Il covid-19 lo abbiamo capito, è una brutta bestia da affrontare, un animale mitologico simile all’Idra di Lerna. Ci ha colpito duramente, e sebbene all’inizio è stato sottovalutato, ne abbiamo capito immediatamente la ferocia e l’uguaglianza genetica che porta con sé. Non ha fatto distinzioni di razza, di credo, tantomeno ha adoperato i soliti distinguo sociali che solitamente colpiscono il genere umano. Quante volte abbiamo detto “piove sempre sul bagnato” per descrivere un fatto che va a colpire sempre la solita gente, ossia quella più debole.

Questo virus ci ha riportato tutti con i piedi per terra. Come ci fossimo lanciati da un aereo senza paracadute, siamo precipitati rovinosamente alla realtà. Ogni giorno, nel nostro mondo non più fatato, sentiamo gli aggiornamenti circa i contagi, i morti, le terapie intensive ed i guariti. Ha colpito indistintamente ogni settore sociale ed economico del paese. Lo ha fatto la prima volta molto duramente, quando ancora incerti sul da farsi dopo le notizie che giungevano da Oriente, ha obbligato il Paese a chiudersi in sé, prima alcuni settori, e poi, pian piano, tutta Italia. Ci siamo ritrovati a cantare dai balconi, a lanciare messaggi di speranza via social. Abbiamo apprezzato il coraggio di medici, infermieri e dottori. Sempre in prima linea, senza aver timore di contrarre questo maledetto virus. Abbiamo fatto rinunce importanti nei mesi precedenti, e di certo non vedere una partita non ha rappresentato un sacrificio immenso per noi gente comune, i sacrifici son stati ben altri. La gente comune entrata in cassa integrazione, che ha percepito 400/600 euro al mese lo sa bene cosa ha dovuto passare. Scegliere cosa comprare mentre si fa la spesa, centellinare le risorse. Tutto questo la gente comune lo ha patito sulla propria pelle. Quando quella maledetta curva di contagio ha iniziato a scendere ci siamo sentiti tutti un po’ più sollevati, abbiamo stretto simbolicamente i pugni al cielo in segno di vittoria. Poi è ricominciato il campionato, abbiamo visto le nostre squadre scendere in campo. Certo vedere gli stadi vuoti ha fatto un certo effetto, ma dopo tutto, è stato divertente anche guardare le partite e sentire allenatori e giocatori chiamarsi l’uomo come spesso accade nelle partitelle tra amici.

Poi siamo partiti per le vacanze, una sorta di tana libera tutti, tanto la curva ha continuato a scendere, come se a quella maledetta Idra fossero state tagliate tutte le teste ed incenerite. Grazie Eracle che ci hai insegnato come sconfiggere un mostro a 9 teste. Tra un aperitivo sulla spiaggia, e una cena tra amici, ci siamo addirittura scordati del distanziamento sociale, delle mascherine, e di come ci si doveva salutare dandoci il gomito. E allora via con abbracci, baci, strette di mano, addirittura, appuntamenti a casa di amici per vederci le tanto agognate partite di Champions League e di Europa League. Ma si dai, che volete che sia. Come ha sostenuto la nota virologa e influencer di Mondello tanto #noncenecoviddi. I più giovani, da sempre inclini al menefreghismo più totale, si sono sentiti addirittura così potenti che hanno osato anche di più. Partenze per mete esotiche, discoteche, balli di gruppo e comitive degne delle migliori stagioni a Mykonos e Ibiza. Siamo tornati alla normalità finalmente, possiamo prenotare i tavoli ai nostri ristoranti preferiti. Possiamo addirittura permetterci di tracannare birre e calcici di vino vicendevolmente, come se fossimo seduti presso Le Salama, noto locale di Marrakech, a fumare narghilé. Noi appassionati di calcio, già stavamo componendo i gruppi su whatsapp che avrebbero poi partecipato al fantacalcio della stagione che di lì a poco sarebbe ricominciata. Io per primo avevo iniziato la ricerca del 9° e del 10° partecipante, perché sì, quest’anno il fantacalcio lo si è fatto in 10. Nel frattempo, però qualcosa stava riemergendo.

Me lo ricordo perfettamente il giorno in cui ho realizzato che non eravamo ancora in salvo, forse Eracle ancora non aveva dato il colpo di grazia all’Idra e l’imprudenza che caratterizza il genere umano ha fatto il resto. Stavo tornando con la mia compagna da Capo d’Orlando a Roma, e per messaggio mi arriva la notizia che nel comprensorio del mare dove ero solito andare tutti gli anni da quando sono nato, era stato “isolato” per un caso sospetto.  Qualche giorno dopo, la notizia esplose definitivamente. Tante persone di ritorno dalla Sardegna risultarono positive al rientro sulla terra ferma, così come molte persone di ritorno da Malta, Grecia e Spagna. Nel frattempo, il campionato è cominciato, protocolli di sicurezza, tamponi frequenti a staff e giocatori, qualcuno ogni tanto positivo, ma niente di allarmante. Anche la situazione nazionale non è sembrata così seria. Ci confortavano i numeri monstre di Francia, Spagna e Inghilterra. Sempre per via di quella sensazione di onnipotenza che ci contraddistingue. Sui mezzi e davanti le scuole, ragazzi giovani intenti a farsi selfie. Luoghi noti per aperitivi stracolmi. Intanto, dai mille e passa di contagiati, il numero stava man mano lievitando, senza però che questo aumento spaventasse gli italiani. Nel calcio la situazione ha rispecchiato l'andamento sociale. Il campionato è ripreso come nulla fosse, ovvio, i controlli sono stati serrati, e molte squadre hanno riscontrato casi di positività nei propri ranghi. Balzata agli oneri della cronaca la partita Napoli Genoa, quando a poco più di 24 ore dal match, la squadra di Genova ha dovuto fare i conti con una rosa decimata. Tutto ciò, però non ci ha allarmato a sufficienza, e il nostro governo, colpevole di innumerevoli mancanze, si è fatto trovare impreparato nuovamente. Benché sia stato un bel campanello di allarme, l'allerta per le sorti del campionato è suonata solo con la partita Juventus Napoli. La decisione di non scendere in campo, e di mettere in dubbio un protocollo sottoscritto da tutte le squadre.

Il problema però ha iniziato a riguardare anche dinamiche calcistiche europee. Prima il Brugges a San Pietroburgo, poi l'AZ Alkmaar a Napoli, ed infine ieri la Lazio, hanno riscontrato serie difficoltà a mettere in campo una formazione. Eppure il calcio è andato avanti, deve andare avanti. È un importante veicolo sociale oltre che economico, però per essere un vero esempio, i suoi protagonisti devono diventarlo. Più squadre lamentano di giocatori scontenti per i mancati pagamenti di mensilità arretrate, mentre altri si ergono a virologi esperti definendo stronzate i tamponi. Ahimè, credo che queste persone vivono in una campana d'oro, e si sentono giustificate di dire e fare tutto ciò che gli passa per la mente. Sarebbe il caso di metterli a contatto con quelle realtà dove la gente, non sa come fare la spesa, non percepisce stipendio da mesi, e rischia il licenziamento perché tutte le attività sono in seria difficoltà.

Chiedo venia alla redazione e ai miei assidui lettori, questa settimana, la mia usuale critica ha tardato ad uscire.

Un saluto

E.D.M.