Diventare piccoli per tornare grandi

"Chi lascia la via vecchia per la nuova sa quel che lascia e non sa quel che trova". Basterebbe forse questo vecchio proverbio per riassumere gli ultimi anni del Milan. Un susseguirsi di dirigenze, allenatori e giocatori mai visto prima nella storia del club rossonero. Nel calcio si sa, si è inevitabilmente schiavi dei risultati e quando questi non arrivano vengono messi tutti in discussione; nella maggior parte dei casi a "saltare" è la testa dell'allenatore, ma nel Milan recente è saltato tutto, dalle dirigenze, agli allenatori, ai giocatori. Un via vai da Milanello che si ripete anno dopo anno, una "decapitazione" dopo l'altra, per la disperazione dei tifosi.

Prima con i famosi "parametri zero", giocatori ormai a fine carriera che arrivavano al Milan per svernare, poi con una rivoluzione partita con Fassone e Mirabelli e tuttora in corso, che non si capisce dove andrà a parare. C'è tanta confusione, frenesia; perché se ti chiami Milan non hai pazienza di costruire, sei schiavo del tuo passato, e vuoi un presente all'altezza dei tempi che furono. Ma non è un caso che il Diavolo stia nei dettagli, ed è dai dettagli che dovrebbe ripartire il Milan.

Questa contrapposizione tra passato e presente è spesso stato un problema per il Milan recente, da Brocchi, Seedorf e Inzaghi in panchina, a Leonardo e Maldini nella dirigenza. Il Milan non può più usare il suo glorioso passato per giustificare le pessime scelte del presente. Non ho volutamente nominato una vecchia gloria, che ha avuto a che fare con il Milan molto di recente: Gennaro Gattuso. Perché a mio avviso non rientra come gli altri nelle scelte sbagliate, o meglio, l'errore è stato cacciarlo. È forse l’unico che ha mantenuto intatto l’affetto e il consenso dei suoi tifosi, certo, ha commesso degli errori, come qualsiasi giovane allenatore, ma con lui il Milan ha sfiorato l’ingresso in Champions e Giampaolo con la stessa squadra ha iniziato il successivo campionato in maniera tragicomica. 

Poteva essere l’inizio di un ciclo virtuoso, con la dovuta pazienza e investimenti mirati, ma si è preferito cambiare strada, andare su Giampaolo e dopo pochi mesi invertire ancora rotta e virare su Pioli. Un po' come fosse un paio di vecchi jeans, il Milan è un continuo rattoppare e mettere pezze, che sì, hanno alle spalle molte avventure, ma ormai logori e fuori moda andrebbero buttati. Il passato è un prezioso alleato quando ne sappiamo carpire gli insegnamenti, ma è allo stesso tempo il nostro peggiore nemico quando ci crogioliamo in esso.

Ibra k.o. Silva e Piatek ok

"Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano" cantava Venditti, e parafrasava Galliani. Con questa scusa l’ex dirigente rossonero riportò al Milan Sheva, Kakà e Balotelli. Si rivelarono tutti e tre ritorni di fiamma piuttosto sterili. Ibra invece? Finora non si può definirlo un fallimento ma nemmeno un successone, ha dato senz'altro il suo contributo da gennaio in poi, ma ora? Ora è infortunato, ed è un infortunio che rischia di fargli saltare buona parte del finale di stagione. A 39 anni non è nemmeno così strano, dopo aver giganteggiato in MLS, che un ritorno al calcio vero l'avrebbe patito. Ritmi diversi, intensità diverse e anche lo stop per la pandemia non ha aiutato.

Il suo acquisto può aver dato più mordente ai compagni, una mentalità più vincente, ma a livello tecnico sembra aver impoverito il Milan. Non fraintendiamoci, Ibra è stato un fenomeno e lo è ancora per certi versi, ma la sua statura, fisica e non solo, mi ha dato l’impressione di inibire i compagni, mi è sembrato di vederli giocare quasi con un atteggiamento reverenziale nei confronti dello svedese. Istintivamente l'opzione più gettonata era la palla lunga su Ibra, spesso forzando la giocata, oppure mi è capitato di vedere più volte lo stesso 21 rossonero abbassarsi nel cerchio di centrocampo per dare un'idea ai compagni che quasi si aspettano faccia tutto lui.

Per quanto sia stato paradossalmente romantico il ritorno di un giocatore che è sempre stato considerato un "mercenario", e nonostante la profonda stima che nutro per lui, è stata un'operazione senza senso. Ma gli errori veri sono a monte, la nave ha iniziato ad affondare durante la scorsa estate, Ibra è stato il salvagente al quale il Milan si è istintivamente aggrappato. 

Estate 2019, l'attacco era questo: Cutrone, Piatek, Andre Silva (tornato dal prestito). Gattuso aveva già le valige in mano (primo errore), ormai la scelta per la panchina era ricaduta su Giampaolo. Partiamo dal primo; Cutrone ha i crismi del predestinato secondo alcuni ma a me sembra più la favola del brutto anatroccolo che si trasforma in cigno (?), il punto di domanda è doveroso, perché parlando di Milan e di cigni, la mente torna quasi inevitabilmente a Van Basten. Ecco, sarebbe un sacrilegio fare un paragone, Cutrone ha senz’altro dalla sua l’essere giovane, italiano e prodotto del settore giovanile, tre elementi che nel tifoso medio provocano orgasmi multipli. Ma attenzione, l'orgasmo è una cosa, la storia d’amore un'altra. Le strade infatti si sono divise, e penso senza troppi rimpianti da parte di società e tifosi. Cutrone non è a mio avviso ancora pronto per una squadra di questo blasone. 

Piatek nel giro di pochi mesi è passato dall'essere considerato l'attaccante del futuro rossonero, a bidone senza possibilità di redenzione. Non stiamo certo parlando di un fenomeno, ma neanche di quello che si è visto nell'ultimo periodo al Milan. La verità sta nel mezzo probabilmente, Piatek è un buon attaccante, e per il Milan attuale sarebbe grasso che cola, ma la schizofrenia del mercato rossonero gli ha fatto cambiare strada. Passiamo poi al mio prediletto, Andre Silva, un ragazzo scaricato troppo in fretta a mio modo di vedere. Sì, ci ha messo del suo, perché la prima stagione rossonera con 3 gol in campionato farebbe rabbrividire qualsiasi amante delle statistiche. L'anno successivo a Siviglia, in un campionato con meno rigore tattico, ma non per questo più semplice, è partito benissimo, per poi andare in calando. Il ragazzo evidentemente ha dei limiti a livello caratteriale, ma è un giovane uomo ed era troppo presto per buttarlo nella fossa dei leoni, in senso metaforico, non nella celeberrima curva rossonera. Sei un ragazzo di 23 anni, catapultato in un altra nazione, passi da Porto a Milano, città diametralmente opposte come stile di vita, con un cartellino sulla schiena di 40 milioni, un pubblico ultra esigente e una squadra rivedibile per usare un eufemismo. Ti sentiresti anche tu un po' spaesato? Certo, mi direte voi, i campioni non sentono la pressione. Obiezione più che lecita e la risposta è molto semplice: André Silva non è un campione, ma sarei stato molto curioso di vederlo in coppia con Piatek. 

I due classe 95 sono andati entrambi in gol nelle ultime due giornate di Bundes, mentre Ibra è infortunato. Il Milan, che ad agosto aveva in rosa tre punte, adesso dovrà finire la stagione con l’oggetto misterioso Leao, e Rebic, tutto tranne che un centravanti. Caro Pioli, non ti invidio. E tu, Milan, cosa vuoi fare da grande?