Quella tra Mauro Icardi, ormai ex bomber nerazzurro, e l'Inter, società proprietaria del suo cartellino, è una storia che ormai prosegue ininterrotta da mesi, tra colpi di scena e manovre eclatanti. Se fosse un film, almeno per il titolo, non potrebbe che essere il capolavoro di Ettore Scola, "Ci eravamo tanto amati" del 1974, dove si narrano le vicende di tre partigiani divenuti amici durante la Resistenza, e che ritornano alla loro vita una volta conclusasi la Seconda Guerra Mondiale. Al contrario, quella tra il calciatore nerazzurro e la dirigenza è una guerra ancora in corso, e ben lungi dal terminare, sebbene la chiusura del mercato sia alle porte: proprio come in guerra, pochi giorni sembrano essere anni.

"Guerra" non può che essere la parola più adatta per descrivere la situazione attuale, una guerra affatto silenziosa, ma roboante, pubblica, percepibile da tutti e sbattuta su ogni quotidiano, creando un qualcosa che fino ad allora non si credeva possibile: proprio come la Prima Guerra Mondiale. Ed è in occasione di questo epocale e cruento conflitto che una sino ad allora non troppo sbandierata strategia bellica passò alla storia in modo indelebile: quella delle trincee. Quei lunghi canali, che servivano a difendere non solo i confini che cambiavano anche solo di qualche metro, ed anche i soldati al loro interno, divennero l'emblema stesso del primo conflitto mondiale. Quella tra le due parti in causa, calcisticamente parlando (e forse a breve anche giuridicamente), non si differenzia molto: entrambe sulla difensiva, senza che cambi alcunchè.

Chi avrebbe mai potuto pensare, all'epoca, che quella fascia della discordia potesse deflagrare in un modo così devastante? Forse neppure i protagonisti stessi. E a differenza della Prima Guerra Mondiale, di cui si conoscono le cause scatenanti, in questo caso non si hanno notizie certe. Si potrebbe pensare alle complicate trattative per il rinnovo, le ennesime, con le altrettanto ennesime richieste di aumento di stipendio, pretese da chi diceva di voler emulare Zanetti. Un paragone notevole, e che fa certamente effetto allo stato attuale delle cose. Secondo altri, la eccessiva mediaticità della moglie-procuratrice-showgirl-presentatrice-modella Wanda Nara, che con alcune sue caustiche dichiarazioni ha fatto terra bruciata tra il marito-assistito e la società. Dire che "all'Inter non si muove foglia che Icardi non voglia", per parafrasare un noto adagio, unito a numerose altre esternazioni, potrebbe avere inasprito i rapporti, così come il voler esibire sulla pubblica piazza il modus operandi delle trattative di rinnovo. Oppure i cosiddetti litigi con il clan croato (anzi, il clanetto, visto che i croati erano solo due) e soprattutto con Ivan Perisic, altra stella di quell'Inter che ormai ha cambiato volto, hanno esacerbato tanto gli animi al punto da allontanare i due contendenti? Chi può dirlo. Le voci sono tante, ma di certezze non si trova traccia.

Quale che sia la causa scatenante, l'Inter decise di togliere ad Icardi, con uno striminzito comunicato, la fascia di capitano che gli venne assegnata nel 2015. La ragione che portò Mancini a proporre l'idea, e la società dell'epoca ad accettarla, può ritrovarsi nel voler blindare il giocatore in chiave mercato, per renderlo così più difficilmente "attaccabile" da altri club. E così come la società gliela diede, la società gliela tolse. Un pò come accadde a Ranocchia, defraudato della fascia e che, silenziosamente, si ritagliò un ruolo di gregario perdurante ancora oggi. Il seguito è noto: il calciatore argentino rifiuta la convocazione per la partita di Europa League contro il Rapid Vienna, e per un mese non scende in campo adducendo dei problemi fisici, forse non creduti fino in fondo dalla società nerazzurra. Il rapporto con buona parte del tifo ormai però è segnato, e sono in molti a chiederne la cacciata. Il tifo nerazzurro si spacca, come l'Italia prima della guerra, tra interventisti e neutralisti: i primi chiedono che Marotta continui la linea dura contro il centravanti; i secondi chiedono che la situazione si riappacifichi in occasione del finale di stagione per poter raggiungere con facilità gli obiettivi, sacrificando la linea dura in nome del pragmatismo. Icardi, seppure con risultati non esaltanti, alla fine ritorna in gruppo ma la pace non arriva. Come spesso accade in guerra, purtroppo.


E' notizia giusto di questa sera la probabile causa che Icardi intenterà nei confronti dell'Inter, chiedendo un milione e mezzo di risarcimento e il reintegro immediato, causando stupore ed irritazione tra i dirigenti, sempre se le voci venissero confermate. Una rottura senza mezzi termini, ma di cui si fatica a capire il motivo. Icardi dopotutto si sta allenando con regolarità, essendo stato reintegrato nelle sedute atletiche, quella che ogni calciatore svolge per mantenere intatta la sua condizione fisica. La seduta tattica, invece, di cui lamenta l'assenza, è a discrezione dell'allenatore, che può liberamente decidere di non ammettere un calciatore per via di scelta tecnica. In altre parole, il non far partecipare Icardi è una sua libera scelta di Conte, dato che non si può imporre a un allenatore una convocazione.

Ma cosa dice l'Accordo collettivo dell'Associazione Italiana Calciatori? L'art.7, ad esempio, recita: "la Società fornisce al Calciatore attrezzature idonee alla preparazione e mette a sua disposizione un ambiente consono alla sua dignità professionale. In ogni caso il Calciatore ha diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra, salvo il disposto di cui infra sub art. 11", ovvero inadempimenti e clausole penali. Al momento il calciatore si sta allenando con la squadra, venne convocato per il precampionato in quel di Lugano e, quando ebbe problemi fisici, potè contare sullo staff medico nerazzurro, che stilò per lui un programma apposito per poter tornare nel pieno della condizione. Pertanto secondo l'opinione di chi scrive, almeno stando a questo punto, non dovrebbe poter sussistere un caso di mobbing. L'art.10 comma 3 invece stabilisce che "il Calciatore deve evitare comportamenti che siano tali da arrecare pregiudizio all’immagine della Società", punto su cui probabilmente l'Inter imbastirà la sua difesa.

Fino ad arrivare al piatto forte, ovvero il famoso articolo 15 del Regolamento FIFA: "Un professionista affermato che abbia disputato, nel corso di una stagione agonistica, meno del 10% delle gare ufficiali alle quali partecipava la sua società, può risolvere il suo contratto prima della sua scadenza naturale per giusta causa sportiva. Nella valutazione di tali casi, verrà tenuta in considerazione ogni circostanza specifica concernente il calciatore. L’esistenza della giusta causa sportiva dovrà essere accertata caso per caso. Non saranno irrogate sanzioni sportive, anche se può essere richiesta un’indennità. Il professionista può porre fine al suo contratto per giusta causa sportiva solo nei 15 giorni successivi all’ultima Gara Ufficiale della Stagione disputata per la Società per la quale è tesserato". La nozione di "professionista affermato" è molto vaga e lacunosa, tuttavia almeno in questo frangente non sembrano esserci dubbi: Icardi fu convocato nella nazionale argentina ed è stato per due volte capocannoniere della Serie A. Mentre la restante parte al momento non può essere momentaneamente impugnata dal giocatore: infatti, il campionato è iniziato la settimana scorsa, e si dovrà attendere la fine della stagione per valutazioni di questo tipo. Supponendo, per fare un esempio rapido, che l'Inter disputi cinquanta partite ufficiali, Icardi dovrà giocarne almeno cinque e non di meno, pena, come continua poi l'articolo, il poter porre fine al suo contratto dopo due settimane dall'ultima gara ufficiale dell'Inter nella stagione in corso.

Quale che sia il verdetto, la situazione è desolante. L'Inter ha dimostrato di poter fare bene anche senza Maurito, ma queste continue voci ed azioni potrebbero minare la serenità dello spogliatoio e deconcentrare i giocatori, senza parlare anche del danno di immagine alla società. Dall'altra parte un Icardi che rifiuta ogni trasferimento, rischiando di rovinare una carriera che può regalargli tante soddisfazioni. Da un altra parte ancora, per stemperare un pò i toni, ci sono io che alle 05.15 del mattino sto scrivendo questo articolo. Proprio vero: in guerra è difficile per tutti.