Dimmi cos'è
Che ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo
Dimmi cos'è
Che ci fa sentire uniti anche se siamo lontani
Dimmi cos'è, cos'è
Che batte forte, forte, forte in fondo al cuore
Che ci toglie il respiro
E ci parla d'amore
 
Tre Presidenti, allenatori carismatici, gruppo di veri gregari, la nascita del mito, due colori e un solo simbolo, la Lupa! La sua tifoseria si autodefinisce “di vecchie maniere”, quella per cui allo stadio bastava un megafono con un tamburo, una sciarpetta al collo da sventolare al vento e un bandierone, di quelli che ti coprono la visuale per almeno dieci file. La Roma fu questo e molto altro negli anni ’90, tranne i trofei. Nell’epoca d’oro del calcio italiano, la squadra della capitale ha vissuto diverse vite, fatte di lutti dolorosi, di incubi e di speranze, culminate poi con una vittoria attesa anni nel nuovo millennio.
Da laziale, sono sincero, mi trovo in grossa difficoltà a parlare dei miei odiosi cugini, però la mia passione per il calcio, la mia romanità e le mie numerose amicizie in tinta giallorossa, mi spingono oltre la rivalità calcistica.
 
Un inizio doloroso addio Presidente Viola
All’inizio della stagione 90/91, nessuno si sarebbe immaginato quello che sarebbe accaduto. L’anno inizia con il botto, ma nel vero senso della parola. Per riportare in alto la Roma, l’amato Presidente Dino Viola chiama in panchina Ottavio Bianchi, allenatore capace del miracolo di Napoli, anche se in quel miracolo c’era lo zampino di un certo Diego Armando. Dalla città partenopea il mister si porta Andrea Carnevale, mentre per la porta si punta al ritorno dal prestito di Angelo Peruzzi, in difesa arriva un giocatore che sarà simbolo della società, un giocatore umile, ma che risulterà fondamentale per oltre un decennio, “Pluto” Aldair.
Pronti via e iniziano i guai. Dopo sole tre giornate lo scandalo doping colpisce il club, vengono trovati positivi ad un controllo antidoping proprio il giovane portiere di Blera Peruzzi, e l’attaccante Carnevale.
L’anno è complicato, dacché si pensava di poter competere su tutti i fronti, la Roma scopre la sua debolezza, in campionato non riesce mai a trovare la continuità giusta per i vertici della classifica, le cose vanno meglio in Coppa Italia e in Coppa Uefa, trascinata dal tedesco Voller particolarmente ispirato, soprattutto in Europa.
Arriva gennaio, e con lui arriva un maledetto freddo. Il Presidente più vincente della storia giallorossa si spegne prematuramente per un male incurabile, con lui lo storico scudetto del 1982, la finale Champions persa ai rigori contro il Liverpool e ben quattro Coppa Italia vinte. È una brutta botta per i giocatori che risentono della grave perdita. La stessa tifoseria renderà omaggio con diversi striscioni in Curva Sud.
In un campionato dove non si poteva competere con lo strapotere del Milan, e la furia di una sorprendente Sampdoria, la squadra capitolina punta tutto sulle due Coppe, raggiungendo in entrambe la finale. In Coppa Italia la Roma si impone nel doppio confronto sulla Sampdoria, mentre in Coppa Uefa cede il passo all’Inter di Giovanni Trapattoni.
La stagione si conclude con un altro addio, Bruno Conti, capitano di mille battaglie, lascia il calcio giocato per entrare in altre vesti all’interno della società.
 
Un amore mai sbocciato, Ciarrapico e la bancarotta
Dopo la scomparsa di Dino Viola, il club passa nelle mani di Giuseppe Ciarrapico, imprenditore nel mondo dell’editoria. Forse uno dei più odiati Presidenti della storia della Maggica (passatemi la doppia “g”, a Roma siamo fatti così, raddoppiamo dove non serve, e tagliamo dove ci vuole), ma per loro fortuna, la sua avventura durò appena due anni. In questo lasso di tempo la Roma non riesce mai ad emergere veramente, gli acquisti sono pochi e di scarsa qualità, Thomas “Tommasino” Hassler, un giovane Sinisa Mihajlovic, e il cavallo pazzo Claudio Caniggia.
La prima stagione 91/92, il presidente conferma Ottavio Bianchi in panchina, sebbene spogliatoio e ambiente speravano vivamente in un cambio alla guida della squadra. In campionato il Milan di un giovane Fabio Capello è inarrivabile, e conclude la stagione prima con zero sconfitte in campionato. La Roma invece riesce ad agganciare la quinta posizione in extremis, con un gran finale di stagione, e di conseguenza la qualificazione in Coppa Uefa.
L’anno successivo 92/93 ci fu il tanto sperato cambio alla guida tecnica della squadra, Ciarrapico spera di pensare in grande, e mette sulla panchina il tecnico Jugoslavo Vujadin Boskov, vincitore del campionato con la Sampdoria, autrice, tra l’altro, anche di una ottima Coppa Campioni l’anno precedente. Di lui ricordo benissimo le sue frasi “rigore è quando arbitro fischia”, oppure “Squadra che vince non si cambia”. Persona dalle sembianze severe, simile ad un Generale Sovietico, eppure dalla spiccata ironia e una grande visione tattica. Ma la stagione va ben al di sotto delle aspettative, la Roma non riesce ad esprimere il gioco sperato dal mister, e in campo, il cavallo pazzo Caniggia risulta ingestibile. Per la verità, anche fuori dal campo fa parlare molto di sé, locali notturni, ritardi agli allenamenti, e un vizio di troppo che gli costa la squalifica per doping a seguito dell’uso di cocaina. In campionato chiude in decima, mentre sfiora l’impresa in Coppa Italia. Dopo aver perso l’andata per 3-0 ai danni del Torino, nella gara di ritorno la Roma si impone per 5 reti a 2. Sfortunatamente, quei due gol in trasferta pesarono notevolmente sull’assegnazione del trofeo.
Di questa stagione, i tifosi romanisti ricorderanno certamente una data: 28 marzo 1993 si gioca Brescia Roma, il punteggio è sul 2 a 0 per la squadra capitolina, gol di Caniggia e di Ruggero Rizzitelli, all’88esimo minuto entra in campo un giovane ragazzo, ha solo 16 anni, e per tutta la sua carriera, quella sarà casa sua, Francesco Totti inizia la sua lunga storia d’amore, ultima bandiera di un calcio rimasto oggi privo di un’anima.
In realtà, c’è un altro fatto che sconvolge nuovamente l’ambiente Roma, il Presidente Ciarrapico viene arrestato due volte a seguito di una serie di scandali, prima a marzo e poi a maggio, fatto che poi lo obbligherà a lasciare il club.
 
Sono sincero, di questi anni ricordo poco o nulla, ero alle elementari, e stranamente la maggior parte dei miei amici erano laziali, cosa più unica che rara visto che poi, man mano che crescevo, le mie compagnie diventarono quasi tutte a tinte giallorosse. Però due cori me li ricordo bene, uno era sulle note di una nota canzone di Lorella Cuccarini, ed era dedicato al baffetto biondo tedesco Voeller che faceva così: Tedesco vola, sotto la curva vola, la curva s’innamora, tedesco vola; il secondo coro, anch’esso dedicato ad un tedesco, il folletto Tommasino Hassler ispirato dalla musica del gioco Tetris, vero e proprio amarcord degli anni ’90 giocato sul game boy: Po, po po po, po po po, po po po, po po po, Tommasino Hassler gol!
Sta di fatto però che ciò che avvenne dopo Ciarrapico me lo ricordo bene…
 
Franco Sensi – gli anni del preludio
Dimmi chi è
Che me fa sentì 'mportante anche se nun conto niente
Che me fa re quando sento le campane la domenica mattina
Dimme chi, è chi è
Che me fa campà sta vita così piena de problemi
E che me da coraggio
Se tu non me voi bene
Inizia una nuova Era, a seguito dell’arresto dell’imprenditore Giuseppe Ciarrapico, la Roma rischia il fallimento, che viene scongiurato solo dal ritorno di Franco Sensi in società. Forse era nel suo DNA diventare un giorno proprietario e Presidente del club capitolino, visto che suo padre, Silvio Sensi, fu capitano e co-fondatore del club nel 1927.
Ci furono tre distinte fasi nel suo primo periodo da Presidente: il triennio della romanità, il fallimento argentino, la speranza boema e la mentalità vincente
 
Il triennio della romanità è il primo periodo della gestione Sensi, il protagonista è Carletto Mazzone, tecnico chiamato a sostituire un deludente Boskov, che con i suoi modi di fare, e la sua voglia di rivalsa, prova a dare sostanza alla squadra giallorossa. Le campagne acquisti non sono faraoniche, e non vengono presi nomi altisonanti. Carletto punta alla sostanza, e chi meglio di un giovane attaccante argentino che bene stava figurando a Udine? Approda così alla Roma Abel Balbo, punta abile tecnicamente, e fredda sotto porta, durante il primo mercato estivo. Il secondo anno arriva a Roma un’altra punta, l’uruguagio Daniel Fonseca. Grazie a lui, cresce calcisticamente anche il giovane talento, anche lui romano e romanista, Francesco Totti, che insieme all’argentino e al giocatore uruguagio formeranno un tridente temibile. Si, perché Francesco inizierà ad avere sempre più spazio in campo, ma la sua storia è raccontata egregiamente nel documentario “Mi chiamo Francesco Totti”. A puntellare la rosa, arrivarono anche Delvecchio (quanto male m’hai fatto a me laziale, con la stessa finta mettevi sempre a sedere Sandro, e ci bucavi sempre, che te possino Marco) e Luigi Di Biagio. L’unica cosa che non arrivò in quel periodo, furono i risultati, mai oltre il quinto posto, così Franco, dopo tre anni di romanità cambia strategia.
 
Il fallimento argentino nasce come una speranza. Il Presidente Franco Sensi, ingolosito dai risultati della squadra argentina Velez Sarsfield, ingaggia il tecnico Carlos Bianchi. La sua annata però verrà ricordata negli annali del calcio, essenzialmente per due motivi: i bidoni arrivati in una sola estate, e la quasi cessione di Francesco Totti, repentinamente sventata dal patron giallorosso sul fil di lana. Unico acquisto che poi si rivelerà azzeccato in futuro, quello del terzino francese Vincent Candela. La stagione è totalmente fallimentare, in campionato arriva un mediocre dodicesimo posto, solo grazie all’intervento del Barone Liendholm, subentrato ad aprile al tecnico argentino esonerato anzi tempo.
 
La speranza boema incredibile ma vero, per risollevare le sorti della Roma arriva Zdenek Zeman. Dopo aver dato prova delle sue abilità a Foggia e poi a Roma ma sponda Lazio, il tecnico boemo è chiamato a dar nuova vita ad una AS Roma ormai sull’orlo del baratro. Nel frattempo, iniziano a piovere critiche anche all’indirizzo della presidenza, rea di non aver mai fatto il giusto per rendere la squadra capitolina competitiva. Ad aumentare il malcontento, la continua ascesa della Lazio, che da quando è arrivato Cragnotti, continua la sua ascesa nel calcio italiano, ma questo sarà trattato con la prossima uscita.
Nel biennio 1997-1998 e 1998-1999 Franco Sensi mette mano al portafoglio. Arrivano giocatori del calibro di Cafù, Zago, Paulo Sergio. La Roma torna a giocare a calcio e a far paura alle grandi. Il lavoro fatto di gradoni e sudore del tecnico boemo inizia a dare i suoi risultati. La Roma arriva quarta e quinta in campionato, esprimendo un gioco a tratti inarrestabile. Ma c’è un difetto, come per tutte le squadre di Zeman, la difesa resta ballerina, e per fare il definitivo salto di qualità, Franco Sensi non bada a spese.
È il momento di dare alla squadra la mentalità vincente, e per fare ciò il Presidente chiama Fabio Capello. Arrivano Montella, Nakata e Assunçao, giocatori che poi trionferanno l’anno successivo in campionato. La squadra ci sta, ma non sfonda in campionato. Arriva sesta a fine anno, un anno drammatico sportivamente, visto che a trionfare furono gli odiati cugini della Lazio.
Questo periodo l’ho vissuto a pieno, passato dalle elementari dove eravamo più laziali in classe, arrivai al Sacro Cuore, istituto dove ho passato 8 anni della mia vita tra medie e liceo. Una cosa mi è rimasta in mente, la superiorità numerica dei miei amici romanisti. La loro visceralità era contagiosa e a tratti scatenava in me invidia. Si, invidia. Perché era affascinante vedere tutte quelle persone trascinate da quei colori in quel modo. Nonostante l’assenza pressoché totale di successi, per loro la vittoria era andare in Curva Sud.
 
Che dire di questo decennio, come detto precedentemente, fu povero di successi per i colori giallorossi, una sola Coppa Italia all’inizio di questo cammino, ma tanta passione. Sì, perché se c’è una cosa che in questi dieci anni non è mai mancata alla Roma, è stato il supporto del suo pubblico. Sicuramente senza questo lungo preludio, non avremmo visto l’irresistibile Roma di Don Fabio, dominante e vittoriosa in campionato nella stagione 2000/2001, ma soprattutto, non avremmo potuto mai godere dell’immensa classe di uno dei giocatori italiani più forti di sempre, Francesco Totti, che grazie ad allenatori come Mazzone, Zeman e Capello, resterà nella storia del club giallorosso.
Mai canzone fu così profetica come Grazie Roma di Antonello Venditti, mai canzone rappresenterà una fede calcistica così fedelmente.
 
Grazie Roma
Che ci fai piangere abbracciati ancora
Grazie Roma
Grazie Roma
Che ci fai vivere e sentire ancora
Una persona nuova
 
E.D.M.