Non c’è niente da fare, stiamo invecchiando, e a vista d’occhio, anche.
E da cosa lo deduci? Giustamente mi chiederete voi. Di ragioni da addurre ne avrei fino ad annoiarvi. E proprio per questo, per riguardo verso di voi, mi limiterò ad elencarne solo una parte, una esigua quantità, comunque sufficiente per divertirmi poi, sadicamente, nel vedervi supplicare di non andare ancora avanti.

Cari amici, sono così tante ormai le cose che non quadrano più, che si fatica anche a tenerle in mente tutte.
Per dirne una, ad esempio, il solo fatto che a fare il commentatore RAI (non l’aizza-popolo su Telelombardia, ma, ripeto, il commentatore in RAI), continuino a proporre uno come Lele Adani, che alla fine dovrebbe decidere e farci sapere, se vuole ancora farsela con Cassano, cioè col tripudio della beceraggine, la cafonaggine eretta a sistema, o con Stefano Bizzotto, per citarne uno a caso, tra i tanti evidentemente cresciuti dove l’educazione non era ancora considerata qualcosa da non ostentare troppo, per evitare l’emarginazione.

Tutto, da che mondo è mondo, non si può avere, e invece qui ci sono alcuni (Adani n.d.r.) che facendo gli equilibristi sulla fune, come fossimo al circo Orfei, di piedi in una scarpa sono capaci di metterne tre o quattro, altro che due.
C’è poi quell’altro (Vieri n.d.r.) che, me lo ricordo benissimo ai tempi dell’Inter, quando segnava aveva sempre reazioni rabbiose, che ti facevano pensare che ce l’avesse col mondo intero. Esultanze talmente truci, da lasciarti dubbioso. Cosa lo turbava? Cosa gli impediva di sorridere? Quali messaggi voleva mandare, e a chi?
Poi capitò l’evento che tutti ricorderanno di lui che ad una sala piena di giornalisti ebbe la sfrontatezza di dire che era più uomo lui di tutti i presenti in quella sala messi insieme. Cosa che avrebbe dovuto indurre quel giorno tutti i presenti dotati di dignità ad alzarsi e ad andarsene. Nessuno lo fece, tutti tenevano famiglia, quel giorno.
Una mancanza di rispetto gravissima, quella di Vieri, che avrebbe dovuto indurre il sindacato dei giornalisti a pretendere le sue scuse. In caso contrario nessuno l’avrebbe più non solo intervistato, ma nemmeno ritenuto degno del saluto.

Ancora oggi, a distanza di così stanti anni, questo energumeno col fiuto degli affari è evidentemente considerato uomo immagine, capace di sfornare pubblicità a ciclo continuo, e questo non può che significare una cosa: che c’è gente che in lui si identifica, che apprezza questo tipo di persone, ed auspica che l’umanità sia composta da personaggi di questo tipo.

Adesso, dopo quella sui rasoi, cosa ti va a pubblicizzare il Bobone nazionale? Lo spot in questione è di una credibilità sconvolgente: c’è un poveretto che sta cercando invano di guardare una partita tramite un qualche sito pirata. Mentre lo sta facendo viene sorpreso da Vieri in versione Power Ranger, ed è una scena talmente realistica, talmente verosimile che anch'io, che ho smesso da almeno vent'anni di guardare le partite su la Roja ho temuto per la mia incolumità.
Ebbene, se l’italiano medio gradisce essere raffigurato così, lunga vita (mediaticamente parlando) a Bobo Vieri!

Ma torniamo pure a parlare del sosia di Barabba, sì proprio quello che il popolo decretò fosse scarcerato al posto di Gesù, che invece fu prima fustigato e poi, dopo le indicibili sofferenze che sappiamo, crocifisso.
La cosa sconvolgente è che sono convinto che se ancora oggi, tramite il QR code, fosse lanciato un sondaggio da Dazn per sapere se il pubblico dei tifosi fosse favorevole alla scarcerazione di Barabba o di Gesù, non avrebbe dubbi a riconfermare la propria scelta di allora.
A completare il quadretto, manca quel poveretto (Ventola n.d.r.) a cui fanno dire “e gggollll con una camicia che a Bari i suoi parenti quando sono costretti da esigenze di sopravvivenza ad uscire di casa, chessò, per andare a fare la spesa, girano travestiti per non doversi sentire dire come allo zio di Checco Zalone a Polignano a mare, nell’ultima scena del film Cado dalle nubi: “ricchioooo”.

Ma torniamo a ciò che mi è capitato di vedere e sentire, e che mi ha provocato sensazioni di tristezza e avvilimento talmente profonde da spingermi a dedicare ad esse questo pezzo. Stavo lì, in paziente attesa davanti alla tv (con abbonamento regolarmente pagato su Dazn), tra una pubblicità di auto ed una di siti per scommesse ad aspettare che arrivasse il momento in cui si sarebbero dovute aprire le ostilità.
Erano le 20:30 o giù di lì. Il tempo di allontanarmi un attimo dal televisore e tornando, mi ritrovo, anziché in campo, magari a seguire il riscaldamento dei giocatori,  nel salotto di “tutti bravi dal divano”, dove, a quanto pare, era in corso una discussione che stava andando avanti probabilmente già da un paio di minuti.

L’argomento di discussione non me lo ricordo: sono discussioni che non mi hanno mai appassionato. Mi ha invece colpito, e non poco, il modo di interagire che gli ospiti del salotto stavano adottando. Una modalità che ho trovato talmente priva di rispetto da indurmi alla conclusione (estrema, me ne rendo conto) di non voler più saperne di Dazn, e soprattutto di questa trasmissione. Quei 5 minuti hanno decretato in modo non più revocabile la convinzione che la generazione di cui faccio parte, per Dazn, è finita, non esiste più, non è più rappresentata degnamente in nessun programma televisivo, eccezion fatta forse per Pierluigi Pardo, che riesce a comunicare con le generazioni dei diciottenni di adesso, senza però far sentire morti e sepolti quelli come me che badano anche alla forma, e all’eleganza espressiva.

Ma cosa è successo vi chiederete voi? E’ presto detto: sopra tre divani, piazzati dentro lo studio già citato, e di cui non voglio fare ulteriore pubblicità, bivaccavano 5 o 6 ex giocatori, tra i quali mi è sembrato di riconoscere Montolivo, persona solitamente equilibrata, forse Parolo, sicuramente Matri, e un altro paio, con, a fare da moderatore, un ragazzino molto loquace, e con un discreto savoir faire.
E allora? Si può sapere cosa ti ha turbato così tanto? Cosa ti ha dato così tanto fastidio? Ciò che mi ha turbato era il clima da tutti contro tutti, da rissa nel saloon, con un atteggiamento da parte di tutti che definire solo aggressivo sarebbe davvero eufemistico.

Ogni volta che qualcuno diceva quello che pensava ce n'era un altro che, anziché controbattere le tesi del primo con pazienza e razionalità, si limitava a dire a voce alta: “non è vero! Ma non è vero!”. Allora quello di prima aggiungeva altre argomentazioni, per dimostrare che invece era vero quello che diceva lui. Ma niente: “NON E’ VERO, NON E’ VERO”. Allora quello di prima aggiungeva ulteriori argomentazioni, per dimostrare che invece era vero quello che diceva lui; stavolta con in più, rispetto a prima, “l’informazione di servizio” che avvisava “i naviganti in zona” che chi avesse ancora una volta contestato ciò che stava dicendo, a fine trasmissione se la sarebbe vista brutta.

Matri, fregandosene delle minacce, sapendo che se all’improvviso fosse diventato troppo arrendevole, la redazione di Dazn non lo avrebbe più chiamato, rischia il tutto per tutto con un ultimo: “MA NON E VERO”, insomma un finale da scintille. Finale che avrà soddisfatto le menti ineducate di ragazzini privi di indirizzo e ideali, ma che ha dato a noialtri “gentili” la sensazione di resa totale di certi valori di rispetto, sulla cui base abbiamo impostato le nostre noiose vite.

Non è vero, non è vero! In quei pochi interminabili minuti di crescendo di volume, come di minacciosità, sono stati fatti a  brandelli anni di insegnamenti sul rispetto e su come porsi con chi la pensa diversamente da te..

Per carità, le tavole dei salotti sportivi nostrani non è che abbiano sempre goduto di presenze particolarmente dotte e forbite: mi ricordo bene, le gridate con accento barese di Franco Ordine, come le battute irriverenti di Abatantuono. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, per carità, ma qui non siamo alla prima pietra, siamo di fronte a veri e proprio macigni scagliati per uccidere. Alla mors tua vita mea!

Perché mi chiederete voi devo considerare la mia generazione come non più esistente? Semplicemente perché non esiste più, e non solo in questo programma, ma anche in altri qualcuno che sappia, o meglio a cui venga data l’opportunità di convincere gli altri ancora adducendo delle argomentazioni e non semplicemente gridando più forte di quanto parli l'altro. Usando poi una frase (non è vero) che non dovrebbe neanche entrare tra le possibili frasi utilizzabili quando si discute.

Chiunque della mia generazione, dotato di un minimo di buona educazione avrebbe semplicemente detto: “guarda, a me risulta che le cose stiano diversamente. A volerla dire tutta, i dati confermano in modo pressoché inequivocabile che le cose stiano come ho detto, e a meno di cambiamenti eclatanti delle leggi della fisica, mi verrebbe da dire, anche a costo di apparire presuntuoso, (e se così mi hai percepito, me ne scuso: non era assolutamente mia intenzione), che normalmente altre eventualità sarebbero da escludere.
Tuttavia, non escluderei la possibilità che ci siano state in altre occasioni evidenze diverse degli accadimenti, tornerei, col tuo permesso e potendo avere da te rassicurazioni sul fatto che nonostante quell’infinitesimo di incertezza possiamo con ottima approssimazione affermare che ciò che ho detto mezz’ora fa venga confermato da dati che possano rendere quasi inoppugnabile la tesi che la comunità scientifica ritiene all’unanimità quasi sicuramente quella da me sostenuta, col tuo permesso e sempre se la cosa non ti dia più fastidio di quanto normalmente saresti disposto a sopportare, non avermene se io, pur di accontentarti dicessi che in fondo qualora dovessi, per puro atto di cortesia dare ragione a te, tu non te la prenda troppo se comunque continui a pensare di avere forse ragione io.
Sono convinto di aver ragione, ma ti ringrazio per avermi fornito comunque uno spunto per riflettere e cercare di capire se ci siano delle circostanze in cui le cose che ho appena detto possano essere viste in modo diverso, e quindi che alcune volte, in alcune circostanze, tu possa avere effettivamente ragione, o comunque punti di convergenza in cui entrambi, tu nero e io bianco potremmo avere ragione, qualora questi non andassero uno in contrasto con l'altro, la meccanica quantistica in queste situazioni fa miracoli!

Ecco: questo è quello che due persone della mia generazione con un minimo di educazione si sarebbero dette, tentando di convincere il proprio interlocutore nella maniera più civile possibile.
Dov’è finito il condizionale? La formula dubitativa, per tenere ossequiosamente conto di ciò che l’interlocutore dice, che fine ha fatto? Di tutto ciò non è rimasto più niente!
Mentre, intento, penso questo, vengo distolto da Matri: “NON E VERO, NON E VERO!”