Nel giorno che passerà alla storia per aver tolto al mondo il genio puro e cristallino di Diego Armando Maradona, idolo calcistico di tantissimi appassionati di questo stupendo sport e che ha ispirato, per gli amanti dell'animazione giapponese e dei manga, il personaggio dell'acrobatico e fantasioso numero dieci Juan Diaz, gli interisti hanno invece assistito all'ennesima débâcle europea, perdendo due a zero in casa contro il Real Madrid e rimanendo ferma a due punti nella classifica del girone.

In compenso si sono generati, principalmente per bocca del suo allenatore Antonio Conte, diversi miti e leggende che parrebbero assumere quasi vita propria, alla pari delle fate, degli gnomi, dei folletti o degli sciapodi menzionati da Erodoto. I miti e le leggende, come sempre capita nella storia, si basano su avvistamenti spesso poco chiari, frammentari o che si basano su una cultura orale di cui si perde l'origine nella notte dei tempi, e più sono questi passaggi da bocca a bocca, o da penna a penna, più traggono forza e presunta veridicità. Naturalmente, chi si intende della materia o chi ha i mezzi per poterne verificare l'attendibilità sa bene come ridurre vere e proprie leggende a meri fenomeni di costume, a romantici racconti o, più crudamente, di conclamate menzogne. Ecco, nel caso dell'Inter sono sorte diverse leggende che, alla luce del cammino dei nerazzurri di quest'anno, è ora che vengano analizzate e verificate sulla base di dati certi e sottraendole all'empirismo più o meno colpevole di chi le alimenta, proprio come nel celebre programma americano MythBusters che si occupava di sfatare la credibilità di leggende urbane o, appunto, miti.

1) "C'è una crescita esponenziale": falso.
La compagine nerazzurra, sino alla scorsa partita di campionato vinta rocambolescamente col Torino, aveva ottenuto un risultato abbastanza misero: tre vittorie nelle ultime dieci partite, una situazione che non accadeva dal 2016/17 con l'avvio di de Boer che però venne allontanato. In Champions League invece con la sconfitta di ieri si è stabilito un record assoluto: mai nella sua storia l'Inter aveva mancato la vittoria nelle prime quattro partite della fase a gironi. A essere cinici, si potrebbe dire che stanno crescendo esponenzialmente i record negativi.

2) "Oggi l'allenatore dà un impronta, il mio calcio non è gettare il cappello in aria e andare a fare la guerra": falso.
L'impronta tattica di Conte appare talmente confusa e a tratti inesistente da rientrare appieno nel programma MythBusters, paragonandola ai giganti o agli atlantidei. Al momento non si hanno prove tangibili di un qualcosa che vada al di là di un 3-5-2 difensivo con licenza di contrastare, né esiste un gioco offensivo che si basi su azioni ragionate di concerto. Esiste, semmai, una totale assenza di organizzazione, con giocatori che superata la metacampo in fase di possesso non sanno cosa fare poiché i compagni di squadra sono ancora dietro la linea di centrocampo poiché ancora schierati in assetto difensivo, e offensivamente parrebbe di vedere uno spallettiano "palla alla punta e speriamo che segni" come ai tempi del mister di Certaldo, ma con un integralismo sul 3-5-2 tale da far tornare in mente Mazzarri. Tolta la fase della grinta, comune ad allenatori come Simeone o Mourinho, non si vede uno schema elaborato, un'idea di gioco degna di nota, un qualsivoglia programma d'azione, una gestione del risultato ottimale. Si vede solo una squadra capace di fare una falsa e ingannevole densità poiché non porta nella pratica frutti, dato che proprio al centro del campo i nerazzurri perdono una quantità incredibile, allarmante e imbarazzante di palloni.

3) "Vidal è così importante che potrebbe giocare ovunque. Nasce dal fatto che ha capacità realizzative importanti": falso.
Senza scomodarsi a riportare lo zero sia alla voce gol che a quella relativa agli assist, bisogna notare come l'apporto di Vidal a una qualsivoglia partita dell'Inter sia totalmente inesistente se non per i cartellini rimediati, come i due rimediati ieri sera e ampiamente evitabili. Non che i gialli rimediati in altre occasioni fossero invece giustificati, dato che nascono, ad eccezione forse di un paio, da interventi frettolosi, sconclusionati e dannosi, e che nascono solo da un'irruenza mai tenuta a freno e che non porta giovamento alla squadra. Anche in ottica di ripartenze sta mostrando il motivo per cui è stato allontanato dal Barcelona senza particolare patemi d'animo che non arrivassero dai suoi amici dello spogliatoio, visto l'elevato numero di palloni persi, di passaggi sbagliati e di interventi scriteriati. Per chi diceva che Vidal a zero era un affare, si ricordi che questo giocatore dalle succitate caratteristiche viene pagato sette milioni all'anno e che altrettanti gliene andranno versati l'anno successivo, visto che ha firmato un biennale, fortemente voluto da Conte che lo tratta con un favoritismo che nella letteratura classica viene riservata al classico primogenito odiato dai fratelli minori.

4) "A centrocampo siamo squilibrati perché tanti calciatori hanno caratteristiche simili" : vero.
A centrocampo l'Inter ha tanti giocatori dalle caratteristiche simili perché l'allenatore ha deciso che debbano possedere proprio quelle (basti ricordare le critiche a Sensi in fase difensiva) ed è lui il primo colpevole di questo. L'acquisto di Vidal, dalle caratteristiche simili a quelle di un Gagliardini o di un Brozovic o di un Barella, con i rispettivi e necessari distinguo da entrambi su certe minuzie di carattere tattico, è stato, per usare un eufemismo, fortemente caldeggiato dal tecnico. Il resto del centrocampo è composto dal lungodegente Vecino, che in quanto a caratteristiche tattiche non è poi così diverso, e da Nainggolan che versa in uno stato di forma non ottimale, per usare un eufemismo, e che comunque rappresenta un centrocampista di sostanza più che di qualità effettiva. Quello sarebbe al più Eriksen, che però viene schierato a centrocampo con compiti difensivi, sino a vederlo retrocedere fino al limite dell'area nerazzurra, decisamente al di fuori di quella che dovrebbe essere la sua comfort zone collocata invece ben al di là della linea di centrocampo, e non rinchiuso a fare il centrocampista di rottura, mai stato nelle sue corde e che non rappresenta certo il motivo per cui è divenuto tra i migliori giocatori nel suo ruolo. Quindi, anche lo squilibrio è dovuto alle indicazioni dell'allenatore in sede di mercato.

5) "Serve tempo, è arrivata gente nuova": falso.
L'anno scorso Antonio Conte, alle prime avvisaglie di un'Inter non brillante, usava toni decisamente meno concilianti e di lungo periodo: si lamentava di Barella che viene dal Cagliari o di Sensi che viene dal Sassuolo, dimenticandosi anche che Lukaku, Sanchez, Moses, Young, Bastoni , Godin, Lazaro, Biraghi ed Eriksen non erano certo giocatori che militavano all'Inter da anni e anni, ma che sono tutti arrivati la stagione scorsa, alcuni prima del suo effettivo insediamento come nel caso di Godin, altri voluti caldamente da lui come Lukaku, Sanchez, Moses e Young. Eppure l'anno scorso non si sentivano discorsi sul fatto che serve tempo, ma che invece serviva fretta, che si deve vincere subito, che la mancanza di giocatori di esperienza è fatale e che è per colpa di questa che l'Inter non vince, e che con i vecchi invece si vince subito. Il che ci porta a:

6) "Coi giocatori di esperienza e anziani si vince tutto e subito": falso.
La rosa nerazzurra, già ampiamente stracolma di giocatori anziani, è stata puntellata da Antonio Conte che ha voluto assolutamente far arrivare a Milano Sanchez (31 anni), Young (35), Kolarov (35), Vidal (33), oltre all'arrivo di Darmian (31) promesso sposo dell'Inter già da una stagione. Ben cinque giocatori over 30 che vanno ad aggiungersi agli altri sei già presenti in rosa, portando il totale a undici giocatori superiori ai trent'anni. Conte aveva detto, ridetto, ripetuto, straripetuto in più occasioni che è con questi giocatori che si vince. Peccato che, come già detto nel punto 1), questo mito sia stato smentito a più riprese: Kolarov ha giocato delle partite indecorose ed era abbastanza prevedibile, vista l'ultima stagione a Roma; su Vidal parla chiaro il punto 3), già analizzato e smentito; Young è ormai palesemente lento e impacciato sia in fase di costruzione che difensiva, visto che gli manca il passo per star dietro ad attaccanti ed esterni di fascia ben più dinamici di lui, e che rappresentano il 98,7% dei calciatori che militano in Serie A e in Champions League; Sanchez passa tantissimo tempo in infermeria per via di guai fisici che tra nazionale e campionato lo stanno falcidiando, ma questa non è certo una novità dell'anno scorso. Giocatori senza motivazioni, senza voglia, senza carattere e senza prospettive sono il reale motivo per cui questa squadra non andrà da nessuna parte, e il Milan è lì a dimostrarlo: serve un nucleo formato da giovani di talento e di sicuro avvenire, di quelli che noi mandiamo, per via di un'innata gerontocrazia radicata in Italia da secoli e divenuta ormai una consolidata realtà in ogni ambito lavorativo di cui il calcio non è certo un'eccezione, in prestito in ogni parte del globo terracqueo. Basti pensare allo sfortunato Vanheusden, divenuto a furor di popolo capitano dello Standard Liegi e convocato in nazionale, a Zaniolo alla Roma, che prima dell'infortunio incantava per la naturalezza delle giocate, a giocatori come Pirola, mandati in prestito al Monza senza mai giocare, a Dimarco che a Verona non sta certo sfigurando, a Esposito mandato in prestito alla Spal per privilegiare Sanchez, a Pinamonti, ora infortunato ma che non è sceso in campo se non per pochi minuti contro Genoa e Parma, giusto per citarne qualcuno.

La stagione scorsa Conte era troppo occupato a dar contro a Sensi e Barella, senza considerare il fatto che l'Inter della svolta è passata proprio per i piedi di questi due calciatori, il primo nella prima parte della stagione che garantiva un'imprevedibilità al centro del campo mai più riottenuta visti i dettami del tecnico di cui al punto 4), mentre Barella si è consacrato come una delle migliori promesse nel ruolo a livello mondiale, e una delle maggiori promesse in assoluto. Per via del solo talento? No, per via della grinta, dell'abnegazione, della voglia di fare tipica di chi vuole lasciare il segno ed emergere, e non la voglia di andare a prendersi l'ultimo contratto in una squadra dal passato glorioso e limitarsi a scendere in campo senza voglia né motivazioni. Anche l'esplosione di Bastoni non è certo figlia del caso, ma è legata alle medesime considerazioni, e anche se talvolta pecca in irruenza e in smania di fare va rammentato che ha ventun anni, non è certo sulle sue, di sporadiche entrate irruente, su cui si deve puntare il dito, ma su quelle effettuate da giocatori che si suppone abbiano un certo bagaglio di quell'esperienza tanto citata da Conte e mai messa in pratica.

Alla luce di queste considerazioni, si può pertanto sfatare un altro mito:
7) "L'Inter punta sui giovani perché Bastoni e Barella sono titolari": falso, per i motivi succitati.

8) "Contro il Real la partita si è messa subito in salita ed è stato difficile rimettersi in gioco": falso.
L'Inter era abbastanza schiacciata sin dai primi minuti, grazie al gol su rigore di Hazard e al palo di Lucas Vazquez, e anche successivamente a questo micidiale uno-due degno dei migliori boxeur l'Inter non è mai stata in grado di reagire, salvo affacciarsi all'82esimo con un'azione di Perisic. Ma nei primi trentatrè minuti l'Inter ha fatto ben poco, se non limitarsi a stare chiusa e a subire gli attacchi a ondate del Real Madrid, che per quanto sia una squadra in semi crisi è naturale che mostri le sue qualità se non aggredita.

9) "L'Inter ha carattere": falso.
Una squadra che ha carattere non passa il tempo a subire gli attacchi degli avversari o a reagire dopo essere andata in svantaggio come contro la Fiorentina o il Torino, o a non sapere amministrare il vantaggio come spesso è capitato. Quello del fatto che una squadra rimonta perché ha carattere è forse il mito che sta creando maggiori aspettative e gioie nella tifoseria, ma purtoppo è e resta un mito. Ricordarsi di giocare in un campo da calcio, e che pertanto comporta il muovere il pallone dinamicamente da un lato all'altro del campo impedendo all'avversario di entrarne in possesso, solo quando si va sotto è al più una reazione emotiva, ma questa si può ritrovare anche nei bambini più calmi che si arrabbiano quando viene sottratto loro il giocattolo preferito. Nasce e muore in quel breve istante che separa l'oggetto del desiderio dalle proprie mani, nasce estemporanea e muore estemporanea, non è un qualcosa di coltivabile, e l'Inter lo sta dimostrando alla perfezione. Lo scarso cinismo sottoporta, l'eccesso del gioco di sponda vicino all'area di rigore, il toccare la palla più volte prima di smistarla, sono dei segnali di allarme circa l'incapacità di prendersi responsabilità, di una trama di gioco, di qualunque cosa richieda ardimento e decisione. E no, incavolarsi come Brozovic ogni volta che non ottiene il passaggio che vuole non rientra nel carattere. O meglio, vi rientra, ma nel pessimo carattere, come quello di Vidal.

10) "Vidal è un giocatore a cui piace offendere": vero.
La prova della veridicità di questa affermazione di Conte è stata verificata una volta di più ieri sera.

11) "Eriksen è un giocatore che si è ambientato e che verrà messo nelle condizioni di esaltare le sue caratteristiche tecniche": falso.
La gestione di Eriksen è stata, ed è, platealmente ingiusta e ingrata. Far entrare un giocatore come lui all'86esimo per più partite di fila, trattandolo come un primavera a cui si regala la gioia del debutto in Serie A, suona come uno sfregio terribile nei suoi confronti. Che non ci sia simpatia reciproca e che Eriksen talvolta manchi di verve sono due verità indubbie, ma bisogna anche pensare al come Eriksen viene schierato in campo, e che si lega al punto 4). Un calciatore con le doti del danese va impiegato all'altezza della trequarti con libertà d'azione, così come gli garantiva il 3-4-2-1 dei tempi del Tottenham di Pochettino, un trequartista capace di svariare su tutto il versante offensivo con licenza di inventare, così come Sneijder era esaltato da Mourinho nel suo 4-3-1-2 dove, slegandolo totalmente da ruoli difensivi, gli dava carta bianca su che zona occupare e mostrare tutta la sua classe. Con Conte però i discorsi sono diversi: all'allenatore nerazzurro non piace lasciare libertà d'azione ai suoi uomini più fantasiosi, perché con la fantasia non si difende, che è invece il suo primo credo. Il risultato è vedere Eriksen sulla fascia destra, ai limiti della zona di competenza di un terzino, nel tentativo di recuperare un pallone, oppure ai limiti dell'area di rigore per aiutare i difensori in fase di ripiegamento. La logica e prevedibile conseguenza tattica è quella del ritrovarsi il trequartista troppo basso, e che non può pertanto gestire il pallone mandandolo all'uomo in grado di innescare l'attaccante poiché, in un dualismo molto simile al "Visconte dimezzato" di calviniana memoria, diviene lui stesso sia il calciatore che deve mandare il pallone all'uomo in grado di innescare l'attaccante, sia il calciatore che deve ricevere il pallone in quanto deve innescare l'attaccante. Pertanto, è naturale che Eriksen non si trovi a suo agio in un rigido 3-5-2 improntato sulla difesa, dove non può sfoggiare nessuna delle sue qualità peculiari e dove è costretto in compiti non nelle sue corde.

12) "Il trequartista lo uso ma è un trequartista mascherato": falso.
Per via della rigidità del suo credo calcistico, Conte non ha in mente cosa sia un trequartista, così come non la aveva Mazzarri. Conte vede il centrocampo come un'entità unica, un singolo, colossale blocco di marmo che non deve essere nemmeno scolpito, ma deve essere ammirato nel suo essere grezzo e immutabile. Il trequartista "mascherato", come Conte aveva definito Barella dopo il pareggio contro l'Atalanta, non è altro che un calciatore, posizionato in un'area vicina alla linea del centrocampo, che ha il compito di fungere da raccondo tra centrocampo e difesa, col compito di rompere il gioco avversario e di portare palla fino all'attacco o di servire l'attaccante o l'esterno per portarli poi all'ultimo passaggio o all'assist vincente. In altre parole, i compiti di un banale, scolastico, centrocampista centrale. Motivo per cui Barella in quel ruolo si trova a suo agio ed Eriksen no.

13) "I giocatori giocano ogni tre giorni, viaggiano con le Nazionali": vero.
Come è vero che è una giustificazione che possono usare tutte le squadre che giocano le coppe e che hanno giocatori convocati in nazionale e che invece non risentono di problemi di natura tattica, ma più che giustificazione, che la Treccani definisce come "l’atto, il fatto di giustificare (nel senso sia di dimostrare sia di riconoscere giusto), e anche di giustificarsi, d’essere giustificato", sarebbe più propriamente definirla per quella che è: una scusa, ovvero una "giustificazione non rispondente a verità, motivo non vero o comunque secondario di un’azione o di un fatto". Molto più calzante.

14) "Lavoriamo sotto questo punto di vista: essere credibili e dare gioia ai tifosi", e questo è l'ultimo mito che mestamente tocca sfatare, è falso. Perché non c'è ombra né di credibilità, dato che i giocatori non sembrano avere un'idea sul cosa fare e come farlo, né c'è l'aria di dare gioia ai tifosi, semmai quella di chiedere loro tempo dopo che si era loro promesso che con l'esperienza si vince e che è meglio sacrificare un anno di un progetto di lungo periodo per alimentare l'egocentrismo di un allenatore. Dall'altro lato di Milano stanno dimostrando l'esatto opposto, e cioè che si vince con la freschezza, con un gruppo coeso e con dei giovani promettenti e che possano portare il Milan in alto per ben più di una stagione.
Inutile sperare che all'Inter si decida di fare lo stesso progetto: gli interisti sono quelli del tutto e subito, quelli che fischiano un primavera all'esordio al primo tocco sbagliato, quelli che dimenticano che Zanetti e Cordoba sono arrivati all'Inter giovanissimi, quelli che si esaltano per l'arrivo di Kolarov e Vidal perché "a quelle cifre sono un affare". Ecco, meglio aggiungere altri due miti da sfatare:

15) "Comprare dei giocatori finiti a poco è un qualcosa che può alzare il tasso tecnico di una squadra che vuole considerarsi di alto livello": falso.
E per finire l'ultimo, stavolta per davvero, ma emblematico:
16) "L'Inter è una squadra da scudetto": falso.
E i motivi sono compresi in tutti e quindici i punti passati.
La speranza è che non servano altri miti da sfatare, ma che si inizi a prendere coscienza della realtà dei fatti: a volte può essere anche più coraggioso di inseguire delle false illusioni.