È stata una due giorni di Champions League piuttosto positiva per le squadre italiane: passano agli ottavi di finale Atalanta Juventus e Lazio, che l’Inter seguirà davanti alla tv essendo stata eliminata e classificandosi come ultima nel suo girone.

Dea in paradiso
Diciamocelo, anche quest’anno c’era, tra di noi, qualche detrattore dei nerazzurri di Bergamo. L’Atalanta nonostante susciti simpatia nella maggior parte degli sportivi calciofili, lascia sempre un alone di perplessità in molti di noi. Io compreso, conscio del fatto che sia stabilmente tra le big del nostro calcio ormai da un paio di stagioni, non riesco a non meravigliarmi di come questa squadra trovi sempre il modo di migliorarsi. E sfido chiunque a dire ora, che all’epoca del sorteggio dei gironi vedeva l’Atalanta agli ottavi senza particolari grattacapi.
Escludendo il piccolo Midtjylland, l’Atalanta si trovava contro il Liverpool campione d’Europa 2019 e fresco vincitore della Premier League, oltre all’ Ajax, che proprio nell’edizione 2018-2019 della Champions fu l’assoluta rivelazione eliminando Real Madrid e Juventus. L’Ajax di oggi non è più quello di due stagioni fa mi direte voi, e come darvi torto; c’è da dire però che nonostante le variazioni subite dalla rosa dei lancieri, il talento è di casa ad Amsterdam, città dei diamanti in tutti i sensi. 
Il Liverpool di Jurgen Klopp si commenta da solo, nel senso che vincere Champions e Premier League nelle ultime due stagioni lo mette di diritto nella storia, è una squadra che verrà presa come modello di riferimento per i futuri allenatori. E l’Atalanta lo ha battuto, ad Anfield. Anche qui adottando una buona dose di pignoleria c’è da dire che il Liverpool che l’Atalanta ha affrontato in Inghilterra non era proprio al massimo del suo splendore, qualche assenza, soprattutto in difesa, ha reso il compito dei bergamaschi da impossibile a difficilissimo, tant’è; resta un’impresa.

Ed è così che dopo il mezzo passo falso in casa contro il Midtjylland, l’Atalanta vola ad Amsterdam per giocarsi l’accesso alla fase ad eliminazione diretta della Champions League, con due risultati su tre. Si trova davanti un Ajax estremamente prudente, forse con la speranza di deciderla grazie ad un episodio, forse, mi è parso, anche snaturandosi un po’: l’Ajax davanti al quale ci siamo lustrati gli occhi per un biennio non era certo quello visto ieri sera, e a prescindere dalle annate e delle rose a disposizione, la cultura dei biancorossi è sempre stata quella di imporre il proprio gioco, a tutto campo. Cosa che l’Atalanta è abilissima a fare, e seppur meno brillante del solito è proprio grazie a questo fondamentale che la sblocca, aggressione alta di Freuler, recupero palla e verticalizzazione per la velocità di Muriel, che approfitta di un Ajax fuori posizione, ed evitando Onana segna l’1-0. Così finisce il match, l’Atalanta per il secondo anno consecutivo è tra le grandi d’Europa.

Nerazzurri chi?
Lo ammetto, un po’ ci speravo... e giù insulti.
Cari amici interisti la mia non vuole essere la classica esultanza da bar né ieri sera è stata la più nefasta delle gufate e non è neppure un egocentrico bisogno di aver ragione. 
Per chi di voi ha già letto uno dei miei ultimi articoli, sa già come la penso e la pensavo su Conte e l’Inter, riassunto: squadra molto forte, allenatore no. L’Inter è l’unica italiana a non superare in girone di Champions League, i loro vicini bergamaschi a questo punto sono gli unici nerazzurri che tutta Europa ammira.
Per quanto io abbia apprezzato Antonio Conte alla Juventus, specialmente il primo anno, non posso non accorgermi di quanto sia limitato. Fateci caso, cosa c’è di diverso nel Conte versione bianconera e quello di oggi? Ve lo dico io, niente. 

Sono passati 9 anni, e il calcio è cambiato. Se all’epoca l’allenatore leccese era uno dei massimi esponenti della difesa a tre, oggi non è più l’unico, non è più un modulo tipicamente italiano, ha preso piede in tutta Europa. Ne è un esempio l’Inghilterra che per la difesa a tre sembrava avere una specie di allergia, ora adotta questo modulo perfino in Nazionale. Quindi mi chiedo io, se sono riusciti a cambiare, evolversi e adattarsi interi campionati, nazionali e continenti, perché Antonio Conte deve essere considerato grande quando non è in grado di stare al passo con il resto del mondo?
In una cosa però, bisogna dargliene atto, è cambiato... in peggio. La comunicazione.

Se agli albori della sua carriera gli si perdonava qualche uscita, si chiudeva un occhio sulla sua arroganza, anzi la si elogiava come fosse una prerogativa di quelli bravi, adesso la sta, come si suol dire, “facendo fuori dal vaso”.
Certo ieri sera nelle interviste post partite è stato lampante quanto pecchi in questo aspetto fondamentale, ma è solo l’onda lunga di un comportamento che mostra ad intermittenza dall’inizio della sua avventura interista. 
Il problema del tifoso è che spesso si nasconde dietro al risultato e questi atteggiamenti vengono messi da parte in virtù del +3 in classifica, ecco però che quando la vittoria viene a mancare, cade il velo. Adesso Conte è brutto e cattivo anche per i suoi stessi tifosi.
Ringalluzzito dalle vittorie con Sassuolo, Gladbach e Bologna Conte girava tronfio a petto in fuori, come se noi tutti criticoni avessimo peccato di lesa maestà. Ma il calcio è tanto semplice quanto complesso, e come è logico, se ci sono limiti prima o poi vengono a galla, specialmente nei momenti decisivi. L’Inter di ieri era la solita, 3-5-2 Gagliardini in campo Eriksen in panchina, Barella rischiato nonostante avesse dolore ad una caviglia. E con gran sorpresa di Antonio lo Shakthar si mette a specchio: 3-5-2 anche per gli ucraini. 

L’Inter di Conte è ormai ben riconoscibile, gioca prettamente sull’errore dell’avversario riuscendo ad essere pericolosa quando recupera palla e riparte; quando ha provato a dominare le partite ha ottenuto ben poco. Ma d’altronde questa Inter è così su precisa richiesta di Antonio Conte: Vidal Barella e Gagliardini sono tutti centrocampisti di assalto, aggressivi e bravi negli inserimenti... ma se giocano tutti e tre chi li innesca? Questa domanda trova parziale risposta con l’inserimento di Brozovic che quando ha giocato è riuscito a dare qualche linea di passaggio in più, essendo per caratteristiche diverso dagli altri tre, e proprio per questo Conte sembra non gradirlo particolarmente. Hakimi ha tutto per diventare uno dei terzini destri più importanti al mondo ma riesce ad essere pericoloso solo se ha campo davanti a sé da attaccare, e come abbiamo visto ieri sera è bastato trovare una squadra che aspetta nella propria metà campo per annullare il marocchino. Ma Conte è l’allenatore più pagato della serie A, avrà avuto un piano B, o no? No.
Questa domanda sorge spontanea vedendo Hakimi (ma non solo) in palese difficoltà, e non sono l’unico ad essersela posta, anzi Fabio Capello l’ha posta direttamente a Conte nel post partita. Oltre ad una sgradevolissima arroganza Conte mente sapendo di mentire, dicendo di avere un piano B ma di non poterlo svelare altrimenti verrebbe copiato. Si signori e signore, si è lamentato anche di questo, di essere stato copiato dallo Shakhtar. Ora non sono un esperto del settore ma non penso esista un copyright sui moduli di calcio, o una sorta di divieto sul mettersi speculari al proprio avversario, si chiama semplicemente strategia. Oltre a non avere questo presunto piano B, Conte ha praticamente ammesso, tra le righe ma neanche troppo, di non saper cambiare strategia in corsa, di non saper leggere le partite e di avere solo un modulo con movimenti codificati. Chiaramente non potevano mancare lamentele verso arbitri, Var, pali, traverse e portiere avversario che è stato troppo bravo e poteva fare qualche errore. Conte è ancora all’inizio della sua carriera, se ha dei limiti a livello teorico e di tattica li può colmare, non c’è dubbio, ma la cosa di cui secondo me si dovrebbe più guardare, e che dovrebbero altresì guardare le società che lo mettono sotto contratto, è il suo carattere. Poche, pochissime volte l’ho sentito fare autocritica, anche quando la responsabilità era unicamente sua, forse mai gli ho visto tirare fuori un briciolo di umiltà, e il fatto di persistere ed insistere con le sue idee seppur sbagliate ne è la prova. Insomma, l’Inter che lascia la Champions lo fa con grande rammarico, perché il potenziale che aveva e che ha a disposizione l’avrebbe portata lontano, ma era ed è nelle mani sbagliate. Chiamatelo se volete, fallimento.

Severus Pirlo strega il Camp Nou
Per quelli di voi che non sanno cos’hanno appena letto li invito a guardarsi la saga di Harry Potter. Capiranno che Pirlo oltre ad essere un ex calciatore campione del mondo ed ora allenatore, può vantare nel suo curriculum anche l’esperienza come insegnante nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. 
Pirlo detto il “Maestro” condivide questo ruolo di docente con la sua controparte fantasy: è infatti praticamente identico, fisiognomicamente parlando, al Professor Severus Piton, insegnante di pozioni. Non dovesse andare bene la carriera da allenatore avrebbe un futuro assicurato come cosplayer.
Ma per ora la carriera da coach sembra calzargli a pennello, ancora di più dopo la serata di Champions League terminata con un secco 3-0 in casa del Barcellona, passando come primo classificato del girone. Una vera e propria magia.
Certo non eravamo nelle meravigliose Highlands scozzesi, in un ala del castello di Hogwarts, bensì in un Camp Nou completamente deserto, ma lo stesso tirava aria di epicità.
Per la prima volta con la maglia della Juve, Cristiano Ronaldo sfidava Messi, e si sa, ogni volta che si sfidano i due calciatori più forti al mondo l’atmosfera è già di per se epocale, scontro tra titani, Harry Potter contro Voldemort (scegliete voi a chi assegnare i due ruoli) tornando per un attimo alle avventure del maghetto più famoso del mondo. 
Nei giorni precedenti alla partita, forse memori della batosta inflitta dal Barcellona alla Juve nella gara d’andata, in pochissimi credevano possibile battere i blaugrana 3-0 così da assicurarsi il primato nel girone. Ma all’andata non c’era Cr7.
La Juve grazie ad una doppietta del portoghese su rigore ed in mezzo il gol del texano McKennie, strapazza uno dei Barcellona più vulnerabili dell’ultimo decennio, e strappa il pass per gli ottavi guardando tutti dall’alto. E se come ho già detto, questo non è un Barcellona irresistibile, non va però sottovalutata la mentalità messa in campo dai bianconeri e la tattica scelta da Pirlo. Meno compiti tattici per i giocatori in fase di possesso, certo, sacrificando le ali: Kulusevski Chiesa e Bernardeschi tutti in panchina, ma è proprio grazie a questo che è stato trovato un equilibrio mai visto finora. Dunque movimenti e momenti della partita sono stati interpretati alla perfezione. In aggiunta a questo va menzionata la straordinaria compattezza in fase difensiva culminata da uno scippo di Ronaldo a Messi che diventerà iconico. Che Pirlo abbia trovato la sua Juve ideale? 
Una Juve meno liquida per risultati più solidi.

L’Aquila vola agli ottavi
A proposito di liquidi, il prato dell’Olimpico martedì sera ne ha visti parecchi. Un improvviso acquazzone si è abbattuto su Roma negli ultimi minuti della parità di Champions tra la Lazio è il Club Brugge. La Lazio era sul 2-2 e i belgi (in inferiorità numerica) spingevano costantemente sotto il gelido diluvio che bagnava la capitale. Il gioiellino belga De Ketelaere ha sul mancino il pallone che, ormai a tempo scaduto, qualificherebbe ragionevolmente lui e i suoi compagni, ma... traversa. La Lazio resiste ancora una manciata di istanti prima che venga sancita la fine del match con il triplice fischio. Biancocelesti agli ottavi.
Lazio bagnata Lazio fortunata citando un detto popolare personalizzato per l’occasione, o citandone un altro (alla lettera stavolta) “la fortuna aiuta gli audaci” e badate bene, bisogna essere audaci per stare in questa competizione. La Lazio lo è stata, ha vinto prima e pareggiato poi, con il Borussia Dortmund, squadra molto più abituata dei biancocelesti a certi palcoscenici. 

Lazio e Atalanta stanno portando avanti un percorso che dura ormai da qualche anno, con lo stesso allenatore, gli stessi giocatori, puntualmente integrati con nuovi acquisti oculati, squadre cucite su misura del proprio allenatore, e grazie a questa continuità programmata e coerente stanno migliorando i loro risultati di anno in anno. Continuità che si augura di avere la Juve che è all’inizio di un nuovo ciclo con Pirlo, al quale deve essere assolutamente concesso di sbagliare. Continuità che manca all’Inter, nei risultati ma non nelle idee, c’è anzi la volontà (almeno di facciata) di continuare con Conte che sta però depauperando gli investimenti fatti dalla società e la sta portando sempre più fuori rotta: all’Inter c’è un progetto vincente ma la smania di raggiunge subito l’obiettivo la sta facendo tornare indietro.

Per vincere serve tempo, le vittorie rapide e istantanee raramente aprono cicli, la discesa è altrettanto veloce. Ci sono tre squadre in Europa League che sembrano averlo capito, e per tornare ai fasti di un tempo si sono ridimensionate e stanno pian piano raccogliendo i frutti del loro lavoro; chissà che l’Italia non torni presto protagonista in Europa, si, anche quella “minore”.
Buona fortuna Milan Napoli e Roma.