Sembrava il solito noioso lunedì post campionato quello che ha scosso il mondo Juve.
Nella tarda mattinata di ieri invece... è arrivato l’annuncio ufficiale: Paulo Dybala non rinnoverà il suo contratto con la Vecchia Signora. Dopo due ore di incontro tra dirigenza bianconera, Paulo, e il suo agente Jorge Antun si è arrivati alla rottura definitiva, che a onor del vero si odorava già da qualche tempo tra smentite, mancate telefonate, mancate offerte, mancati incontri e a quanto pare, e soprattutto, volontà troppo distanti.
Un contratto che scade a giugno 2022 quello dell’argentino di Laguna Larga, dopo 7 stagioni (compresa quella in corso) in maglia bianconera; la squadra che l’ha preso “picciriddu” dal Palermo e l’ha fatto diventare uomo

-ARRIVABENE DYBALA VA
Come succede in alcune storie d’amore la crisi del settimo anno si è fatta sentire anche nel matrimonio tra la Juve e Paulo. Matrimonio messo ulteriormente in crisi da una figura in particolare, quella di Maurizio Arrivabene da questa stagione amministratore delegato dei bianconeri.
Il dirigente ex Ferrari ha fatto intendere, neanche troppo velatamente, che il mancato rinnovo di Dybala è stata una scelta della società, confermata dall’investimento di gennaio su Dusan Vlahovic.
Il messaggio è arrivato forte e chiaro: Dybala non è più al centro del progetto, tecnico e societario e a questo punto mi viene da chiedere da quanto tempo in realtà non lo fosse più, perché le avvisaglie di questa separazione c’erano da mesi, eccome se c’erano. 

Nonostante le dichiarazioni di Allegri che andavano nella direzione di rendere Dybala uno dei punti fermi della Juve, e un virtuale accordo di rinnovo sulla base di 8.5 milioni più bonus datato ottobre 2021 vincolato da una fantomatica stretta di mano, i fatti hanno rivelato che c’era più turbolenza tra le parti di quanto sembrava.

Pur essendo una bellissima città, la presenza a Torino di Jorge Antun era tutt’altro che di villeggiatura, ma a quanto si diceva in quel periodo (si parla di Dicembre) la Juve non aveva organizzato nessun incontro né telefonata per discutere del futuro di Paulo. Questione inizialmente minimizzata dallo stesso giocatore argentino e successivamente esplosa fragorosamente nel mese di Gennaio, prima con le dichiarazioni di Arrivabene: “Dybala deve meritare il rinnovo” e pochi giorni dopo con la risposta plateale del giocatore tramite un’esultanza polemica con tanto di occhiataccia alla tribuna (destinata alla dirigenza) dopo un gol all’Udinese. Da quel momento in poi, nonostante le smentite di rito, i rapporti si sono ulteriormente raffreddati e i continui infortuni del calciatore hanno contribuito a prendere la decisone verificatasi nella giornata di lunedì, inizio della primavera e fine della storia tra Dybala e la Juve.
Questa è la cronaca, la domanda invece è: la Juve ha fatto bene?


-DYBALA IN BIANCONERO
Parlando di freddi numeri, cosa che non mi entusiasma particolarmente ma ha un peso specifico nella completezza di un’analisi di questo tipo, lo score di Paulo Dybala  con la Juventus recita: 283 presenze, 133 gol e 66 assist; numeri alla mano ha contribuito a 0,71 gol a partita.
I numeri dicono questo, io dico che i gol vanno pesati e analizzati. Ad esempio, toccando subito il tasto dolente della Champions League il bottino della Joya recita 18 gol in 53 presenze, o più semplicemente 18 gol in 7 stagioni. Certamente non è stato aiutato dal resto della squadra e di conseguenza dalle premature eliminazioni, ma per essere il più pagato della rosa, capitano e giocatore cardine della Juventus possono bastare questi numeri e questi alibi?
Morata ad esempio di gol nella massima competizione europea ne ha segnati 15 in quattro stagioni, in 35 presenze più precisamente, e di molto pesanti. Anche andando dietro al folle trend che dipingeva Ronaldo come un fallimento e paragonarne quindi i numeri a quelli di Dybala ci si accorge che quelli della Joya sono molto inferiori: per Cristiano sono 14 i gol in tre edizioni della coppa dalle grandi orecchie. Insomma questo per dire che tra gli attaccanti che più recentemente hanno vestito la maglia della Juventus, Dybala è quello che ha inciso meno.
Sarebbe ingiusto non citare la doppietta segnata da Paulo al Barcellona in semifinale  nella stagione 2016-2017, o il gol al Tottenham nella stagione successiva, e ancora quello al Bayern nel 2015-2016 (anche se non valse la qualificazione) ma stiamo parlando rispettivamente di cinque, quattro e sei stagioni fa.
Dov’è finto Dybala negli ultimi anni? 
L’ultimo ad avere avuto sue notizie è stato Maurizio Sarri, del vero Dybala si intende, si perché con l’allenatore toscano Paulo è stato forse per l’ultima volta decisivo in maglia bianconera. A testimonianza del suo straordinario rendimento, soprattutto nella parte finale della stagione, Paulo si era portato a casa il titolo di MVP della Serie A avendo contribuito a suon di gol e grandi giocate all’ultimo trofeo importante vinto dalla Juve, lo scudetto 2019-2020.

-PAULO, GIÙ LA MASK
Chi è veramente Paulo Dybala?

Per capirlo serve che la sua celebre Dybala-Mask (esultanza diventata iconica) venga lasciata negli spogliatoi dell’Allianz Stadium per l’ultima volta insieme ai dubbi che lo circondano. Intendiamoci, Paulo lascia tanti cuori infranti tra i tifosi bianconeri, e comprensibilmente aggiungerei. La Juventus privandosi dell’argentino si priva di un talento purissimo, di un giocatore estroso, imprevedibile, balisticamente quasi infallibile, citando Adani in una telecronaca di qualche stagione fa “chi non ama il mancino di Dybala ha un problema con i sentimenti”. Allora perché per ogni tifoso follemente innamorato della Joya ce n’è uno che oggi si sente sollevato dal suo mancato rinnovo? 
Il mondo è bello perché è vario si dice, io dico che se c’è gente capace di criticare Ronaldo e Messi allora vale tutto. Dybala però non è Messi, ne Ronaldo, ne si è mai avvicinato al loro livello, quindi si, si può criticare Dybala, ma scientemente. Ho sentito giudizi troppo tranchant, sia in positivo che in negativo e quando è così di solito la verità sta nel mezzo.
Gli infortuni sono stati il vero ago della bilancia nelle valutazioni sull’argentino sia da parte della società che dell’opinione pubblica. Forse una predisposizione all’acciacco che con un allenamento più specifico e lavorando meglio sul proprio fisico si sarebbe potuta arginare. 

Dybala è stato senza dubbio un leader tecnico nel recente passato bianconero ma non un leader carismatico, qualità a mio avviso fondamentale per indossare la fascia da capitano. Personalmente mi ha sempre dato l’idea di essere un ragazzo introverso, certamente passionale nel rettangolo verde essendo un latino, ma senza la garra che ci si aspetta da un argentino; insomma più Messi che Maradona. Caratterialmente si intende, nessuno gridi allo scandalo. 
Se a queste mancanze si aggiunge la carta d’identità, ecco che da un punto di vista strettamente aziendale e finanziario Dybala diventa più un lusso che una risorsa: un giocatore prossimo ai 29 anni, con infortuni frequenti e una collocazione tattica che è quasi sempre stata problematica. Ecco però che mi sorge spontanea un’altra domanda, che cos’è veramente Paulo Dybala?
Dybala è un attaccante, non un trequartista e decisamente non un “tuttocampista”, definizione pressapochista che gli affibbiò Allegri. Ha bisogno di giocare con il pallone nei piedi, di guardare la porta avversaria e non la propria, di essere decisivo negli ultimi 30 metri e non di difendere nella sua metà campo. Su questo aspetto (la collocazione in campo) sono abbastanza sicuro ci sia stata molta confusione, poche colpe di Dybala e tante responsabilità della società.

-JUVE, MAI UNA JOYA
Quando arrivava dal Palermo poco più che ventenne Paulo era il dopo Tevez e la Juve gli affidava le chiavi dell’attacco. Meno attaccante di Carlitos, meno “cattivo”, ma più raffinato e sopratutto con più margini di crescita. Dybala era un diamante grezzo pronto a diventare Joya, gioiello come voleva la traduzione del soprannome che lo accompagnava da quando giocava in Argentina.
Sette stagioni dopo il suo palmares si è arricchito di campionati, coppe Italia e supercopoe italiane, così come di pari passo è cresciuto il suo status. Eppure Dybala sembra ancora il gioiello che costa tanto ma non indosseresti, bello si, ma che non ti serve. Non sarà forse che l’oreficeria di Torino non l’ha esposto come doveva?
Mi sono chiesto: Dybala avrebbe trovato spazio nella Juve di Del Piero e Trezeguet..?
Mi sono anche risposto: no. 
E nella disastrosa Juve di Ferrara, Zaccheroni e Del Neri avrebbe fatto la fine di Diego? 
Probabilmente non molto diversa.

Dybala è arrivato nel momento migliore, ma non nel posto giusto.
Mi spiego meglio, la Juve storicamente, ma ancora di più negli ultimi anni, ha avuto sempre delle caratteristiche ben precise, specialmente quelle targate Allegri: spirito di sacrificio, leadership e concretezza. Non è un caso che Vlahovic si sia ambientato dopo mezz’ora dal suo arrivo alla Continassa, il serbo ha il DNA Juve, così come lo ha Chiellini e prima lo avevano i vari Mandzukic, Khedira, Matuidi e via dicendo.
Dybala come ho già detto è un introverso, un creativo in un’arena di gladiatori.
Non importa questa volta che io sia d’accordo o meno con i valori che contraddistinguono lo stile Juve, rimango dell’opinione che il mondo del calcio stia andando in un’altra direzione, in cui chi ha un Dybala debba metterlo in condizione di essere decisivo. Che piaccia o no la società bianconera ha invece una naturale vocazione allo spirito di sacrificio ed è poco incline allo spettacolo e all’esaltazione del singolo.
Il sacrificio però questa volta ha un nome e un cognome: Paulo Dybala, e di certo c’è che la Vecchia Signora ieri ha perso un gioiello.