"Anti-Juve". "Candidata allo scudetto". "Squadra che può dire la sua in campionato". Questa è solo una piccola parte del corollario di titoli con i quali le maggiori testate giornalistiche indicavano la squadra nerazzurra. Naturalmente il vero tifoso interista, quello che non si fa abbacinare da suggestioni false ed irrealizzabili quali Modric e Rakitic, in cuor suo lo sapeva, o magari coram populo lo sosteneva con forza: non è vero. E infatti non lo è stata.

Molta ironia si spreca sul ruolo di Marotta in tutto questo, ma la verità è un'altra, e cioè che anche prima non è che le cose stessero andando molto bene. Il terzo posto che occupava l'Inter, più per demeriti di altri che non per reali meriti, è servito se non altro a creare un divario utile in caso di tracollo, una sorta di polizza assicurativa per il quarto posto, e che mai come ora si è rivelata fondamentale. Perchè chi lodava questa Inter, chi lodava la grinta dell'Inter che in Champions mostrava cuore e coesione, ben presto si è dovuta rendere conto che, al di là di questa momentanea garra, i nerazzurri erano questi che si vedono adesso. Tutto qui. Un guscio vuoto, senz'anima e senza grazia, una busta che ondeggia trasportata dal vento, in balia delle correnti. Ecco, forse questa è il vero motivo per cui questa Inter è questa Inter: è in balia delle correnti.

Innanzitutto, le correnti della squadra, e su queste il buon Marotta può fare ben poco. Molti giocatori, sia per demeriti propri che per limiti tecnici, non rendono e non fanno rendere la squadra al meglio. Se a questo si aggiunge uno spogliatoio ormai ridotto a una polveriera, il quadro può definirsi completo. Da un Icardi che si rifiuta di scendere in campo per imprecisate motivazioni personali a un nutrito gruppo di giocatori che proprio non digeriscono la presenza dell'ex capitano, è chiaro che per molti l'Inter non è una squadra di calcio, ma un circolo, una bocciofila, dove ci si crea il proprio gruppetto di amici e si guardano male gli altri, magari facendo una bella pernacchia al momento del lancio della boccia, oppure di un colpo di tosse quando si sta giocando a briscola.

Il problema non è tanto l'esistenza di gruppetti, che sono purtroppo esistiti e sempre esisteranno all'Inter (basti pensare alla colonia argentina e brasiliana dell'Inter del triplete), quanto la mancanza di attaccamento alle sorti della squadra. Laddove prima vi erano veri leaders come Julio Cesar, Maicon, Materazzi, Samuel, Cambiasso e Zanetti, adesso vi sono: Icardi, che mostra tuta la sua professionalità non giocando solo per l'assenza della fascia al braccio; Handanovic, che non riesce a trasmettere carisma e grinta ai suoi compagni di squadra; D'Ambrosio, che due anni fa ha ammesso che "l'Inter e i giocatori hanno un pò mollato"; Vecino e Borja Valero, la desolazione fatta centrocampisti; Brozovic e Perisic, tecnicamente tra i migliori dei nerazzurri ma non altrettanto sul piano dello spirito di gruppo. Uno scenario preesistente all'arrivo di Marotta. Quanti ricordano le tenere dimostrazioni d'affetto di Icardi verso chiunque non gli passasse la palla? Quanti ricordano Perisic e Icardi mandarsi a quel paese durante le partite? Questa può essere una squadra, intesa nel suo significato più puro di gruppo che lotta unito vero un obbiettivo? No. E infatti non lo è. E' un accrocchio di calciatori messi quasi a caso e che scendono in campo assieme. Non proprio una squadra unita, ma perlomeno tutti scendono in campo con la stessa maglia. A parte Icardi: lui non scende manco più in campo.

Marotta ha provato a mettere una pezza, richiamando all'ordine Perisic, Icardi e Nainggolan, ma chi per un motivo e chi per un altro si sono rivelati non all'altezza: Perisic continua a mostrare pericolose altalenanze di prestazioni; Icardi continua a stare fuori dal campo, e che sia per la fascia o per altri suoi problemi ormai non fa più alcuna differenza; e Nainggolan si è, come era prevedibile, dimostrato un pessimo acquisto sia per motivi caratteriali e sia per problemi fisici. Che spesso derivano sempre da problemi caratteriali, non si scappa dal serpente che si morde la coda. Proprio come il leggendario ouroboros l'Inter ha degli atteggiamenti che si ripercuotono nel tempo, ciclicamente. A meno che Marotta non lavorasse all'Inter anche negli ultimi quattro anni, il che sarebbe un problema: bisognerebbe corrispondergli gli stipendi non corrisposti, e in questi tempi può essere un problema.

Se i problemi finissero qui si potrebbe almeno pensare che inserendo linfa nuova si sarebbe potuto ovviare a questa situazione, e invece, per inserire giocatori del vivaio, si è dovuta aspettare una situazione di emergenza come quella di questi tempi, e il tutto per colpa di quello che sarebbe dovuto essere il timoniere dell'Inter del rilancio, e che invece sta affondando assieme al resto della squadra: Luciano Spalletti. Anche durante la partita di ieri, laddove altri allenatori si sarebbero mostrati quantomeno dispiaciuti o arrabbiati, il tecnico nerazzurro ha risposto con una laconica abulicità, quasi rassegnato nel vedere l'errore di De Vrij culminare nella rete che poi determinerà il cammino europeo dell'Inter. Un allenatore che pur di non mettere dall'inizio un ragazzo della primavera preferisce inserire Keita, di ritorno da un infortunio grave, in un ruolo a lui non perfettamente congeniale quale quello di attaccante unico. Un allenatore che toglie un terzino per inserire un altro difensore, che tanto ricorda quei cambi dell'ultimo Ranieri che con la squadra in svantaggio inseriva difensori, mostra quanto lo stesso Spalletti non sappia che cosa fare. Il carattere dell'uomo poi non aiuta assolutamente: la costante ricerca di nemici contro la sua persona e il fare saccente e presuntuoso in conferenza stampa non aiuta nemmeno a generare empatia nei suoi confronti. Per non parlare delle continue bordate contro la società, che certamente non fanno il bene di coloro che stanno provando ad allestire una squadra.

Insomma, è evidente come questa, tra molte file di virgolette, "squadra", sia organizzata male e allenata peggio, senza il barlume di un'idea o di una intenzione. L'anno prossimo, dove Marotta sarà davvero artefice del mercato nerazzurro coadiuvando Ausilio, si vedranno i meriti e i demeriti del suo operato, ma perlomeno una cosa deve essere chiara a tutti: si sta cercando di fare tornare l'Inter una squadra di calcio. Che si cerchino giocatori volenterosi e di talento, possibilmente giovani, per poter riportare l'Inter a vincere sul lungo periodo. Via giocatori vecchi e non futuribili che passeggiano per il campo. Via giocatori che peensano maggiormente alle loro beghe personali che non al bene della società. E via chi non ha voglia di stare in questa squadra.

Insomma, serve cambiare tutto. Di nuovo. E la pazienza inizia seriamente a venire meno.