Qualche giorno fa ho scritto un pezzo dal titolo: “Abbiamo perso tutti!”. Devo ammettere di essere rimasto un tantino stupito perché pensavo che, dopo due anni, qualcosa fosse cambiato nella mente delle persone. Sono stati rari, invece, i commenti di Colleghi che hanno apprezzato il messaggio. Li ringrazio per i complimenti riguardo al modo di scrivere. Mi onorano. Sono felice dei tanti interventi ricevuti, ma mi sento solo. Molto solo! Voglio, pertanto, ribadire la mia immensa stima nei loro confronti e il rispetto delle opinioni altrui. Questo è dimostrato dalla descritta sensazione e dalla volontà di creare un altro “articolo” per ripetere, ancora una volta e in maniera sempre più ferma, la posizione già assunta. Sono isolato in quanto credo che, nel 2022, un titolo di studio abbia, a torto o ragione, una valenza diversa rispetto al 1950. Questo per miriadi di motivi tra cui, soprattutto, la possibilità di raggiungere le informazioni anche al di fuori dell’ambiente scolastico. Il nostro Ministro degli Interni, Luigi Di Maio, per dire, non è laureato. Qualcuno può ricordare la teoria pentastellata “dell’uno vale uno”. Ma l’attuale coalizione è ben lungi dal seguire quella ipotesi. Se il campano occupa il ruolo è perché un uomo dell’esperienza di Draghi ha ritenuto opportuno concederglielo. Al dicastero della Salute c’è Speranza, dottore in scienze politiche. Non in medicina. Auspico di essere stato sufficientemente chiaro. Questo è il nuovo corso. Può piacere o meno, ma tant’è e non intendo affermare che tutti possano definirsi scienziati. Sottolineo, poi, quella che ritengo la questione principale e cioè relativa alla gestione dell’emergenza pandemica. Sono quasi 730 giorni che siamo in una simile situazione e ancora odo la voce di chi mi riferisce: “L’unica cosa importante è salvare le vite dal covid”. Ricordo loro, però, che ormai il problema non è più soltanto la malattia. Siamo di fronte a una catastrofe economica, psicologica e sociale. Se si intende tutelare l’esistenza di una persona, le si deve fare scudo da una botta in testa. Tuttavia non si può, all’uopo, spingerla giù da un burrone. Altrimenti…

Ciò ribadito e proprio su questa falsariga intenderei passare a un’altra tematica che è quella relativa al mondo del calcio. Che figura, signori! Pessima. Ancora una volta ci siamo mostrati al globo come fossimo una specie di teatro tragicomico. Da qui deriva subito una prima riflessione. E’ proprio vero che la vittoria europea è stata frutto della casualità. Forse, mi sbagliavo. Credevo che l’attuale esecutivo avesse a cuore lo sport professionistico e ne facesse un vanto per il Paese. D’altronde sia Draghi che Mattarella erano presenti e festanti alla varie celebrazioni ufficiali per gli immensi successi degli atleti tricolore, nel pallone e olimpici, durante la scorsa estate. Vorrei ricordare loro che, per dare continuità a queste glorie, occorre mantenere l’attenzione costante 365 giorni all’anno. Altrimenti resteranno una tantum. E infatti… Forse non andremo nemmeno al Mondiale del 2022 e, dopo aver saltato quello del 2018, sarebbe drammatico. La cosa, però, non mi stupisce perché, pur avendo una Nazionale forte, manca un sistema politico che la supporti. Mi costa dirlo perché il lavoro dell’attuale Governo, soprattutto grazie alla figura del Segretario Vezzali, ERA egregio. Basti osservare che molti tornei stranieri hanno chiuso gli spalti degli stadi e dei palazzetti. Noi, per ora, no. Tuttavia, siamo al paradosso. Quando, alla Vigilia di Natale, proposi qualche dubbio sulla ripartenza postvacanziera della serie A affermando che si sarebbe trovata una complicata soluzione, fui una specie di Cassandra. Non era pessimismo, ma semplice realismo. E adesso? Sembra che una parte dell’Esecutivo abbia persino spinto per il blocco dei tornei. Non mi riesce complesso immaginare i nomi facenti capo a tale nota ala rigorista che, da due anni, tiene in scacco il Paese con la forza delle minacce. Queste persone, consciamente o meno, avrebbero contribuito, anzi decretato, una sentenza molto pesante a un sistema che rappresenta opportunità di lavoro per 12 settori merceologici e la passione più grande di milioni di italiani.

L’errore è sempre lo stesso: la miopia di non cercare soluzioni intermedie utili a salvaguardare le varie necessità. A certa gente, sta roba non entra in testa. C’è poco da fare! In un primo momento le picconate sono state fermate da un’altra ala dell’esecutivo, ma tutto è in bilico perché il Premier ha contattato Gravina chiedendo senso di responsabilità: sospensione del campionato o chiusura degli stadi. Basti osservare i commenti agli articoli che propongono il tema per comprendere la sconfitta clamorosa che la sola notizia relativa a questa telefonata ha riportato. Se il Primo Ministro aveva affermato che il vaccino avrebbe risolto la situazione e ora ci si trova di fronte a simili decisioni, significa che mentiva. In un sol colpo perde credibilità e provoca la stessa reazione nei confronti del siero salvifico. Che effetto avrebbe, poi, sulla curva del contagio? Nessuno! E’ chiaro, però, che le partite senza pubblico siano ormai una soluzione inevitabile anche a causa dei comportamenti scorretti di molti tifosi che, ahimè, paiono incontrollabili e rovinano questo magnifico gioco.

Il punto relativo al Governo è sicuramente il principale perché sono due anni che, purtroppo e ob torto collo, viviamo in un’oligarchia. Il dilemma, però, è anche interno al calcio dove ognuno pensa al proprio orticello. Basti osservare le richieste che arrivano da Salerno, sia dal Presidente della società di calcio che dal Sindaco: la sospensione dei campionati per alcuni turni. Grazie… Gli amaranto erano bloccati dall’Asl e non devono disputare altri tornei che non siano il campionato, ma le big? Non hanno spazio nei calendari. Per giustificare la tesi campana ci si arrampica sugli specchi di una regolarità del gioco che sarebbe compromessa. Allora vi chiedo come considerare la promozione della stessa compagine durante la scorsa annata, dalla serie B alla massima categoria, avvenuta senza la presenza del pubblico sugli spalti?! Il pallone vive una nuova realtà come tutto il resto del mondo. Poi ci si inerpica sulle tematiche relative alla salute dei giocatori e degli spettatori nella vana speranza che il covid sparisca in un mese di blocco. Si potrà anche raggiungere l’apice della curva e una successiva discesa, ma il rischio zero non esisterà mai e, in questo momento, mi pare che una valutazione dei pericoli porti a varare una sola strada: il prosieguo. Spiace osservare anche molti giornalisti ed esperti che non riescono a gettare lo sguardo oltre la siepe. Torna, ancora una volta, la miopia del covid già più volte citata. Occorre assolutamente che si inizi a remare nella stessa direzione perché difendere il sistema significa trovare i giusti compromessi per andare avanti. Il calendario, infatti, non lascia scampo. Il rischio è quello di infilarsi in soluzioni arzigogolate come i playoff con ricorsi e contro ricorsi. Ciò sempre che il sistema sopravviva.

Occorre valicare anche un’altra difficoltà: le Asl. Sono loro che stanno paralizzando il pallone con scelte che la Lega ha definito “illegittime” e provvedimenti “confusi e incoerenti”. Mi diventa difficile parlare di queste Autorità perché criticarle è andare contro il mainstream e, per molti, bestemmiare. Non si fa, ma la penna non può esimersi dallo scrivere. Esiste un protocollo. Questo è stato originato dalla Figc con la supervisione del Governo. Parla chiaro: le istituzioni sanitarie hanno ragione su tutto. E’ il bag. Allora, se gli enti territoriali usassero buonsenso, il problema sarebbe superato. Nel momento in cui questi valicano certe soglie, è necessario correre ai ripari per non assistere a scelte diametralmente opposte con presupposti all’apparenza molto simili. Non è ammissibile, per esempio, che lascino in sospeso la disputa di gare sino all’ultimo secondo mancando di rispetto nei confronti dei tifosi. Che senso ha accanirsi sui professionisti sportivi nel momento in cui il tracciamento sta andando a ramengo? Mi sembra di vedere chi si mette il deodorante, senza lavarsi, dopo avere corso per mezz’ora. Forse sarebbe più opportuno utilizzare forze ed energie per salvaguardare la popolazione invece che dedicare cotanta attenzione a un gruppo squadra e a un numero esorbitante di interventi mediatici. Cosa non si farebbe per un po’ di fama… La figura ormai è barbina e il risultato è che, si auspica, vengano levate dall’impiccio tramite indicazioni chiare e precise. Così il potere discrezionale delle Asl sarà limitato? E’ l’unica soluzione per portare avanti un torneo, salvaguardando un sistema dal collasso economico e ottemperare comunque al rispetto della salute dei protagonisti. La speranza è che l’incontro tra Governo, Regioni e mondo sportivo viaggi in questa direzione. Tali erano anche i presupposti nelle parole del Segretario Vezzali. In sostanza: l’Asl potrebbe intervenire sui calciatori mentre questi vivono la vita dei normali cittadini, ma occorre avere un coordinamento centralizzato quando svolgono la loro professione. Per essere ancora più chiari. Lobotka, Zielinski e Rrhamani sono scesi in campo in Juve-Napoli nonostante l’impedimento da parte dell’Autorità. Se ciò fosse approvato dal protocollo, sarebbe corretto che loro giocassero. Poi, però, si isolassero come tutti noi.

Chiudo con una “sgridatina” al mondo del pallone. E’ possibile che non si potesse immaginare il verificarsi di questa situazione già da quando la Premier League la stava vivendo. I movimenti del virus sono ormai noti. Perché non si è corsi ai ripari precedentemente? Per quale motivo i calciatori, mostrando poca responsabilità, hanno viaggiato il mondo in lungo e in largo per le vacanze? Non potevano viverle anche loro più sobriamente? Evidentemente è proprio vero che “chi ha i denti non ha il pane e chi ha il pane non ha denti”.

A questo punto, il mio consueto ottimismo riguardo a tale sport si tramuta in pessimismo cosmico. Il consiglio è quello di trovarsi altre passioni perché l’impressione è di assistere a un malato cronico ormai agonizzante. Spiace da morire, però, per le migliaia di persone che lascerà in strada, ma qualcuno che è al potere non lo vuole comprendere o, forse, non ne è interessato perché chiedere a professionisti super controllati di fermarsi per vedere la gente fare ciò che vuole fuori dagli stadi non è senso di responsabilità. Se si crede che ciò mandi un segnale si è illusi. Forse, invece che trovare sempre un diverso capro espiatorio, scienza e politica dovrebbero iniziare a guardare al loro interno e farsi domande serie sulla gestione della pandemia.

Abbiamo straperso… Tutti però!