Vi sembrerà, con quello che sto per dire e che ho già detto negli articoli precedenti, che provi un’antipatia sfrenata nei confronti di Antonio Conte. Ultimamente però sembra che stia facendo di tutto per suscitare antipatie, nei rivali di tifo ma anche nei suoi stessi tifosi. Quando perde è arrabbiato, pareggia ed è nervoso, e quando vince ha sempre la polemica pronta. Proprio voi, amici interisti che ancora lo sostenete e che adesso mi starete riempiendo di ingiurie mi insegnate quanto sia importante la comunicazione, e quanto amavate anche per questo motivo un certo Josè Mourinho. Ecco, Mourinho... non è che “qualcuno” stia cercando di imitarlo?

Certo è che il Muorinho di adesso è cambiato, non è più quello dell’Inter, ma è proprio a quest’ultimo che voglio paragonare Conte.  

Chissà che l’ombra del portoghese non aleggi ancora sulla Pinetina e condizioni l’atteggiamento dell’allenatore leccese, che appare spesso esagerato nei toni e va alla ricerca di polemiche anche quando non ce ne sono o non ci sarebbe motivo di crearne. Un esempio questo sabato dopo la vittoria 3-0 con il Sassuolo in pieno stile Conte: difesa e contropiede, dove sostanzialmente si è rivista l’Inter dell’anno scorso. Una squadra ritrovata sotto questo punto di vista, che ha smesso di cercare di dominare l’avversario ma lo ha aspettato pazientemente nella sua metà campo per poi ripartire a folate con la ferocia che la contraddistingue. Questa è l’Inter di Conte... o meglio, questo è Antonio Conte. 

Si perché anche la sua dialettica è strutturata così, come la sua Inter. Difesa e contropiede. Sembra sentirsi sempre sotto attacco, ed è di conseguenza sempre sulla difensiva. 

Se negli ultimi tempi l’allenatore nerazzurro era sembrato più pacato e meno se stesso, ecco che la vittoria con il Sassuolo lo porta a gonfiare il petto e buttare fuori tutto il suo orgoglio ferito. Reazione istintiva, di pancia, addirittura e forse fuori luogo.

Mourinho non lo avrebbe mai fatto.

Infatti quello in cui i due allenatori mi sembrano molto lontani sono le tempistiche. E non a livello temporale, ma nel senso che Conte sembra proprio andare “fuori tempo” con le sue dichiarazioni.

Mou sapeva quando pungere, quando sorridere, sì, Mourinho sorrideva spesso, ed è una cosa che non si smette mai di sottovalutare. Serve a distendere l’ambiente, a creare un clima meno teso e negativo, che Conte stesso ha denunciato. Mourinho era simpatico quando doveva essere simpatico, ed era tagliente, quasi fastidioso quando sapeva di doverlo essere. Era un maestro in questo.

Conte sembra semplicemente il suo allievo ribelle, quasi una goffa caricatura del portoghese, ed è sempre stato così da quando è all’Inter. Mourinho quando polemizzava lo faceva sempre e soltanto per difendere i suoi giocatori, Conte lo fa per difendere il suo operato, il suo lavoro e quindi se stesso. E ancora, avete mai sentito Mourinho andare contro la società? Conte non perde occasione di farlo, che si vinca, si pareggi o si perda. 

Ora, io non so se dietro a questo comportamento ci sia davvero l’intenzione di emulare Josè Mourinho ma di certo la comunicazione nel mondo di oggi è fondamentale, specialmente se sei un allenatore di calcio e sei sempre sotto i riflettori. Conte non può lanciare frecciatine contro la società ad ogni intervista, comportarsi da vittima per non essere stato accontentato ad ogni suo capriccio, perché nessun allenatore ha la rosa dei suoi sogni. Anzi, l’allenatore dell’Inter è tra i più privilegiati vista la squadra di primissimo livello che allena, compresi i giocatori che ha espressamente richiesto. Date queste circostanze non può nemmeno prendersela con stampa e opinionisti se lo reputano il favorito per vincere lo scudetto. Come si suol dire in questi casi “hai voluto la bicicletta e adesso pedala”.
Questo è un problema che l’Inter deve cercare di risolvere in fretta; se per quanto mi riguarda la scorsa stagione Conte ha ottenuto una risicata sufficienza per quelli che sono stati i risultati sul campo, ecco che la comunicazione spesso fuori luogo, sempre a mio parere, lo fa scivolare verso il 5 in pagella. La posizione che ricopre, lo stipendio che percepisce e la squadra che allena esigono un comportamento di pari livello a queste componenti, e al momento attuale siamo ben al di sotto. La squadra è da Inter, Conte no.

Se Conte non ride c’è chi è messo peggio e versa lacrime copiose nel weekend appena trascorso. Sto parlando del pianto di Napoli, nel ricordo di Diego Armando Maradona, e quindi di lacrime di commozione, cordoglio e nostalgia. Onorate sul campo nel 4-0 senza storia alla Roma. E qui veniamo alle lacrime decisamente meno amare che versa Roma città su questa nona giornata. Decisamente meno importanti, quasi un pianto nervoso per i risultati tanto sorprendenti quanti deludenti. Se la Roma al San Paolo quasi si scansa per rispetto nei confronti di una città lacerata dal dolore, la Lazio all’Olimpico si dimentica di giocare un tempo nella sconfitta 3-1 con l’Udinese. Non basta l’accenno di reazione nei secondi quarantacinque minuti. 
Ha poco senso attribuire le colpe alla Champions League e quindi compatire una Lazio troppo stanca dopo gli impegni infrasettimanali, perché l’udinese Mercoledì di minuti ne ha giocati centoventi, nella partita di Coppa Italia contro la Fiorentina. Semplicemente Parolo non è Milinkovic-Savic, Cataldi non è Leiva, e Patric non è Luiz Felipe. Le seconde linee della Lazio abbassano troppo il livello di quella che è un’ottima squadra, anzi una big, soltanto però, quand’è al completo.

Fatiche europee che potrebbero essere un alibi anche per la Juve... troppo comodo.
Certo, le squadre impegnate nelle coppe hanno sempre pagato dazio in campionato, il dispendio di energie mentali e fisiche non può essere ridotto a semplici scuse, esiste e va sempre tenuto in considerazione quando si esprimono giudizi. 
Ma siamo sicuri sia solo questo? No, e il motivo è molto più semplice. La Juve non ha vinto a Benevento perché mancava Cristiano Ronaldo.
Giustamente vi starete chiedendo se davvero basta l’assenza del portoghese per pregiudicare la vittoria contro una “piccola” (con tutto il rispetto) come il Benevento. Basta eccome, per il momento. La Juve di adesso è ancora in fase di costruzione e se hai un campo un giocatore che ti fa partire spesso da 1-0 molti problemi li puoi nascondere sotto il tappeto. Anche se, in realtà non penso che la Juve di problemi ne abbia molti, credo che visti i numerosi impegni ci sia un turnover più o meno obbligato che non permette a Pirlo di schierare in campo gli stessi interpreti per due partite di fila. E questo è fondamentale quando si intraprende un nuovo percorso. Automatismi e gerarchie si faranno con il tempo, e ne servirà più di quello che si poteva pensare in condizioni normali visto che ci sono partite ogni 3 giorni, e non c’è stata la pre season. La Juve inciamperà ancora, specialmente se e quando mancherà Ronaldo, ma sono stop necessari se si vuole percorrere questa strada. Pirlo non ha certo bisogno dei miei consigli, un po’ perché sta sperimentando e un po’ per gestire le energie sta cambiando molto, ogni partita, e questo inevitabilmente va a rallentare l’inserimento di idee, schemi, movimenti e fluidità di gioco. Diamogli ancora un po’ di tempo, almeno fino al prossimo forfait di Ronaldo, che speriamo, noi ma sopratutto Pirlo, sia il più lontano possibile.

L’altro marziano che gioca in serie A risponde al nome di Zlatan Ibrahimovic, anche lui assente nell’ultima giornata di campionato, non per un turno di riposo come Ronaldo, ma per infortunio. Un infortunio neanche troppo banale per la verità, ma lo svedese ha già tranquillizzato tutti sul suo imminente recupero. Nonostante il periodo natalizio sia alle porte e inviti a prendersi una vacanza non ce lo vedo proprio ad addobbare l’albero con tanto di maglione di lana. Ibra vuole esserci il prima possibile, e c’era anche ieri in un certo senso. Anche se dalla tribuna, ha osservato i suoi compagni nel match contro la Fiorentina vinto per 2-0. 
Senza di lui il Milan, a differenza della Juve senza Cr7, non sembra cambiare di una virgola. Convincente nel risultato e nella conquista del medesimo: il Milan è sempre più squadra. A prescindere da Ibra. È mancata probabilmente qualche soluzione in più, ovviamente con Zlatan hai un faro là davanti, uno che il campo lo divora, ma pur non avendo il suo caposcuola a fungere da guida, questo Milan è troppo ben gestito per fermarsi alla prima difficoltà. È una squadra collaudata, che sa quello che deve fare e lo fa quasi sempre bene a prescindere dall’avversario, proprio perché a differenza della Juve porta avanti un lavoro composto da un allenatore e un undici titolare pressoché identico da mesi, da metà della scorsa stagione, aggiungendo nel mercato estivo delle valide alternative ad una rosa già di suo competitiva. Anche quando manca l’allenatore in campo (Ibrahimovic) e l’allenatore vero (Pioli) il Milan con il pilota automatico vince e convince. A quanto pare il Diavolo sta davvero nei dettagli, prenda appunti Vecchia Signora.