All'interno della storia del mondo è riscontrabile una certa ciclicità negli avvenimenti. Che sia in occasione di crisi economiche o di cambi di governo, a volte il corso del tempo è come se subisse dapprima un rallentamento, per poi tornare indietro, sempre più velocemente, ed è quando si arriva in questa fase che sembra quasi di vivere un dejà vu.

In questo ultimo periodo per l'Inter sembra che le cose stiano andando proprio così. Dopo un inizio di stagione da incubo, tra errori macroscopici e vistosi cali di concentrazione, la quadra sembrava essere stata trovata: 4-2-3-1 come modulo, Perisic e Icardi come punti fissi, Skriniar-De Vrij come titolari inamovibili, e Brozovic arretrato sulla mediana per avere più libertà sia in fase di impostazione che di interdizione. Da lì, la strada pareva avviarsi, se non in discesa, quantomeno meno accidentata, e l'Inter iniziò a raggranellare alcune meritate vittorie, altre meno, come spesso accade nel calcio e nello sport in generale.

Ultimamente, qualcosa è cambiato, anzi, diverse dinamiche sono cambiate, e con essi alcuni giocatori.

Perisic, che dichiarò di essere rimasto per rispetto e gratitudine nei confronti di Spalletti, ormai da tempo ha mostrato la sua voglia di Premier League: le numerose interviste in questi recenti mesi non lasciano spazio a dubbi. Eppure, la gestione dell'esterno croato ha subito un tracollo difficilmente prevedibile anche per i più accorti tra gli addetti ai lavori e i tifosi. La fine del rapporto, che, questo si, era scontata e preventivata per la sessione estiva del mercato, adesso ha subito una rapidissima accelerata. Il giocatore vuole andare via ora, già a gennaio, arrivando al rifiuto di scendere in campo, cosa che ha scatenato la reazione di Marotta e di Spalletti, profondamente deluso. Tanto quanto lo erano i tifosi, ormai stufi della sua discontinuità e che ormai aspettano quella che si delinea come una necessaria separazione.

La vicenda Icardi è stata ampiamente discussa da tutte le testate giornalistiche, nonostante gli inviti alla calma di Marotta, che mai come in questo momento dovrà fare appello a tutta la sua forza per riuscire a tenere sotto controllo tutte queste difficili problematiche.

Anche sul fronte allenatore le cose non sembrano andare molto bene, e le due partite con Sassuolo e Torino stanno confermando un pericoloso precedente: quella dell'Inter invernale, insicura, psicologicamente fragile e senza una precisa idea di gioco. La partita di oggi, in questo senso, ha dato (e darà) molto su cui commentare.

Anzitutto, il modulo scelto. Che l'Inter sia una squadra, per necessità o per precisa volontà dell'allenatore, costruita sul 4-2-3-1 è un dato abbastanza palese. Le assenze di Vrsaljko e di Asamoah pare abbiano convinto il tecnico di Certaldo a puntare su un modulo abbastanza insolito, ovvero il 3-5-2. Le intenzioni di creare maggiore densità al centro del campo possono anche essere considerate buone, ma è lapalissiano come sia D'Ambrosio che Dalbert siano più dei terzini da difesa a quattro che non esterni di centrocampo: nella partita odierna gli spunti dei due esterni hanno portato a esiti disastrosi, dato che i due, non certo dei fulmini di guerra, hanno evidenziato delle lacune evidenti sia in attacco che in difesa, non riuscendo efficacemente a ripiegare, salvo in qualche sporadica occasione, e in fase di costruzione del gioco si sono rivelati nulli. La differenza fondamentale tra i due è il fatto che di D'Ambrosio si conosce quello che può essere il suo massimo apporto ed i suoi limiti, mentre da Dalbert ci si è sempre aspettati di più.

Sfortunatamente, il "di più" non è mai arrivato. L'esterno brasiliano non ha mai convinto nè Spalletti nè i tifosi, che non vedono da parte sua alcun apporto utile per le sorti della squadra, alcuna dote tecnico-tattica, nè soprattutto caratteriale, come un soldato tremante alla vista dei primi nemici, che spesso paiono provenire proprio dalla sua testa. E' evidente come il giocatore abbia paura di sbagliare ogni minimo tocco di palla, e blocchi mentali come questi, in squadre importanti e che generano molta pressione tra le quali vi è l'Inter, sono assolutamente inaccettabili, e non è stato certamente un gol contro l'onesto ma poco probante Benevento ad illudere la piazza.

Altro nodo è quello di Handanovic. Il portiere sloveno, per l'ennesima volta, ha sfoderato una curiosa tecnica di parata, assai inefficace ma cionondimeno curiosa, chiamata "parata di sguardo": ci si limita ad un esercizio di, se così può chiamarsi, "ball-watching", come il birdwatching tanto caro a coloro che osservano il volo degli uccelli, ma effettuato con i palloni che cercano di entrare in porta. Li si studia, li si osserva con attenzione, senza provare ad impedire in alcun modo di deviare il loro corso, con la rigidità del veterano giocatore d'azzardo che osserva la pallina ruotare sulla roulette sperando che tutto vada come lui ha previsto. Anche in occasione del gol di Izzo, ha osservato il colpo di testa del torinese passargli affianco, debolmente ed ininfluentemente deviato da D'Ambrosio, e lo ha guardato finire in rete, nonostante avesse tecnicamente tutto il tempo necessario per poter tentare un intervento, un tuffo, un allungamento del braccio, una opposizione con la mano. Niente di tutto questo, palla in rete e sconfitta uno a zero. Un portiere che viene definito come il migliore in Italia (il che dovrebbe portare a molte riflessioni sul valore dei portieri attualmente presenti nel nostro campionato), non può permettersi black-out di questo tipo, ma vista la ripetitività di questi comportamenti, non resta che prendere atto del fatto che Handanovic è questo: un portiere capace di parate miracolose, così come di addormentarsi lasciando scivolare i palloni in rete. Purtroppo, soprattutto per un portiere, la discontinuità è un punto di debolezza terribile, e a rimetterci è tutta la squadra.

Chi pare aver superato la discontinuità è Brozovic, ormai a suo agio nel ruolo di interdittore e di playmaker nerazzurro, ma che naturalmente non può fare tutto da solo. Privo di ricambi all'altezza, Spalletti è costretto a fare ruotare il resto dei centrocampisti, ognuno con una mancanza, come nel Mago di Oz di Lyman Frank Baum: a Vecino manca una collocazione tattica; a Borja Valero il passo; a Gagliardini la tecnica; a Joao Mario il coraggio; e a Nainggolan la forma fisica.

Nainggolan, ecco un altro argomento delicato in casa nerazzurra. Acquisto fortemente voluto dall'allenatore, che in nome del suo talento non ha esitato a sacrificarne uno dal sicuro avvenire come Zaniolo, vive in una sorta di calo di forma costante ed inesorabile, che lo rendono incapace di incidere, o di scendere in campo per tutti e novanta i minuti, o forse addirittura di non poter reggere neppure un tempo intero. Un giocatore su cui l'allenatore si è giocato la faccia: ha decantato le lodi di gran giocatore e di uomo gestibile, ma il fatto che alle porte di febbraio il belga risulti ancora non in condizione è un problema non di poco conto. Le somme si trarranno alla fine, ma arrivati a metà del tragitto non sembra sia stata l'Inter a beneficiare da questa operazione di mercato sin dall'inizio molto discutibile.

Proprio per via di questa cronica assenza di qualità a centrocampo, dare vita ad un modulo che comprende ben tre centrocampisti è sembrata una scelta azzardata, sebbene efficace per agevolare il contenimento e le ripartenze. Il problema però sta proprio in questo: orfana di giocatori abili nel palleggio, il centrocampo dell'Inter si è limitato ad un lavoro di esclusivo contenimento, dato che nè Vecino né Joao Mario hanno mostrato il benchè minimo spunto creativo, fosse anche solo abbozzato, e la conseguenza di ciò è stata il cercare la giocata in modi improvvisati e rischiosi, come l'avventura a centrocampo di Skriniar, che ha rischiato di causare un danno non da poco. Quando il difensore, non vedendo sbocchi, decide di portare palla ben al di là del cerchio di centrocampo, è evidente che c'è qualcosa che non va.

Icardi e Lautaro Martinez invece, hanno mostrato i cenni di una intesa importante: si sono cercati e trovati, hanno aiutato in fase difensiva, e servito palloni importanti ai compagni che però non sono riusciti a sfruttarli efficacemente. E' tornata l'Inter dei blocchi separati quanto la Germania Est e Ovest all'epoca del muro di Berlino, con i centrocampisti da una parte e gli attaccanti dall'altra, ognuno in balia di sè stesso, senza una impronta di coesione.

Le sostituzioni, se possibile, hanno peggiorato solo le cose e hanno mostrato più confusione di quanto prima già non ci fosse. Il primo cambio è stato Nainggolan per Miranda, ovvero un trequartista per un difensore centrale, con l'idea di creare maggiore gioco e sfruttare i lampi di classe del fantasista belga, che però in questo periodo di fantasia sembra averne ben poca, tanto quanto la sua autonomia. Anche al netto di un cambio modulo, che passa a un più scolastico 4-4-2 con centrocampo a rombo composto da Brozovic mediano, Joao Mario e Vecino centrali e Nainggolan trequartista, non cambia assolutamente nulla, e la partita resta nelle mani del Torino.

Il secondo cambio è Politano per un evanescente ed impreciso Joao Mario. Questo porta a pensare ad un 4-3-3, ma vi è un problema non da poco: mentre il nuovo entrato, che parte bene creando nuovi spunti, si colloca sulla fascia destra, nessuno si colloca in quella sinistra, dove Dalbert, già sotto pressione e con una prestazione pesantemente insufficiente, deve correre per coprire due ruoli, quello di terzino sinistro, e di esterno sinistro. Il risultato è quello di vederlo spedire tre cross sulla linea di fondo, assolutamente imprecisi e sbilenchi. Sembra quasi di vedere un 4-2-4 ma senza nessuno sull'esterna sinistra d'attacco, dato che nè Icardi nè Lautaro paiono allargarsi.

E perciò, altro cambio altro modulo: dentro Candreva per Vecino, e 4-2-4. Quattro moduli nella stessa partita. Ma, a sorpresa, gli esterni si collocano nelle fasce opposte ai loro piedi dominanti, con Candreva a sinistra e Politano a destra. L'esterno ex-Sassuolo ha giocato a destra pressochè sempre in stagione, ma per via del fatto che Perisic era un titolare inamovibile. Resta perciò una scelta singolare quella di schierarlo ugualmente a destra anzichè mettere entrambi gli esterni in condizioni di poter sfruttare appieno le loro capacità. A questa confusione tattica pone rimedio Politano, che si fa espellere con un rosso diretto per proteste, lasciando la squadra in dieci uomini per il finale di partita, e gettando ombre desolanti per le prossime gare: senza di lui, che pare essere uno dei pochi in grado di esprimere qualità nelle giocate, a chi ci si dovrà rivolgere per creare spunti vincenti in zona d'attacco? Quello della protesta troppo veemente è stato un gesto che poteva tranquillamente risparmiarsi.

Insomma, l'Inter pare versare di nuovo nel caos più completo, e le speranze ora sono riposte negli arrivi di gennaio. Il problema pare essere soprattutto mentale, ed è qui che bisognerà intervenire con urgenza. Anche perché in questo campionato l'unica certezza è rappresentata dalla Juventus.

Il terzo posto, al contrario, è tutt'altro che blindato. Ed è ora che questo concetto entri in testa prima che sia troppo tardi.