L’attesa che brucia!
Nell’immaginario collettivo, la Juventus rappresenta una delle formazioni più forti d’Italia da sempre, eppure, se a livello nazionale i successi sono una sorta di cliché, a livello internazionale il trofeo manca da ben 24 anni. Ci hanno provato in molti, ma nessuno ci è riuscito. Capello, Conte e Allegri, tutti allenatori di una certa caratura ed esperienza che però hanno fallito. La Vecchia Signora, per tentare l’assalto alla coppa con le grandi orecchie, le ha tentate tutte, perdendo però 5 finali dal 1996 ad oggi.

Prendete ad esempio il Real Madrid. Altra squadra simbolo di trionfi e prestigio, anche più della Juventus. Ha dominato il calcio internazionale negli anni 50 e 60 con il mitico Alfredo Di Stefano. Ha conquistato la Coppa ben 6 volte in 11 anni, di cui 5 consecutivamente. Ma ovvio erano altri anni, la coppa era stata creata proprio ed imporsi non fu così difficile per una società già strutturata come quella. Gli anni successivi, hanno visto una giusta alternanza di grandi squadre. Il Benfica di Eusebio, il Manchester United di Best, l’Ajax di Cruijff. Insomma, prima di tornare al successo nella massima competizione europea, benché in patria il dominio era un dato di fatto, il Real Madrid ha atteso 30 anni. Ma la vera ossessione si è avuta con la conquista della famosa decima. Un trofeo rincorso, per il quale la società spagnola ha speso capitali immensi e chiamato alla guida molti allenatori, compreso José Mourinho. Ma a farcela, è stato il nostro Carlo Ancelotti, che insieme a Zidane detiene il record di Champions vinte, dopo un’attesa di 11 anni.
Carletto, prima di trionfare con il Real Madrid, aveva riportato al successo in Champions League anche il Milan di Silvio Berlusconi. Per ben due volte ha alzato la coppa con la maglia rossonera come tecnico, e altre due volte invece la alzò in passato come giocatore, sempre con la squadra di Milano sotto la guida del suo mentore Arrigo Sacchi. Fu proprio il grande Arrigo che lo indirizzò alla carriera da allenatore, volendolo con sé come vice nell’avventura in Nazionale.

Tra le squadre che hanno fatto dell’attesa una ragione di vita, si possono annoverare: l’Inter 45 anni, Manchester United 31 anni, Juventus 25 anni, Liverpool 14 anni e il Barcellona, che per vincere il suo secondo trofeo ha dovuto attendere 13 anni tra il 1992 e il 2005. I capitali investiti per raggiungere l’obiettivo costituiscono cifre da capogiro, e spesso non hanno portato quel risultato tanto auspicato. Il caso più emblematico potrebbe essere il Chelsea, che dopo aver speso centinaia di milioni per raggiungere la vittoria della sua prima Champions League, tra giocatori e tecnici, nella stagione più difficoltosa della sua recente storia, riesce a raggiungere l’obiettivo. Tra l’altro, il tecnico che fortunosamente è riuscito ad alzarla, oggi è senza contratto. Roberto Di Matteo, chiamato a fare da traghettatore dopo l’esonero del pupillo dello Special One, Villas-Boas, e ritrovatosi miracolosamente nell’olimpo del calcio.

La gavetta conta!
La storia calcistica italiana può vantare sicuramente una lunga tradizione di allenatori capaci, e spesso, anche vincenti. Da Fabio Capello soprannominato Don Fabio, a Massimiliano Allegri detto acciughina. Tra di loro poi una infinita scuola di tecnici che hanno portato, al calcio italiano, prestigio e gloria. Trapattoni, Sacchi, Marcello Lippi, oltre che per la guida e per i trionfi nei club, li ricordiamo come stimati tecnici della Nazionale. Ma oltre a loro, possiamo annoverare anche gente navigata come Roberto Mancini e Luciano Spalletti. Tra i tecnici della nuova generazione, invece, i nomi più in auge sono sicuramente Roberto De Zerbi e Simone Inzaghi.

Ciò che ha contraddistinto tutti questi tecnici, e non solo, è la loro gavetta prima di diventare qualcuno. Per alcuni è stata breve, mentre per altri invece è stata un pelino più lunga. Prendete a Marcello Lippi. Il tecnico viareggino, prima di sedersi sulla panchina della Juventus, e trionfare in Italia e in Europa, dovette girare in lungo e in largo. Farsi le ossa nelle giovanili, e poi una lunga gavetta nelle serie inferiori. Dal Pontedera alla Lucchese, dal Napoli all’Atalanta, fino a quando nel 1994 dopo ben 12 anni di apprendistato, conquisto la panchina più ambita d’Italia.
12 anni per arrivare al top, e solo due per conquistare scudetto e Coppa dei Campioni. Negli anni vince di tutto, coronando il suo palmares con il trofeo più ambito, la Coppa del Mondo vinta con la Nazionale nel 2006.
La coppa Campioni in casa bianconera mancava da ben 10 anni! L’ultimo a vincerla, Giovanni Trapattoni. Per affermarsi gli ci volle meno tempo, ma pur sempre una gavetta iniziata nelle giovanili del Milan per poi sedersi sulla panchina di Juventus prima, e Inter successivamente. Un palmares unico per molti versi tra trofei e scudetti vinti. Ma sempre grazie a ciò che forgia un allenatore, ossia l’esperienza. Sulla panchina bianconera vince 6 scudetti, 2 Coppa UEFA, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa UEFA, 1 Coppa Campioni e 1 Coppa Intercontinentale.
Attenzione però, non sto dicendo che solo per vincere dei trofei bisogna fare la gavetta. A mio modestissimo parere, il farsi le ossa ha molta importanza per sedersi su qualsiasi panchina, che questa sia di serie A o di serie B. Saper gestire i momenti di crisi della propria squadra, poterne risollevare le sorti o addirittura essere chiamati per far emergere dei giovani.
Ad esempio Simone Inzaghi, prima di arrivare ad allenare nella massima serie, ha percorso tutta la trafila del caso, quasi fosse a scuola, elementari, medie, liceo ed infine università. Per poter allenare la sua Lazio è partito dagli allievi regionali, poi quelli nazionali, è passato successivamente ad allenare la Primavera, ed infine la serie A.
Avete mai visto o sentito di una persona che dalle elementari è passato direttamente al liceo o addirittura all’università? Certo, ci sono casi in cui una persona è così intelligente che riesce a saltare dei percorsi, ma la si valuta sempre in precedenza per capirne il potenziale. Ciò che accade nella vita deve essere rapportato anche al calcio.
I numeri non mi piacciono, ma per capire bene questo discorso nella sua completezza, ahimè, li devo inserire. Vorrei analizzare cinque allenatori che hanno fatto la storia di quest’ultimo ventennio.
Il primo allenatore è forse il più odiato, José Mourinho. Il tecnico portoghese può vantare nel suo palmares personale, innumerevoli titoli nazionali e diverse coppe internazionali. È salito alla ribalta nel 2002, quando alla guida del Porto, vinse in soli 2 anni, due campionati, una Coppa Uefa e una Champions League. Questi trionfi gli hanno aperto le strade di molti altri club prestigiosi, primo tra tutti il Chelsea. Mourinho arrivato in Inghilterra grazie allo strapotere economico del magnate russo Roman Abramovich, è stato l’artefice di uno scudetto che mancava al club da 50 anni! Successivamente è passato all’Inter e fu il protagonista del famoso triplete. L’ultima Coppa internazionale era targata 1997/1998, mentre l’ultima Champions League, che ancora si chiamava Coppa dei Campioni era della stagione 64/65. Numeri e trionfi a parte, la sua gavetta è iniziata nel 1981-1982 e per ben 20 anni della sua carriera, ha svolto il ruolo di assistente e di viceallenatore.
Gli stessi Jurgen Klopp, Luis Enrique, Zinedine Zidane e Pep Guardiola, prima di arrivare alla vittoria con i propri club, hanno avuto un percorso di crescita più o meno lungo, chi ha iniziato dalla cantera, e chi invece da squadre di caratura inferiore per farsi le ossa. Ma è certo che questa crescita progressiva, e l’esperienza maturata, è stata utile per arrivare a vincere in campo internazionale.

Una menzione speciale va fatta per Sir. Alex Ferguson. 27 anni sulla panchina del Manchester United. Molti scudetti, tanta programmazione, ma due sole Cappe Campioni. Ma il suo lavoro è fuori da ogni critica, per quello che è stato per il club inglese, e per quello che ha rappresentato per il calcio a livello mondiale.

Pirlo è stata una pirlata!
Benché di fede laziale, posso affermare, senza ombra di dubbio, che il mio affetto calcistico per Andrea Pirlo è illimitato. A prescindere dalla tecnica e dall’eleganza con la quale toccava il pallone, ha rappresentato quel giocatore al quale affibbiare il modo di dire “zitto e pedalare”. Mai una parola fuori posto, mai una protesta veemente all’indirizzo dell’arbitro. In carriera 3 sole espulsioni. E poi, che dire di quel passaggio che ci mandò in finale a Berlino, e della sua corsa alla fine dei rigori? Diciamo la verità, non solo il sottoscritto, ma tutti noi siamo affezionati al talentuoso ragazzo di Flero, ed è forse per questo che in cuor nostro speriamo che non fallisca la missione affidatagli. Lasciamo perdere l’antipatia calcistica che possiamo nutrire per la Juventus, a Pirlo, il calcio italiano, deve molto.

Sviolinata a parte, il discorso che sto facendo ha un altro presupposto e si ricollega con i due argomenti appena trattati, l’attesa e la gavetta.
La Juventus, negli ultimi 9 anni, è stata la padrona assoluta del campionato italiano, portandosi a casa ben 9 scudetti consecutivi. Non mentiamoci però, se i primi successi erano visti sotto l’ottica del trionfo, negli ultimi anni il significato ed il peso di questi successi è certamente diminuito. Possiamo dire che c’è stato una diminuzione direttamente proporzionata all’aumento del budget di mercato. Già, perché come ho detto in precedenza, la vera ossessione della Vecchia Signora è diventata la vittoria in Champions League. Per raggiungere tale obiettivo, negli ultimi 10 anni, la società ha sborsato ben 1.454 miliardi di euro! Ora, non sta a me effettuare l’analisi oggettiva dei costi, anche perché si dovrebbe affrontare il tema delle plusvalenze fittizie campo del quale non sono a conoscenza e quindi non mi spingo a trattare, ma avere un tale investimento e non ritrovare un riscontro in termini di trofei internazionali, può portare senza dubbio ad una delusione cocente. Eppure, la Juventus ci è andata vicina due volte, sulla panchina il tecnico toscano Massimiliano Allegri, che per molti versi reputo attualmente uno dei più competenti in Italia. Purtroppo, però, ha incontrato prima il Barcellona, e poi il Real Madrid, in due finali costate caro al tecnico soprattutto in termini di fiducia, sia societaria, che di supporters.
Prima di Allegri, ci hanno provato Antonio Conte e Fabio Capello a portare al successo la Juventus, ma entrambi senza successo.
Tutti e tre i tecnici appena citati vengono fuori da quella famosa gavetta della quale ho parlato poco fa, e la trafila fatta, si è notata e molto. Nella gestione dello spogliatoio, nella gestione della stampa, e nella gestione di una situazione critica.
A me dispiace che l’erede della famiglia Agnelli abbia perso il senno ed il sonno per conquistare questa coppa, ma il declino è iniziato con l’acquisto di Cristiano Ronaldo. No, non sono pazzo. Sono dell’idea che i soldi investiti negli ultimi 3 anni, potevano essere convogliati in maniera migliore, come diceva Allegri, si doveva pensare a rifondare la squadra dopo i due mancati traguardi. Allegri sapeva bene che la squadra non avrebbe retto in campo internazionale all’avanzare dell’età dei suoi senatori, lo ha fatto presente, e per questo è stato allontanato.
Dopo la parentesi spiacevole di Sarri, uno che se fosse stato ancora in vita l’Avvocato non avrebbe visto la panchina della Juventus nemmeno da avversario, la società ha pensato bene di chiamare in causa in questa nave che sta pian piano affondando il povero mal capitato Andrea. Come se non bastasse, gli hanno messo in mano una squadra che è ben lontana dall’essere competitiva in campo internazionale, vuoi per una incompletezza di rosa palesata soprattutto sulla sinistra, e vuoi perché lo hanno chiamato per tamponare una falla organizzativa vecchia di almeno un anno. Pirlo non ha fatto in tempo a sedersi sulla panchina dell’Under 23, che ancora senza patentino è corso a sedersi sulla panchina di una Juventus senza identità.
Spero vivamente che l’avventura di Andrea su questa panchina non sia così fallimentare come mi aspetto, e che anche qualora lo fosse, la società abbia la pazienza di aspettarlo e di seguirlo passo dopo passo nella sua crescita.

Capisco che la Juventus abbia voluto seguire in un qualche modo quella strada percorsa precedentemente da Real e da Barcellona con i vari Zidane, Guardiola e Luis Enrique, ma tutti questi allenatori, hanno avuto il tempo di mettere le loro idee in pratica prima sulla panchina di una squadra più giovane, allenando il comparto giovanile e affinando il loro metodo.

E.D.M.