Dopo l’ennesima prova deludente in campo internazionale, in casa Juve regna un clima degno del celebre film western girato da Sergio Leone. 
Intendiamoci, pareggiare 1-1 in casa del Villareal vincitore dell’ultima Europa League non è un disonore, ma tra risultati altalenanti, infortuni e incertezza sul finale di stagione il malcontento dei tifosi e in generale dell’ambiente Juve è tornato a farsi sentire più forte che mai. La sbornia post mercato di riparazione sembra essere svanita, spazzata via dalla musichetta della Champions, sempre più rivelatrice dei problemi bianconeri.
Il film “il buono il brutto il cattivo” si scontra con i soliti cliché: il buono non è così buono, il brutto non è poi così brutto così come il cattivo non è soltanto cattivo ma ha un lato positivo, insomma niente (in questo caso nessuno) è bianco o nero... a meno che non ci sia un personaggio in più nel cast. La Vecchia Signora veste solo due tinte, è quindi portata per natura a ragionare in un modo soltanto, a vedere il mondo in bianco e nero.
Non si offenderanno spero i cinefili più accaniti se prenderò in prestito qualche passo di questa magnifica opera adattandola all’attuale momento della squadra bianconera. 

IL BUONO 
Per questo ruolo, a differenza del film, il buono ha un nome e un cognome: Dusan Vlahovic. Non è biondo come Clint Eastwood ma è l’unica nota lieta del nuovo anno in casa Juve. 
Buono fino a un certo punto, perché la “cattiveria” con cui lotta su ogni pallone lo fa sembrare perennemente in trance agonistica. Se a questo aggiungiamo il suo passato in maglia Viola e il turbolento passaggio agli acerrimi nemici bianconeri ecco che le sfumature del suo ruolo da “buono” cambiano a seconda della latitudine della nostra penisola. 
Per la sua stagione si sprecano gli aggettivi, addirittura si potrebbe usare un superlativo per il suo esordio in Champions, in gol al primo pallone toccato.. e che gol!
In campionato ci ha messo leggermente di più, 13 minuti gli sono serviti per segnare la prima rete bianconera contro il Verona, così come in Coppa Italia contro il Sassuolo: Vlahovic ha segnato all’esordio in ogni competizione con la maglia della Juventus.
Una prestazione sottotono nel derby, cui gran parte del merito va data ad un monumentale Bremer che l’ha seguito su ogni zolla dell’Alliaz Stadium, e la partita a Bergamo in cui è rimasto a secco non sono abbastanza per spegnere l’entusiasmo intorno al suo arrivo. Un po’ per attitudine, per la maturità nelle sue dichiarazioni e sopratutto per le sue qualità fisiche, tecniche e da leader sta dimostrando di avere le carte in regola per vestire quella maglia numero 7 che fino a qualche mese fa apparteneva a Cristiano Ronaldo.
La Juventus 2021/2022 versione 2.0 è chiaramente dipendente dal golden boy serbo, il futuro economico e tecnico del club verte attorno alle sue prestazioni, anche perché i fatti stanno mostrando poco altro su cui poter fare affidamento.
Dall’ultima settimana la Juve esce ridimensionata, sgonfiata, e anche un po’ ammaccata visti gli infortuni, l’unica cosa buona è Dusan Vlahovic.

IL BRUTTO
Troppi candidati per il ruolo di brutto nella stagione della Vecchia signora e per non scontentare nessuno è giusto sceglierne uno che comprenda tutti: il gioco.
Un po’ come la sua controparte nel film il gioco latita, è ricercato, e viene salvato dall’impiccagione dal buono (Vlahovic).
Per stessa ammissione del suo allenatore la Juventus deve essere brutta, ricerca questa definizione facendosi beffe delle lamentele dei tifosi come da copione della Vecchia Signora: del gioco poco importa, purché sia vincente. 
Il brutto è sotto gli occhi di tutti, cercare una chiave di lettura che lo redima è quasi impossibile e non è facile trovarla se essere brutti è una scelta.
Una squadra poco protagonista
, quasi una comparsa nel rettangolo verde, mai dominante e spesso fragile, forse troppo abituata ad affidarsi al caso per prendere sul serio questo ruolo. Ruolo che ho scelto di attribuire a tutti perché nessuno lo ha voluto davvero. Da brutto si, ma almeno protagonista.

IL CATTIVO 
C’è un piccolo spoiler nelle righe soprastanti, i più attenti avranno capito chi tra tutti nel mondo Juve sia perfettamente a suo agio nel ruolo di cattivo
Altro indizio, nel film di Sergio Leone il cattivo (detto Sentenza) è un uomo pragmatico e categorico. Non vi viene in mente nessuno? Max Allegri ovviamente.
Dopo due anni di riposo Allegri è stato richiamato alla base bianconera, e già questo penso sia bastato per alimentare il suo ego smisurato. 
Nel frattempo però il calcio si è evoluto, lo è in continuazione, così come la stessa Juventus. Max no, è tornato più irremovibile di prima, sempre più schiavo dei suoi dogmi: ennesimo lancio del cappotto contro il Villareal (reso celebre in un lontano Carpi-Juventus), soliti parallelismi con altri sport (basket, ippica, sport acquatici) e poche parole spese sullo sport che gli dà da mangiare. 7 milioni netti per i prossimi quattro anni per l’esattezza. Se vi foste chiesti come mai il ghigno di Max stia prendendo una curva sempre più ampia questa potrebbe essere la risposta.
Tutti discorsi, quelli citati, che fanno sorridere il tifoso se seguenti ad una vittoria, discorsi che spesso giustificano delle prestazioni incolori, perché a quanto dice Max giocare male fa vincere mentre giocare bene fa perdere. 
La realtà sta raccontando un’altra storia, giocare male rischia di fare uscire la Juventus agli ottavi di Champions League mentre regna l’incertezza riguardo la posizione che occuperà a fine campionato. Incertezza nonostante una serie non indifferente di episodi favorevoli, i “gollonzi” contro Fiorentina e Roma nella prima metà di stagione sono lo specchio del pensiero del tecnico livornese: vittoria 1-0 e partita giocata male. Punti pesantissimi contro delle dirette concorrenti. 
È però forse il caso di fermarsi un attimo e pensare se la rosa della Juventus sia paragonabile a quella di Roma e Fiorentina, se è normale che siano queste le concorrenti della Juventus e sopratutto vi chiedo se è ancora accettabile vedere partite di tale livello a maggior ragione dopo il mercato di riparazione. Allegri non è cambiato, anzi è tornato più integralista di prima e la musica che accompagna gli ingressi in campo della Juve nemmeno, non è la superba colonna sonora del maestro Ennio Morricone, ma una nenia stonata e fuori tempo che fa da contorno ad un triello più western che mai.

Non so chi avrà la meglio alla fine, se Allegri, il gioco o Vlahovic, ma una cosa è certa, e qui torniamo a parlare solo di calcio: la grandezza di Vlahovic rivela la pochezza di Allegri.