Vorrei fare una premessa a voi lettori, questo è un articolo fortemente laziale, ma spero con tutto me stesso, che per una volta il tifo vada oltre, e si legga questo pezzo per quello che è. Una lode alla felicità.
 
C'è un'ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va...
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.
 
E’ vero, il mio amato Trilussa descrisse magnificamente la felicità. Se ci pensate bene, spesso vi è stata fatta la domanda più banale del mondo, ma con la risposta più difficile da dare. Sei felice? Sì, molto! E cosa ti rende felice? Non lo so, tutto gira bene. E dimmi, cosa provi quando sei felice? Mi sento vibrare, sento qualcosa dentro che non riesco a descrivere. Ma allora come fai a dire che sei felice se non sai nemmeno descrivere ciò che provi quando sei felice, perché lo hai detto, TU SEI FELICE! Perché caro amico, la felicità non si racconta, la felicità non si descrive e tanto meno la si spiega. La felicità la vivi, e chi la vive, si riconosce dagli occhi.
Presso a poco questo è quello che è accaduto ieri sera. Lo so, molte delle persone che mi leggono non sono laziali, e come dice il mio amico blogger Arsenico, ho l’ingrato compito di farmi apprezzare da molti lettori nonostante la mia squadra di appartenenza. Perché nonostante: semplice, perché scrivere di Lazio o scrivere di una squadra più blasonata, fa la differenza. Lo ha sempre fatto e sempre lo farà. E poi la community di noi tifosi è particolare, somiglia ad una loggia segreta dove è permesso entrare solo se fai parte di un determinato rango calcistico.
Ma allora cosa è la felicità?
 
Akpa Akpro… lalalalalla… Akpa Akpro… lalalalalalla.
Con le mani posso finalmente bere la la la’.
Nei tuoi occhi lalalalalla, innocenti lalalalalla,
posso ancora ritrovare, il profumo di un amore puro, puro come il tuo amooor.
 
Ma scusa, allora è questa la felicità?
Non lo so, fate voi! 13 anni son passati dall’ultima volta che abbiamo sentito quelle note. 13 anni lunghi, vissuti in un limbo. Tra alti e bassi. Allenatori arrivati per rimediare, altri per rilanciare ed alcuni per traghettare. 13 anni di sfottò. 13 anni di Don Matteo. Già, in questi anni c’è stato anche lui a tenerci compagnia, e non mancava occasione per i nostri amati cugini di ricordarci quante stagioni sono andate in onda durante questo lungo tempo. E poco importa ricordargli della famigerata coppa in faccia!
 
Scusami ma non ti riesco a seguire! Ma io non voglio che tu mi segua. Non puoi seguirmi in quello che sto dicendo. Lo puoi vedere, ma non lo puoi provare. E sai perché? Perché la lazialità, o la vivi o non la puoi capire. Che ne sai di 11 anni B. Che ne sai degli spareggi salvezza per la C. Che ne sai della Lazio dei “meno 9”. Che ne sai di Re Cecconi, Chinaglia, Wilson e della Banda Maestrelli. Dell’Ipswich Town. Di Cragnotti e degli anni gloriosi. Del Crack. Di Lotito e di 12 acquisti in 24 ore.
La storia della Lazio è un immenso sali scendi di emozioni. Di vittorie e di sconfitte. Nota bene, vittorie e sconfitte. Non parlo di trofei. Troppo pochi per la storia nostra, ne sono consapevole. Ma a noi, dei trofei non importa.
 
Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi… ritrovarsi a volare.
E sdraiarsi sopra l’erba ad ascoltare, un sottile dispiacere.

Cosa ne vuoi sapere tu della felicità se non hai mai provato un vero dispiacere? Come puoi provare un sentimento così bello, se non hai mai provato il suo antagonista. In questi 13 anni, abbiamo vissuto questo e molto altro noi laziali. E’ inutile negare che quella sigla che i cugini ascoltavano ripetutamente, a noi recava un forte senso di invidia. Non di complesso sia chiaro, ma invidia. Eppure, ci siamo arrivati anche noi. Questo progetto è stato lungo, tante volte abbiamo sentito Lotito e Tare parlare di un percorso da seguire. Di un progetto che non puntasse solo al risultato estemporaneo. Casuale quanto inaspettato. La crescita la si attua con la programmazione. La programmazione parte dall’ossatura della squadra. Questo è stato fatto negli ultimi anni. Lotito e Tare hanno capito che la strada da percorrere era quella di non stravolgere, ma di picchettare la rosa con continui piccoli innesti che potessero, di volta in volta, risultare utili agli ingranaggi, anche se sono passati dei bidoni in queste picchiettature.
Ci siamo ritrovati a volare un’altra volta. Spinti da emozioni e dalla voglia di rivalsa. Quel senso di rivincita che Ciro stava covando dentro da tempo. Il peggior acquisto della storia intitolava la Bild. La Bild si ricorda che il tanto bistrattato attaccante di Torre Annunziata, nella sua breve parentesi in terra teutonica siglò 4 reti in 6 partite in Champions? Ciro la sua rivincita se l’è goduta, e sicuramente, quando il giorno del sorteggio ha visto estrarre la sua Lazio nel girone del Borussia Dortmund, ha subito rimuginato su quanto di cattivo fosse stato scritto nei suoi confronti. 1 goal dopo soli 6 minuti. Un assist al bacio sul finale. Ehi tu, vuoi ancora sapere cosa è la felicità? Allora guarda i suoi occhi, guarda il suo sorriso e la sua soddisfazione! Tutto questo non ti basta. Lo vedo che storci il naso. Lo vedo che non sei soddisfatto. Tu ci speravi che questo passo falso arrivasse proprio da lui! Tu, che dopo la partita in nazionale, eri in prima fila a lanciare insulti, maledizioni e anatemi. Ma ti sei mai soffermato sul fatto che in Nazionale non abbiamo un Luis Alberto?

Eccolo, lo sapevo che dopo solo una partita già eri pronto a fare il classico elogio del vincente. Eppure, non avete vinto niente. Siete solo alla prima giornata della Champions. E poi, siamo sinceri, questo Borussia Dortmund non era così irresistibile. La difesa è un colabrodo, con difensori improbabili quasi quanto quelli della Lazio.
Amico mio, ma allora tu fai finta di non capire. Con il tuo pessimismo non mi farai certo ricredere su quello che ti sto dicendo. Non puoi negare ciò che si è visto ieri. Tu che ti vanti del tuo capitano, ma che non concepisci l'amore verso il mio allenatore. Che ne sai della sua felicità? Lui, questi ragazzi, se li è cresciuti e coccolati. E’ difficile stare sulla stessa panchina per 4 anni. Ed è ancor più difficile oggi fare la gavetta che ha fatto lui per poi arrivare in prima squadra. Non tutti si chiamano Andrea Pirlo, e possono godere di una società come la Juventus. Ma tu l’hai vista la faccia di Inzaghi? No, non credo. Altrimenti avresti visto quello che abbiamo visto noi laziali. Inzaghi ha iniziato il suo percorso dopo l’1-4 subito dalla Lazio nel derby. E’ arrivato dalla Primavera per prendere il posto di Pioli. Ha coltivato l’ambiente, ha protetto i suoi giocatori. Sempre. Mai una parola fuori posto su di loro. Gli ha fatto da scudo come mamma chioccia. Ma avete visto o no i suoi abbracci alla fine di una partita sofferta? Quello è amore vero. Quello è un sentimento che si coltiva pian piano. Non nasce dall’oggi al domani. Voi tutto ciò non lo potete capire, mi spiace.

El Diez – ma tu lo vedi che cosa riesce a fare in campo oppure no? Che mi vorresti dire? El Diez, chi? Su dai, l’unico vero numero 10 che oggi gioca in Italia! Se tu capisci di calcio e non fai solo il tifoso, capisci che El Diez può essere solo uno, Luis Alberto. Io non sono un fine esperto. Io non mi metto con le lavagne a disegnare parabole discendenti, proiezioni su spostamenti e non vado a ideare algoritmi. Ma Luis Alberto era uno scarto, un giocatore pronto a lasciare il calcio a soli 24 anni! Cosa ci saremmo persi se tutto ciò non fosse accaduto? Il tocco per Immobile per il 3-0 è puro genio. Un esterno destro a superare la difesa lungo 35 metri. E tu mi vuoi dire che tutto questo non è felicità? La gioia di un giocatore che da 4 anni cerca la ribalta anche in Nazionale. Quella delle furie rosse che di fatto, può vantare tra i centrocampisti più forti del mondo. E’ difficile arrivarci, ma lui con il suo calcio ci sta provando.
 
E guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere Se poi è tanto difficile morire E stringere le mani per fermare qualcosa che è dentro me Ma nella mente tua non c'è
Capire tu non puoi Tu chiamale se vuoi emozioni Tu chiamale se vuoi emozioni
 
E poi, io dico, ma tu hai visto quel personaggio lì che ha chiuso la partita? Ma tu hai capito la sua storia oppure no. Akpa Akpro è rimasto fermo un anno. Per un calciatore è tanto, è come perdere il treno dei desideri. E Tu mi chiedi cosa sia la felicità? Il suo viso, i suoi occhi che guardano increduli la palla che finisce in rete. Corre addirittura a prendere quel pallone quasi fosse un goal che accorcia le distanze, ed invece no! E’ un gol ancora più pesante. Quello che chiude la partita, e lui se ne accorge. Osserva come guarda la palla. Come va alla ricerca di Immobile che gli ha servito il pallone. Stenta a crederci. 28 anni, debutto in Champions e arrivo diretto dalla serie B con la Salernitana. Già, perché lui, pochi mesi fa, sgomitava e lottava per rincorrere i play off con i granata campani. Oggi, invece, vola con l’aquila sul petto. Come dice il mister, quel posto se lo è guadagnato. Ha capito che la sua permanenza nella Lazio dipendeva solo da lui. Io primo degli scettici, e ancora dubbioso sul suo effettivo valore, riconosco nel ragazzo uno spirito di abnegazione che solo Mister Inzaghi avrebbe potuto trasmettergli. Ma quella gioia lì, quella si che è felicità. Io non posso dirvi cosa significa essere felici. Io non posso fare da maestro. Ognuno ha la propria sensibilità sull’argomento. Ognuno la rincorre come può. Però, senza ombra di dubbio, quella sul volto di Jean-Daniel rappresenta la quinta essenza dell’estasi. Felicità mista rivalsa. Rivalsa verso chi, ancor prima di dargli fiducia, lo aveva bollato come il solito scambio di favori sull’asse Salerno-Roma. E si, rivalsa, forse, anche contro Ventura, il suo vecchio mister. Ricordate la frase di Lotito? Andate a rileggere quello che disse quando Akpa Akpro fu sostituito da Maistro. Veramente amici lettori, guardate il volto di questo ragazzo, e ditemi in tutta onesta che non avete ancora capito cosa significa felicità.
 
La serata di ieri non ha scritto la storia del club, ma di certo resterà nella mente di molti giocatori laziali, novelli nella massima competizione che al debutto hanno portato a casa una vittoria inaspettata, facendo cadere dal trespolo tutti quei lupacchiotti che invece di Don Matteo, il martedì si possono vedere Temptation Island.
Per quanto concerne invece la mia serata, beh quella è stata tutto un programma. Questa volta la visione della partita è avvenuta nel più rigoroso rispetto delle scaramantiche routine calcistiche. Non come la rovinosa partita contro i bergamaschi. Né tanto meno come la nefasta trasferta in terra ligure, anzi quella non l’ho proprio vista se non che a pezzi, sul cellulare, mentre ero a lavoro, e sentita nelle battute finali per radio mentre tornavo a casa.
Scena fantozziana, ad esclusione del piatto di pasta. Pigiama, birra ghiacciata in mano e una seconda di scorta già pronta in frigo. Gambe distese sul tavolino di marmo fronte divano. Cuscino altezza coscia per far distendere le gambe alla mia metà in dolce attesa. Nemmeno a dirlo, dopo 6 minuti, il primo salto di gioia. Il Borussia Dortmund sbaglia la ripartenza, e un incredibile Leiva intercetta la palla. Correa fa una delle poche cose buone della partita, vede al centro Immobile, lo serve, e la punta, con freddezza, appoggia in rete. Unica pecca, la mia compagna era in bagno, e quindi per lei, si sarebbe paventata una serata molto difficile per non interrompere il rito scaramantico. Ma ho chiuso un occhio, e una volta finita di struccarsi è venuta a sdraiarsi vicino a me. Passano 15 minuti e la mia signora, costretta dalla molta acqua e dal fagotto che porta in grembo, si dirige nuovamente in bagno. Corner per la Lazio, stacco di testa di Luiz Felipe, 2-0. Cara UEFA, io, quel gol, lo assegnerò tutta la vita al difensore brasiliano! Nel frattempo, la birra è finita, ma ho paura a lasciar andare la bottiglia. Hai visto mai che se cambio posizione, qui finisce tutti in caciara? Costi quel che costi, resto con bottiglia vuota stretta in mano, e nella medesima posizione almeno fino al termine del primo tempo. Appena sentito il mio urlo del secondo gol, dal bagno proviene una voce, visto amore? Ma ora non vorrai mica che resti qui tutta la partita… Ma nooo amore ti pare. Solo se siamo in difficoltà…
Finisce il primo tempo, e finalmente anche io mi posso alzare un attimo, sgranchirmi le gambe, e aprire la seconda birra da consumare nella seconda parte della partita.
Per la ripresa, stessa identica posizione. Cellulare posizionato alle ore 13 accanto a me. Birra nella medesima mano. Compagna di vita sdraiata con le gambe su di me, leggermente ranicchiate. Noto che inizia a stare un po’ scomoda, i dolori della gravidanza iniziano ad incombere puntuali come i treni ai tempi di Mussolini. Qualche massaggio, ma la situazione non varia, ed allora decido di cambiare posizione, ma la mia mente già mi stava rimproverando. Che fai, ma stai fori de’ testa? Guarda che manca ancora un botto, 25 minuti so’ lunghi e questi davanti hanno sempre lo spilungone e Sancho. Vabbè che vuoi che sia, stiamo due a zero, padroni del campo, un po’ di sofferenza ma niente che non possa essere arginato. E poi un massaggio come si deve, glie lo dovrò pur fare. Come non detto. Passano solo sei minuti di massaggio alle gambe che puntuale, nemmeno avessero percepito la mia distrazione ed il mio cambio di posizione che Håland la butta dentro. Ecco, lo vedi brutto idiota. Questi mo’ rimontano, e tutto perché hai cambiato posizione. Senti a me, ora cambi strategia, ti rimetti nella stessa posizione e je fai du grattini sulla schiena. Però me raccomanno, birra in una mano, anche se finita, e co l’altra grattini. Nun fa lo scemo. Tempo di riposizionarmi, farle distendere le gambe, sorso di birra e… no vabbè ma che me stai a di’... 
Grande Akpa, siamo tutti felici per te, questo giorno te lo ricorderai per sempre! 
Il resto è cronaca, e a me, la cronaca di una partita, in fondo non interessa. Mi interessano solo le emozioni, quelle che riusciamo a vivere tutti i giorni, in un modo o in un altro.
 
Che anno è, che giorno è?
Questo è il tempo di VINCERE con te
Le mie mani, come vedi, non tremano più
E ho nell'anima
In fondo all'anima
Cieli immensi, e immenso amore
E poi ancora, ancora amore, amor per te
Fiumi azzurri e colline e praterie
Dove corrono dolcissime le mie malinconie
 
 
EDM