendo cadere un pò del suo contenuto sul bancone, con un gesto di stizza. <Da inizio anno, al primo meeting aziendale, gli abbiamo chiesto una sola cosa: porta l'azienda tra le quattro, ma non come l'anno scorso, che avevamo i clienti incavolati neri perchè sino all'ultimo giorno utile non sapevamo dir loro se i loro investimenti avrebbero reso al 50% o al 20%...stavolta, per tempo. Ed eccoci qui.> vuotando nuovamente il bicchiere, e facendo cenno al barista di riempirlo ancora, infogata dal discorso. <Non gli si può dire nulla che scatta come una molla, non si può fare un appunto che lui subito perde le staffe, che parla di talpe! Il nostro addetto al controllo qualità ha fatto un sondaggio tra i clienti, e sai cosa dicono tutti? "ma si può sapere in che modo state programmando il lavoro? Ma avete pianificato un piano d'azione? Durante la settimana le fate le riunioni strategiche?" ecco cosa pensano. Non posso dar loro torto, ogni volta quando li si vede al lavoro sembrano tutti svogliati, spenti...basta che un cliente dica di non essere interessato e giù tutti col magone, a dire "e anche quest'anno nella top four non ci si arriva", "l'anno scorso ci è andata bene, quest'anno siamo fregati", "è finita"...gente senza un briciolo di autostima.> espira forte col naso, stizzita e non poco per quanto ha appena detto <e il coordinatore che fa? Niente, sta lì, scuote la testa, accusa tutti, dice che non c'è entusiasmo ma il primo ad avere il muso è lui...anche quando lo intervistano, sempre questo tono saccente, seccato...ovvio che poi i clienti guardano la nostra azienda di traverso! Cosa si pretende? non dico di andare a lavoro come si va alle giostre, ma insomma...un pò più di brio. E soprattutto...soprattutto...un minimo di tatticismo! I clienti ce lo stanno dicendo ogni volta: "basta essere così poco aggressivi! Siate più spregiudicati! Siete un'azienda storica e vi comportate come se vi steste affacciando ora nel campo!". E sai quale è la cosa che fa più arrabbiare? lo sai?> chiede al barista, che si limita a fare no con la testa, per far si che possa sfogare per bene senza interrompere il flusso delle parole <...è che hanno ragione.>

<Allora fate qualcosa, no?>

<Ci abbiamo provato in tutti i modi... abbiamo detto di limitarsi sui social, visto che i clienti leggono tutto, e invece no... abbiamo detto di stare tranquilli e concentrati, e invece lavorano come se stessero andando al patibolo... chiediamo loro di essere più briosi, e invece perdono tempo a litigare tra di loro, oppure a farsi gli affari loro... la verità è che c'è gente che non ha voglia di lavorare, oppure venditori mediocri che teniamo solo perchè si impegnano... abnegazione senza talento. La quintessenza della mediocrità. Ed è andata così anche oggi...dovevamo fare quello scatto che ci avrebbe permesso di essere tra le prime quattro e invece nulla, immobili e fermi. Non se ne può più, io li capisco i clienti, credimi.

<I vostri poi, sono anche molto esigenti. Giusto, per carità, ma mettono una pressione in più non da poco.>

<Amano l'azienda come si ama un figlio. Incondizionatamente, ma al primo sgarro sono urla. Per troppo amore, immagino. Siamo una grande famiglia, con tutte le problematiche della grande famiglia.> ammette lei, iniziando ad alzarsi in piedi, e a pagare quanto deve, stoppata però dal barista.

<Oggi offre la casa, amica mia. E' stata una giornata storta oggi.> con un sorriso dolce, come quello del genitore che vede il sangue del suo sangue in difficoltà.

<"Oggi"...> ripete la ragazza, sospirando <ma grazie comunque, che stai qua a sopportarmi. Adesso vado, ho i clienti sul piede di guerra e nulla in mano per tranquillizzarli... sarà una settimana dura, durissima.>

<Ci vediamo domenica prossima, e mi dirai come è andata. Non abbatterti prima che sia tutto finito, in una settimana cambiano molte cose, lo hai insegnato a tutti l'anno scorso, e sei riuscita sempre a sorprendere tutti in positivo quando nessuno mai ci avrebbe pensato. E ricordati, sei sempre la benvenuta qui dentro, sei la Beneamata.>

<Meno male che ci sei tu...> con il sorriso più autentico che possa sfoderare, di quelli che provengono dritti dal cuore. E così, superata l'area dei festeggiamenti, apre la porta, e data un'ultima occhiata agli altri astanti in festa, esce dal locale.

Non è facile, essere Beneamata Ambrosiana, detta "Nerazzurra" per i colori del suo completo che sfoggia orgogliosamente da sempre. Non è facile, men che meno ora. Ma deve farsi forza, perchè solo chi lotta può riuscire nei suoi obbiettivi, o si rischia di fare la tegna. Non quella che faceva l'Uomo Ragno, quella perlomeno indicava sicurezza.