La Caduta del Diavolo – L’Inferno
Isaia 14, 12-14: Come mai sei caduto dal cielo, astro mattutino, o Lucifero, figlio dell’aurora? Come mai sei atterrato, tu che calpestavi le nazioni? Tu dicevi in cuor tuo: “Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul monte dell’assemblea, nella parte estrema del nord; salirò sulle parti più alte delle nubi, sarò simile all’Altissimo”.
Non è ben chiara l’origine del mito di Lucifero visto che né l’Antico Testamento né tantomeno il Nuovo ne parlano. L’Angelo preferito da Dio portatore di Luce caduto in disgrazia. Una cosa però è certa, c’è stato un tempo in cui Egli era il preferito, ben più di Michele e Gabriele. Ma questo a Lucifero non gli bastava, voleva di più, e quando volle innalzarsi al di sopra di Dio, fu punito e scaraventato negli abissi.
La stessa cosa, anche se leggermente differente per alcuni aspetti, è accaduta al Milan, il Diavolo rossonero*.
 
*angolo delle curiosità: a cosa si deve il soprannome “Diavoli rossoneri”? L’aneddoto risale al 16 aprile 1899 (strano il giorno della mia nascita giusto qualche anno prima), Herbert Kilpin, che da lì a poco si sarebbe dovuto trasferire a Milano per lavoro, era un giocatore dell’Internazionale di Torino, quel giorno perse la finale del Campionato italiano contro il Genoa e a fine partita disse al capitano della squadra ligure Pasteur le seguenti parole: “Questa sarà l’ultima vittoria del Genoa, presto sarò a Milano e li formerò una squadra di veri Diavoli che di darà filo da torcere”. A dicembre dello stesso anno, Herbert Kilpin costituì il Milan Football and Cricket Club, del quale fu primo capitano, giocatore e manager.
 
L’ascesa nell’Olimpo del calcio è stata repentina, un percorso fatto di trionfi in patria e in Europa lungo più di 30 anni da quando Silvio Berlusconi acquisto il club nel 1986. Sebbene nell’ultimo periodo le cose non girassero più come una volta, la proprietà aveva provato a tenere duro, ma il giocattolo ormai si era rotto, e le porte dell’inferno si erano già spalancate.
La fase finale del periodo più vincente, era divenuto ormai uno strazio, fatto di tentativi, a volte anche un po’ goffi, di dare una nuova linfa ad un albero che andava, forse, troncato alla radice. Basti pensare che la rinomata solidità in panchina era venuta a mancare. Dopo la fine con Massimiliano Allegri, ultimo mister a vincere lo scudetto in rossonero, sono stati ben cinque i tecnici chiamati in causa da Adriano Galliani, Seedorf, Mihailovic, Brocchi, Inzaghi e Montella. A parte una Supercoppa Italiana datata dicembre 2016 (ultimo trofeo della gestione Berlusconi), i risultati furono sempre ben al di sotto delle aspettative, cosa che portava sistematicamente ad una interruzione dei rapporti prima della naturale scadenza dei termini. Anche sul mercato, la dirigenza non era più riuscita a muoversi con la disinvoltura di una volta, le risorse messe a disposizione sempre più esigue, e quelle poche rimaste, investite male. Tutto ciò era causato anche dall’allontanamento volontario sempre più tangibile della figura del Pater Familias ricoperta dal Cavaliere all’interno del club.
13 aprile 2017, la fine dell’Era d’oro del Milan avvenne nella stessa modalità con la quale era iniziata, bruscamente e con pesanti debiti.
 
La transizione – Il Purgatorio
“Comincia la seconda parte overo cantica de la Comedia di Dante Allaghieri di Firenze, ne la quale parte si purgano li commessi peccati e vizi de’ quali l’uomo è confesso e pentuto con animo di soddisfazione”
A Milano giunge un altro cinese. Dopo la famiglia Zhang sponda Inter, il club di Milanello finisce nelle mani di un altro imprenditore orientale, Li Yonghong, del quale però non si è mai saputo esattamente cosa facesse nella vita e con quali soldi pensava di risanare un club sull’orlo del fallimento.
Partiamo però da un presupposto, non tutto quello che è stato fatto durante la breve gestione asiatica è da buttare. Uscire fuori da un periodo nero non era facile, ancor più con una regia di comando del tutto rinnovata. La nuova proprietà decise di investire in Fassone e in Mirabelli, rispettivamente come Amministratore Delegato e come Direttore Sportivo per risollevare le sorti della squadra. I capitali messi nel mercato estivo furono ingenti, nel mercato arrivarono, Kessie, Calhanoglu su tutti, mentre altri acquisti risultano molto deludenti, Bonucci, Biglia e André Silva. La stagione inizia con alla guida Vincenzo Montella, ma nonostante un buon avvio nella coppa europea, in campionato la squadra non decolla e così la dirigenza promuove Rino Gattuso. Il tecnico calabrese mette in campo tutta la sua grinta, dote che lo caratterizzava anche da giocatore. Il suo carisma è contagioso, e la squadra ne raccoglie i frutti. Sesto posto in classifica guadagnato, finale di Coppa Italia (poi persa malamente contro la Juventus), e ottavi di Europa League. Tutto sommato un buon inizio per una nuova dirigenza che mai si era confrontata con un palcoscenico così importante, e riuscendo a far qualificare il club alle competizioni europee per l’anno seguente. Peccato, però, che invece del sereno, l’estate portò nuove dense nubi. A causa del mancato rimborso di un aumento di capitale, il Milan visse un luglio turbolento, culminato con un nuovo passaggio di proprietà, stavolta al Fondo Elliott*.
 
*Nell’aprile 2017, il fondo statunitense aveva “prestato” 303 milioni di euro all’imprenditore cinese Li Yonghong, per completare l’acquisizione del Milan. A seguito del mancato di rimborso di una quota pari a 32 milioni di euro, Elliot comunica di aver assunto il controllo del club rossonero. La vicenda, fin dal nascere, ha suscitato diversi interrogativi, tali da gettare ombre sull’ingente movimento di denaro. Report, il programma di Rai3 ha provato a fare chiarezza a riguardo. Ovviamente non sta a me elencare qui i punti dell’inchiesta, e alimentare discussioni sulle teorie complottiste emerse.
 
Il Fondo Elliott mette subito le cose in chiaro, con la precedente dirigenza non vuole avere nulla a che fare, e punta subito sulle bandiere per ridare visibilità al club. Nel giro di poco tempo vengono “cacciati” sia l’Amministratore Delegato che il Direttore Sportivo. A Prendere il posto di Li Yonghong, Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli, arrivano Paolo Scaroni, uomo di fiducia del fondo nominato Presidente, Ivan Gazidis come Amministratore Delegato, mentre per l’area tecnico-sportiva rientrano in società Leonardo e la bandiera Paolo Maldini, per lungo tempo allontano da ciò che lui ha sempre definito casa, viene confermato invece il tecnico Rino Gattuso.
I cambiamenti non si hanno solo sul piano dirigenziale, la nuova proprietà punta subito a cancellare anche l’ultimo mercato, rinnegando le scelte di Mirabelli e rispendendo al mittente le sue due punte di diamante, Leonardo Bonucci e Adré Silva, il primo, addirittura, coinvolto nel maxi-scambio che ha portato poi Higuain a vestire la maglia rossonera, ma solo fino a gennaio viste le prestazioni ben al di sotto delle aspettative. Gli altri arrivi eccellenti, almeno per il loro peso sul bilancio, furono Castillejo, Paqueta e Piatek, gli ultimi due arrivati nella sessione invernale del mercato. La stagione si chiude con il miglior risultato sportivo degli ultimi anni, quinto posto e accesso diretto all’Europa League, o almeno così si sperava.
La stagione 2019-2020 si apre in anticipo, con la sentenza del TAS che a giugno esclude il Milan dalle competizioni europee per aver violato i parametri imposti dal fair play finanziario nei trienni 2014-2017 e 2015-2018. Il club cambia ancora, viene promosso Maldini, Leonardo fa ritorno a Parigi, e ritorna, seppur per breve tempo, Zvonimir Boban Nuovo Direttore Sportivo, Frederic Massara. Cambio anche in panchina, dove nonostante un’ottima stagione Rino Gattuso non viene confermato, al suo posto Marco Giampaolo reduce da un’ottima stagione con la Sampdoria. In lui la società vede aria di rinnovamento, e una persona capace di iniziare un progetto a lungo termine. Mai previsione fu così sbagliata. La squadra risulta slegata, senza gioco, ma soprattutto senza prospettive di crescita, e così, dopo la batosta rifilata dall’Atalanta di Gasperini, avviene l’ennesimo cambio in panchina. La guida tecnica viene affidata a Stefano Pioli, allenatore esperto, ma per sua stessa ammissione, di fede interista. I presupposti non sono dei migliori, chiamato in causa per essere un solo traghettatore e con una squadra allo sbando nonostante gli ennesimi grandi investimenti fatti dalla proprietà, in estate erano arrivati a Milanello giocatori molto importanti, Theo Hernandez, Rafael Leao, Ante Rebic e Bennacer. Grazie al tecnico parmense, la squadra ritrova una sua fisionomia, e dovendo concentrare le forse nel solo campionato, inizia a macinare risultati importanti, questo soprattutto dopo l’interruzione a causa dell’epidemia che ha colpito il Paese. In campionato arriva sesto, si guadagna l’accesso alle competizioni europee, e il rinnovo del contratto.
 
La resurrezione del Diavolo – Le porte del Paradiso
“Comincia la terza cantica de la Commedia di Dante Alaghieri di Fiorenza, ne la quale si tratta de’ beati e de la celestiale gloria e de’ meriti e premi de’ santi, e dividesi in nove parti.
Non so se la rinascita del Diavolo possa essere riassunta in nove parti, ma di certo ci sono stati diversi punti focali che hanno contribuito maggiormente alla risalita dal purgatorio sino alle porte del Paradiso. Dal mercato invernale con il ritorno di Zlatan Ibrahimovic e l’arrivo di un difensore esperto come Simon Kjaer, al maledetto covid-19. Tutta una serie di componenti che hanno instaurato fiducia nei propri mezzi ai giocatori.
 
Stefano Pioli, uomo elegante e silenzioso. Da Laziale posso ricordarmi la sua professionalità, la sua dedizione al lavoro, il bel gioco fatto di giocatori tecnici, abili nel saltare l’uomo e creare sempre una superiorità sulla fascia con continue sovrapposizioni. Al Milan ha avuto facilità nel creare questo tipo di schema tattico vista la qualità degli esterni e alla sostanza del centrocampo. È riuscito a creare un gruppo in poco tempo, ridando fiducia a uomini che sembravano l’ombra di sé stessi. Il tutto, fatto con l’appellativo di traghettatore visto che al suo arrivo già si parlava del tecnico futuro Ralf Rangnick. Invece, lui la riconferma se l’è guadagnata sul campo, portando non solo risultati, ma anche entusiasmo e passione ad un gruppo che mancava di entrambi.
 
Zlatan Ibrahimovic. Non credo che lo svedese abbia bisogno di presentazioni. Per molti sono un bestemmiatore, ma per me, Zlatan è il giocatore più forte al mondo. E non parlo solo di potenza fisica o tecnica, anche mentalmente non esistono giocatori come lui. A detta dei suoi compagni di squadra, la sua sola presenza nello spogliatoio ha dato una carica e una mentalità vincente a chi non aveva più nulla da dare. “Se fossi arrivato ad inizio anno avremmo vinto lo scudetto”, questo amava ripetere la scorsa stagione, e visti i risultati di quest’anno, forse aveva ragione. Ibrahimovic fa giocare bene la squadra, alza l’asticella di ogni suo compagno di squadra, vi ricordate cosa diventò Nocerino con lo svedese in campo?
 
Hakan Calhanoglu sembrava ormai un oggetto fuori dal progetto. I fantallenatori, disperati, si erano apprestati a cedere o a scambiare il giocatore (io per esempio, conoscendo le qualità di Hakan, lo presi da un mio amico al posto del deludente Ramsey). Ma ciò di cui aveva realmente bisogno era di essere messo nella posizione del campo giusta. Con il nuovo modulo, mister Pioli lo ha valorizzato ed esaltato, trasformandolo per rendimento, in uno dei migliori giocatori della seconda metà del campionato. Si è sentito libero di creare gioco, non più imbrigliato negli schemi di Giampaolo, ha deliziato i propri tifosi con assist e gol. A goderne maggiormente, a parte lo svedese, anche Rebic, altro vero trascinatore della scorsa annata che grazie agli assist del giocatore turco è risultato il capocannoniere del club di Via Turati.
 
Theo Hernandez vera e propria rivelazione del Milan, anzi, del campionato italiano. Per le progressioni ricorda molto un mix tra Dani Alves e Pavel Nedved, rispetto al brasiliano gode di una potenza fisica maggiore, mentre in fase propositiva e palla al piede si avvicina molto al giocatore ceco. La Duracell dovrebbe prenderlo come nuovo uomo immagine. Prezioso in fase di copertura, ancor di più in fase offensiva, dove non elemosina scorribande sulla sua fascia di competenza, dotato inoltre di ottimo fiuto del gol. Maldini ha più volte sostenuto che grazie alle sue qualità potrebbe diventare facilmente il terzino più forte del mondo, è presto per esaltarsi, ma credo abbia ragione.
 
Voglia di vincere sempre e comunque. Questo Milan non si da mai per vinto, e anche nelle situazioni in cui sembra cedere, riesce a risollevarsi. Contro la Juventus, lo scorso luglio, va sotto di due gol. Tutto sembrava perso, ed invece sale in cattedra la squadra di Pioli che nel giro di pochi minuti ribalta il risultato. La stessa cosa è accaduta nell’ultima trasferta di questo campionato, sotto con il Genoa, rimonta all’ultimo minuto grazie al gol del difensore Kolulu. Il Milan dimostra di saper soffrire, e contro ogni previsione, di non essere Ibra-dipendente. È riuscita a fare di necessità virtù, sovvertendo spesso le situazioni contrarie. Sicuramente la dose di fortuna non manca, ma come detto in un altro articolo per la Lazio, la fortuna aiuta gli audaci.
Contro la Lazio l’ennesima dimostrazione della forza del Milan. Andata in vantaggio e portatasi sul 2-0, la squadra di Inzaghi inizia il suo gioco. Per quasi 60 minuti il Milan è in balia dell’avversario, si fa rimontare sul 2-2. Inzaghi cerca di coprirsi, Pioli no. Decide che è il momento di premere sull’acceleratore. Come se fossero ancora i primi minuti di gioco, Theo Hernandez spacca la partita, prima con un’azione sulla fascia, e successivamente, al 93esimo sugli sviluppi del calcio d’angolo, la insacca di testa. Una vittoria di carattere, che dimostra tutta la forza mentale di cui dispone il Milan oggi.
 
Paolo Maldini, il capitano di mille battaglie. Per anni lontano dal suo Milan, tornato per lasciare il segno. E' grazie a lui se oggi il Milan è quello che è. Grazie a lui e alle sue intuizioni se alcuni giocatori oggi indossano quella maglia. Tra l'altro, proprio lui ha lottato e ottenuto il rinnovo di Mister Pioli e allontanato gli spettri di un ennesimo ribaltone estivo. Il Milan ha iniziato il suo percorso di rinnovamento, e statene certi che Maldini ne farà parte per molto tempo, e si godrà anche l'ascesa di suo figlio, terza generazione in maglia rossonera.
 
Vedo molte similitudini tra il Milan di quest’anno e la mia Lazio dello scorso, a parte la lunga striscia di partite senza sconfitta, i Diavoli rossoneri sono spinti dalle ali dell’entusiasmo, e danno l’impressione che ogni partita sia una storia già scritta. Una cosa è certa, affrontare oggi la compagine di Ibra e compagni è come combattere contro una squadra di diavoli indemoniati vestiti di rosso e nero, proprio come Herbert Kilpin aveva predetto più di un secolo fa’.
Tramate tremate, il Diavolo è tornato.
 
E.D.M.