Nel 1925, quando fu costruito lo stadio di San Siro poi ribattezzato “Giuseppe Meazza”, l’allora Presidente del Milan, Pietro Pirelli incaricò della progettazione 2 figure di spicco: l’ingegnere Alberto Cugini e l’architetto Ulisse Stacchini. Il disegnatore si fece più di una domanda sull’opera pensando in che modo avrebbe potuto essere sfruttata se il calcio non avesse avuto successo in futuro. Sono trascorsi 94 anni, quasi un secolo, e i quesiti del Dottore hanno avuto una chiara ed emblematica risposta: il “pallone” è lo sport più fantastico del mondo.

Non me ne vogliano gli amanti di altre discipline o gli atleti diversi dai calciatori, che praticano attività magnifiche, ma niente può regalare le emozioni che dona il calcio. E’ lo sport più semplice e naturale della terra. Basta un qualsiasi oggetto di forma sferica, preferibilmente morbido, 4 elementi segnalatori (bastoni, zaini, felpe, sassi, il portone di un garage oppure righe tracciate sul terreno) e il gioco è fatto. Dall’asfalto, al prato, al campo, al giardino di casa, qualsiasi luogo, con un minimo di immaginazione, può diventare Wembley o il Bernabeu. Ora, quale altro sport necessità di un materiale così esiguo per potersi divertire per ore?

Il calcio, poi, ha poche regole di base e sono assolutamente semplici da apprendere. Chiunque, anche nel giro di un minuscolo lasso di tempo, può imparare le norme di questa entusiasmante disciplina. Dal bambino più piccolo all’anziano, tutti possono cimentarsi in questa splendida attività.

Il calcio è vita. Il calcio è emozione. Il calcio è positività. A tutte le latitudini si vedono bambini che giocano con un pallone. Persino dalle zone di massima tensione, dove i problemi sono ben diversi e più gravi di una partita, giungono storie commoventi legate a questo sport. A chi, il piccolo Murtaza non ha strappato una lacrima? In molti ricorderanno la versione artigianale della maglia di Leo Messi proposta dal bimbo afghano. Un sacchetto di plastica, di quelli che alle nostre latitudini vengono tipicamente utilizzati per la spazzatura, elaborato in modo che divenga una casacca. Su di esso, erano disegnate le strisce albicelesti e sulla schiena campeggiava il numero 10 con la scritta Messi. Un simbolo di assoluta povertà che ha fatto il giro del mondo e ha spezzato i cuori di molte persone. Tanto che la Pulce ha deciso di ospitare il protagonista di questa vicenda al Camp Nou.

Ancora più recente è la storia di Amir. Il giovane iraniano che, da distanza siderale, centrava la piccola finestra di una tipica abitazione della zona. Lo spazio era talmente ristretto che la sfera entrava rasentando ogni lato dell’apertura. Il gesto avveniva indossando orgogliosamente la tenuta numero 10 della Juventus appartenente alla Joya, Paulo Dybala. Non a caso, dopo il gesto di clamorosa precisione, Amir si girava verso la telecamera che lo riprendeva mostrando fiero la tipica esultanza dell’argentino, ormai ribattezzata come “Dybalamask”. Come Messi, anche il giocatore bianconero, commosso da questa testimonianza di affetto e di stima, ha cercato il suo giovane ammiratore.

Insomma, il calcio ha il ruolo davvero importante di fungere da momento di svago, di distrazione. Se lo può diventare per questi bambini, figuriamoci nelle nostre zone dove la crisi attanaglia molte persone, ma abbiamo la fortuna di non vivere determinate tragedie. Nei casi citati, il pallone è anche mezzo di comunicazione utile a portare alla ribalta dei riflettori questi molteplici problemi. Non sarà minimamente determinante per la loro soluzione, ma consente alle persone di riflettervi, di abbandonare, almeno per un istante, il proprio ego e di gettare lo sguardo sul prossimo. Tutti si sono commossi per Murtaza e Amir.

E’ vero che i giocatori guadagnano cifre spropositate, ma è altrettanto realistico e noto che molti di loro sono promotori di importanti gesti di beneficenza. Spesso tali opere di grande misericordia sono pure sconosciute e questo le rende ancora più meritevoli di plauso e di riconoscenza. I calciatori non sono solo artefici di tali attività che ad alcuni potranno sembrare scontate, semplice e pura retorica. Questi atleti, infatti, si prodigano pure in gesti talmente spontanei che paiono davvero giungere dal cuore. Si pensi a Dudek, celebre ex portiere del Liverpool, che durante la gara tra le Legends dei Reds e le Glorie del Milan, si è intrattenuto a giocare con un bambino disabile presente sugli spalti  interrompendo per qualche istante l’incontro. Recentemente Dybala, idolo di Rami (l’ormai famoso ragazzo che ha contribuito a sventare l’attentato sul bus in Lombardia), venuto a conoscenza di questa passione, ha inviato un messaggio audio allo studente nel quale lo ha definito “eroe” e lo ha invitato allo Stadium per conoscerlo e consentirgli di assistere a una partita della Juve. Paiono tutti gesti banali, scontati per chiunque dispone di una simile fama e di ampie possibilità. Non è così. Nessuno è costretto a compiere certe opere e questi personaggi potrebbero restare nel loro mondo dorato senza considerare gli stimoli esterni. Invece, molti di essi conoscono, o riconoscono, la durezza e le insidie della vita. Proprio per questo sanno di essere stati, almeno da quel punto di vista, baciati dalla dea bendataScendono dal piedistallo e si prodigano per gli altri con i piedi ben ancorati al suolo.

Anche il mondo ultras, sovente e giustamente criticato per atteggiamenti violenti o assolutamente incivili, spesso si rende protagonista di episodi speciali.
Basti pensare al trattamento riservato ad Astori da molte tifoserie che ancora oggi, ogni 13esimo minuto, lo ricordano con un coro unanime. Probabilmente, molte di queste persone vivono ogni emozione in maniera parecchio forte sia nel male che nel bene. Ogni tragedia, tutte le tribolazioni della nostra società sono ricordate con tributi davvero toccanti. Un esempio recente giunge dai tifosi della Sanremese che dopo il terribile 14 agosto e la disgrazia del Ponte Morandi scrivevano: “Che sia un crollo, un incendio o una tempesta, il ligure soffre, ma rialza sempre la testa! Forza Zena”.

Insomma, il calcio non è solo violenza, razzismo, lucro sfrenato o sfarzo. Esistono soprattutto fattori e sentimenti positivi che lo rendono lo sport più bello del mondo. E’ stupendo vedere l’emozione che prova un bambino la prima volta che entra in uno stadio. Lo sguardo perso nel vuoto ad ammirare quel prato verde macchiato da righe bianche, la fantastica e calorosa atmosfera che lo circonda in attesa del grande evento. Non si rovini tutto questo…

Proprio per tale ultimo scopo risulta fondamentale il mondo dei media, vero veicolo per portare il calcio nelle case di tutti noi. Senza questi strumenti, il pallone avrebbe vita corta e a loro è richiesto il massimo sforzo per poter promuovere un’opera così magnifica.