Finché c’è vita, c’è speranza”, “La speranza è l’ultima a morire”, “Crederci sempre”… Gli aforismi che sostengono il sogno Scudetto della Juventus sarebbero miriadi. Si possono scrivere intere pagine di retorica per sostenere che si deve gettare la spugna soltanto quando la matematica condanna. Così, però, è davvero difficile. E’ trascorsa una decina di giorni da quando ho affermato che il rumore dei nemici stava diventando frastornante e ciò era musica per le orecchie dei bianconeri. Pareva che si tornasse ad avere timore di loro. Ho sempre dichiarato che la Vecchia Signora potesse giocarsela per il titolo soprattutto contro Inter e Atalanta. Non sta andando come mi aspettavo, ma non intendo nemmeno rinnegare ciò che ho scritto e proverò a spiegarmi.

La sconfitta interna dei piemontesi contro il Sassuolo è una delusione enorme. Ci sono momenti definiti sliding doors. In italiano significa “porte girevoli”: Sono quegli istanti in cui si decide il futuro di qualcuno o qualcosa. La sfida contro gli emiliani pareva proprio appartenere a tale categoria e Allegri ne era ben conscio. Non a caso, l’aveva presentata come assolutamente da vincere. Non voglio girare il coltello nella piaga, ma basti immaginare la classifica sabauda con 3 lunghezze in più. La Juve sarebbe perfettamente attaccata al trenino delle “7 sorelle”, totalmente nel mischione per la corsa Scudetto. Oggi, invece, si trova esattamente all’ultimo posto di questa mini graduatoria. Se si guardasse soltanto all’aspetto numerico, però, non vi sarebbe alcun problema perché il distacco non è incolmabile. Quello dalla vetta è di 13 punti. Non sono pochi, ma siamo soltanto alla fine di ottobre e non può essere considerato una sentenza.

Cosa comunica, allora, la sfida contro i neroverdi? Beh, parecchie cose. Innanzitutto che la Vecchia Signora ha un grave difetto mentale ancora da correggere. L’opera di Allegri è stata importante in quanto ha reso una squadra ciò che era un insieme stralunato di campioni. Il primo passo, quindi, è stato compiuto. Non lo si può negare anche perché certi risultati non giungono a caso. Vorrei ricordare i successi con Chelsea, Torino, Roma e Zenit a cui aggiungerei pure i pareggi contro le milanesi. La Juve resta l’unica compagine italica riuscita a stoppare la corsa stagionale del Diavolo. Senza identità, come si otterrebbe quella striscia? Sarebbe impossibile. Il marchio è preciso ed è quello tipicamente “allegriano”. La squadra si difende compatta, per poi provare a fare male soprattutto con il ragionamento e l’individualità. Non può che essere così. E’ una rosa composta per tale prerogativa e quest’ultima sta subendo troppe critiche oltre che una generale sottovalutazione. Chiellini, Bonucci, De Ligt, Alex Sandro, Cuadrado, Danilo, Locatelli, Arthur, Rabiot, Chiesa, Dybala, Morata, Kean… Non stiamo parlando di bidoni. Sono calciatori forti. Sono quasi tutti punti fermi delle rispettive nazionali. Dai… Siamo sinceri! Il dilemma non è lì! Bisogna lavorare ancora sul livello psicologico perché tale gruppo si trovava in una condizione di estrema difficoltà. I piemontesi giungevano al match contro il Sassuolo dopo un triduo micidiale: Roma, Zenit e Inter. In questi tre incontri hanno utilizzato una marea di energie psicofisiche pagate a caro prezzo nell’ultima uscita dello Stadium. Basti osservare la prestazione di Alex Sandro. Non si parla di un giovane alle prime armi o di un giocatore scarso. In più occasioni ha provato a saltare l’uomo senza mai riuscirvi. Spesso ha lasciato voragini mettendo in grave difficoltà i compagni di reparto. Occorre notare che è dovuto subentrare a De Sciglio dopo pochi istanti dall’inizio del match. A proposito, auguri a Mattia. Ci si augura che il colpo al ginocchio sia meno grave di quanto si possa immaginare. L’interruttore del carioca non si è mai acceso. E’ rimasto in off. E’ soltanto l’emblema di un gruppo che pensava di essere arrivato in cima alla salita con un tempo più che soddisfacente, ma è caduto alla prima curva della discesa. Non bisognava staccare la spina e, invece, questa è stata l’impressione. Fortunatamente il capitombolo è accaduto a ottobre quando ancora si possono raddrizzare le fondamenta di una stagione che nasce molto storta, ma la spia dell’allarme suona a più non posso.

La domanda è sempre e costantemente la medesima. Questi ragazzi hanno una debolezza mentale di insanabile? Sono in grado di indossare una maglia pesante come quella bianconera? E’ un quesito a cui si deve rispondere singolarmente. Se penso a Chiesa, per esempio, mi viene semplice rispondere affermativamente in quanto ha dimostrato la sua personalità durante l’Europeo. E’ stato il furore di un mese? Non direi perché, in parecchi momenti decisivi, la sua luce ha illuminato il panorama sabaudo anche nella passata stagione. Dybala? Sa che deve essere il leader, ma ancora non si è avuta la chance di verificare se possa ricoprire quel ruolo. Gli infortuni lo stanno impedendo. Morata? Nella vita si cambia e maturando si perde un po’ di quella sana incoscienza giovanile. Sicuramente un matrimonio e dei figli possono variare l’esistenza di un individuo che diventa meno istintivo, più razionale. Non in tutti i casi è un bene. Alvaro pare aver perduto quella spensieratezza che un tempo lo rendeva bomber dai gol decisivi. Kulusevski? Ha mezzi devastanti, ma sembra sempre sulla luna. L’idea è di un ragazzo con la testa nelle nuvole. Ho preso gli estremi proprio per specificare che non esiste giocatore su cui, sotto il profilo psicologico, porrei la mano sul fuoco e, da tifoso juventino, è ciò che mi spaventa maggiormente.

Le altre volano. Poco da aggiungere. Il Milan ha 28 punti in 10 giornate significa che ha vinto 9 match e ne ha pareggiato uno. Il Napoli giocherà questa sera per agganciare i rossoneri e porsi sulla medesima traiettoria. L’Inter non molla e, soprattutto, sconfigge sempre le medio-piccole. Questa, Signori, è la grande differenza. I bianconeri hanno incontrato le “7 sorelle” in quattro occasioni e hanno guadagnato altrettanti punti. Se si considera che la batosta con i partenopei apparteneva a un’altra era geologica perché, da allora, Allegri sta rivoltando la squadra come un calzino, si comprende che i risultati non sono negativi. Il problema deriva dalle 8 lunghezze lasciate per strada con Udinese, Empoli e Sassuolo. Riguardo alle prime due partite, si deve operare il medesimo discorso che si è detto relativamente alla gara con i campani, ma resta il fatto che non ci si possa permettere passi falsi con chi non rappresenta l’élite del calcio italiano perché chi lotta per lo Scudetto non li commette. Qualcuno paragona questa annata al 2015-2016 quando, il 28 ottobre, la Vecchia Signora capitombolò al “Mapei Stadium-Città del Tricolore” contro il Sassuolo per poi risuscitare. Dopo quel match e trascorsa la decima giornata aveva 12 lunghezze. La capolista Roma ne vantava 23. La differenza era, quindi, di 11 punti. Oggi la Juve è a quota 15, ma la prima è a 28. Il distacco è di 13. Chiaro? A me sembra lampante! Il discorso è totalmente diverso dal felice passato perché le rivali sono un’altra cosa. Il paragone non regge. Non ha valore neanche la scaramanzia che vede il match contro i neroverdi come crocevia stagionale avvenuto quasi nella stessa data, in un mercoledì infrasettimanale e nel medesimo turno. Non mi riesco a immaginare una Juventus che centri 15 vittorie consecutive.

La Vecchia Signora deve porsi un obiettivo concreto. Quest’anno non può essere lo Scudetto. Non lo dico perché ritengo che sia impossibile conquistarlo. Anzi, penso che sia ancora assolutamente alla portata, ma non è sano cercarlo. Per quale assurdo motivo non sarebbe salutare essere ambiziosi? E’ semplice! Non si vantano le forze mentali per reggere le pressioni. Questo gruppo deve essere sollevato dall’ansia che noto prepotente e forte. La controprova arriva dalla Coppa dove gli uomini di Allegri sono parsi giocare senza scimmia sulle spalle e hanno guadagnato 9 punti in 3 incontri . Hanno pure battuto i campioni d’Europa. Sembra che diano per scontato di non riuscire a vincere il trofeo, quindi, arrivano agli impegni più tranquilli e manifestano il loro reale valore. Il target dev’essere quello di entrare nella prossima Champions perché è una necessità economica a cui la società potrebbe non saper rinunciare. Quello è fattibile.

Sosterrete che sto nascondendo la polvere sotto il tappeto e, come se avessi fette di prosciutto sugli occhi, non vedo i limiti della rosa. Chi, però, ritiene totalmente scarsa questa squadra potrebbe visionare, per esempio, le statistiche della sfida al Sassuolo dove, pur facendo molto male, i bianconeri hanno praticamente ogni indicatore in vantaggio sui neroverdi. A volte la sfortuna, palo di Dybala, o la mancata freddezza, iniziali occasioni di Morata, giocano brutti scherzi e da qui potrebbe profilarsi l’idea di una stagione storta. Anche per questo, urge serenità e un cambiamento di rotta dato pure da una società mediaticamente più vicina alla squadra. La Juve è stata calpestata dalla stampa e da buona parte dei social per gli episodi vissuti contro la Roma e nella sfida all’Inter, ma nessuno ha aperto bocca riguardo a una clamorosa, mancata espulsione di Maxime Lopez nel match con gli emiliani. Era solo inizio ripresa quando il francese è entrato con il piede a martello sullo stinco di Chiesa. Da notare che, all’ultimo respiro, il transalpino ha deciso il match. “Avanti Savoia” dice qualcuno! Perché non odo mai la voce di Andrea Agnelli e di Maurizio Arrivabene? Si espone soltanto Pavel Nedved e lo fa con concetti piuttosto scontati. Non va bene. Questo è il vero timore. Il “caso Suarez”, la querelle Superlega, le plusvalenze… Da supporter, inizio a tremare perché non percepisco la reazione della società alle avversità. E’ un silenzio tombale e pesante. Le espressioni del Presidente e dell’a.d., mostrate in tribuna, mi sembrano piuttosto sconsolate e, a tratti, distaccate. Anche in questo caso, noto solo “la Furia Ceca”.

Sono consapevole che la Juventus non abbia la rosa perfetta e sia migliorabile, ma sono altrettanto conscio del fatto che, in Italia, possa giocarsela con tutte le rivali. Allegri ha firmato un contratto quadriennale e il progetto è a lunga gittata. Non credo si chieda ai suoi uomini di vincere subito. Ci sarà il tempo per rafforzare le truppe. Serve, però, che scatti un input mentale e per questo c’è bisogno di una dirigenza più presente come è sempre stato tipico della famiglia Agnelli.