Non esistono risvolti positivi dell’emergenza da covid-19. Il virus, infatti, sta lasciando un mare di morte, desolazione, rabbia, tristezza, angoscia, ansia, rancore e inimicizia. Emerge, però, un aspetto su cui questi anni terrificanti dovrebbero insegnare qualcosa: l’importanza della tecnologia. È inutile nascondersi dietro un dito. È perfettamente vano attaccarsi a vetusti preconcetti per cui si vive molto bene anche senza di essa. Ormai non è più così. L’uomo è completamente dipendente dai device artificiali e non può farne a meno. Da quando c'erano i nostri nonni, o persino la giovinezza dei genitori, la realtà si è completamente modificata. Ho poco più di 30 anni quindi parlo del decennio tra il 1970 e il 1980 o addirittura quello successivo. È impressionante notare la velocità con cui tali sistemi si aggiornano e diventano costantemente più preponderanti all’interno dell’esistenza. Trascorre il tempo e si ritagliano una fetta maggiore di vita. Soprattutto in questo periodo non vorrei che il paragone fosse male interpretato, ma sono come un’epidemia: se non gli si pone un freno, il legame tra l’uomo e la macchina cresce in maniera esponenziale e il controllo delle operazioni diventa sempre più in capo alla seconda. E’ un male? Non per forza. Dipende da come viene gestita la faccenda. Gli apparecchi, infatti, sono costruiti dal genio umano. Loro sono nelle nostre mani. Siamo noi a doverli utilizzare nel modo più appropriato.

In sostanza, la scienza e la tecnica devono servire l’uomo. Non il contrario. Ritengo che si percorra una fase di passaggio. Gli strumenti esistono e sono a nostra completa disposizione, ma non siamo in grado di usarli al meglio. Per raggiungere tale obiettivo occorre prima di tutto prendere coscienza di quanto scritto sino a ora. E’ come per le malattie. Finché l’individuo non si rende conto del problema, o non ne ammette la presenza, non riuscirà mai a curarsi. Lo intendo ribadire per l’ennesima volta. Non si può vivere senza un apparato artificiale di supporto.
Avete presente il lockdown? Bene! E’ una condizione che ci si augura di non riattraversare mai più però ci ha messo di fronte a un’evidenza nitida. Cosa sarebbe accaduto se il covid fosse precipitato sulla terra con 20 anni d’anticipo? Ancora una volta bisogna essere franchi e onesti. Senza la tecnologia a supportarci, il dramma sarebbe stato nettamente più ingombrante. Non parlo soltanto di presidi medici, ma pure di elementi coadiuvanti la normale esistenza. Il web, la televisione e la costante informazione sono stati il nostro occhio sulla realtà e il collegamento con le persone care. Le cene di Natale con i device sono qualcosa che non ribadiremo più perché non hanno sicuramente rappresentato una situazione ideale. Anzi, sono state moralmente distruttive. Tuttavia, piuttosto che niente… Così abbiamo potuto vedere i nostri cari e gli amici.
Immaginatevi, e sicuramente qualcuno l’avrà anche sperimentato, di aver vissuto quel periodo in solitudine. Pensate a chi, purtroppo, è stato vittima del contagio, ma fortunatamente l’ha superato in maniera positiva. Il pc, il tablet e lo smartphone hanno rappresentato la sua salvezza. Ogni tanto sento affermare che trattasi di strumenti “demoniaci”. E’ l’esatto opposto. Sono opere dell’ingegno benedette, ma è necessario saperle gestire.
E il lavoro? Lo smartworking dev’essere amplificato. E’ doveroso affidarsi a questo nuovo modello professionale. E’ un evidente risparmio in termini di tempo, di denaro ed evita il moltiplicarsi dei rischi. A volte è paradossale pensare come sia stato creato un istituto simile alla maternità, o paternità, e ora il problema si possa ridurre attraverso l’utilizzo di tale fattispecie. Immaginate i genitori che operano da casa e così possono alternarsi nell’accudimento dei propri cuccioli. Lo dice anche la natura. Ogni animale cresce con la sua mamma. E’ inutile affermare che esistano i nonni, le scuole, le babysitter o forme simili di “sussidiarietà”. Il pargolo ha bisogno del suo creatore e, grazie al lavoro in home, questa necessità può essere in buona parte soddisfatta.
Perché una persona vive un’esistenza da pendolare quando la tecnologia potrebbe consentirle di prestare la propria attività professionale da dove meglio crede? E’ un assurdo sperpero. Per quale motivo occorre inventarsi dei limiti alle emissioni inquinanti quando una riduzione potrebbe giungere naturalmente trascorrendo maggiore quantità di tempo tra le mura domestiche?

Il meteo pone in risalto che, nella zona in cui vivo, nei prossimi giorni vi sarà una precipitazione nevosa di carattere abbondante. Qual è il reale problema? Se un tempo ci si chiedeva soprattutto come raggiungere il luogo di lavoro e si pensava in particolar modo alla pulizia delle strade, oggi la preoccupazione vira, anche in questo caso, sulla tecnologia. E’ chiaro che tale discorso non può valere per tutte le professioni perché, se si è commessi in un negozio, non si può pensare di agire da casa. Ma una gran fetta dei mestieri, potrebbe risolvere la situazione standosene nello studiolo, in cucina, in sala o persino in camera da letto sfruttando il web e l’energia elettrica. Questi, però, debbono reggere all’urto. Ecco! E’ il passaggio numero due. Dopo essersi accorti dell’importanza della scienza e della tecnica è necessario riuscire a migliorarne l’utilizzo. Nel 2021 è inimmaginabile pensare di essere privati della corrente. Non si può ricorrere alle candele o ad altri surrogati che, sino a qualche anno fa, potevano rappresentare una soluzione a ciò che veniva percepito come un disagio. Anche solo per un breve periodo si può resistere senza riscaldamento, acqua calda e spesso anche possibilità di cucinare? Credo proprio di no! Non è l’uomo che è cambiato rispetto a decenni fa. E’ la situazione che si è modificata e al blocco del singolo si va ad aggiungere un mondo che viaggia ai 3mila all’ora creando una discrepanza tra le parti, poi molto difficile da colmare. E’ obbligatorio rimanere sempre al passo non perché si è di fronte a un essere umano egoista o vanitoso, ma perchè se Tizio perde una determinata mail o non riesce a rispondere a un appuntamento, in seguito può trovarsi seriamente in estrema difficoltà. Sarebbe opportuno “calmarsi” e rallentare o accettare la realtà e migliorare la tecnologia? Credo fermamente nella seconda ipotesi. Non può essere ammissibile che eventi atmosferici “blocchino” la vita delle persone. Gli esseri umani non devono essere posti nella situazione di dovere organizzare l’esistenza in base alle condizioni meteorologiche o al luogo in cui si trovano. Occorre svegliarsi e comprendere che è un assurdo. Il web, per esempio, è ormai indispensabile. Si pensi alla DAD. Deve funzionare dappertutto! Esiste, infine, un tema di costi. Bisogna ridurre il prezzo di tali beni. Essendo sempre più indispensabili, non devono rappresentare un lusso. E’ necessario, quindi, che siano alla portata di tutti. Avete presente i medicinali salvavita. Ci sono individui che lungo il corso della loro esistenza sono costretti ad assumere un farmaco e questo rappresenta una spesa davvero minima. Così dovrebbe essere pure per le tecnologie, almeno quelle più basilari. Pensate al pane o al riso. Sono tra gli alimenti più consumati sul pianeta e, in effetti, per acquistarli non è necessario svenarsi. Ecco, serve pure tale passaggio. Ci si trova, quindi, in estrema difficoltà proprio perché è obbligatorio effettuare successivi step per riuscire a essere realmente in grado di dominare la scienza e la tecnica.

Che ruolo svolgono i media in questa realtà? Beh… Sono fondamentali. Si parlava di Quarto Potere. In effetti, credo che abbiano un compito talmente importante da trasformarsi in una nascosta e involontaria regia. Se ci si pensa, una percentuale molto elevata delle informazioni che si ricevono giungono proprio da tali strumenti senza che le si riesca a confermare di persona. Delle serie: “Sono come San Tommaso, ci credo quando ci ho messo il naso”. Ecco, è impossibile. Voglio proporre un esempio molto banale. Quando si guarda la partita si ha la piena facoltà di decidere se quello che scrive il giornalista, il blogger o ciò che racconta il cronista è confacente al nostro modo di osservare il match e all’interpretazione che gli si dona. Tuttavia, quando ascoltiamo un telegiornale e ci si fa raccontare quello che accade all’interno di un Consiglio dei Ministri è necessario credere sulla parola. E’ difficile. Lo so. Proprio per questo sono assolutamente convinto che le professioni legate all’informazione debbano avere un codice etico strettamente rigido. Non parlo di regole concrete in quanto, purtroppo, spesso e volentieri è molto più forte la nostra coscienza rispetto al dettato normativo. Non intendo affermare che le leggi siano solo un’indicazione o non vengano rispettate, ma è chiaro che, se Tizio è convinto della bontà di una disposizione, la seguirà molto più attentamente. Non si può tradire la fiducia delle persone che pendono dalle labbra del web, della televisione o della radio e penso che, dopo questa terribile emergenza, si debba fare un’importante analisi della situazione perché, ahimè, il coronavirus ha sollevato tanta polvere da sotto il letto. Sono emerse montagne di fake news che hanno fatto soffrire inutilmente gli esseri umani o li hanno illusi ed è assolutamente inaccettabile.
Da ultimo, poi, ho notato fortemente una realtà che, forse, era già piuttosto palese. Tuttavia, mi pare sia venuta alla luce in maniera nitida durante quest’ultimo triste periodo. Credo che ci sia resi ancora maggiormente conto di quanto le notizie tristi acchiappino i click. E’ come se l’uomo fosse costruito per la negatività. Adesso, se si apre un sito web, un blog o una qualsiasi fonte di informazione, anche delle più rinomate, si nota la desolazione più totale. Credo che, ormai, ci si sia creati quasi una corazza contro le pessime notizie e si continui a skrollare leggendo una tragedia dietro l’altra con la stessa apatia che si utilizza a bere una tazza di caffè. E’ davvero angosciante e ancora peggio lo è pensare all’esistenza di individui che si crogiolano all’interno di tali vicissitudini. Questo vittimismo innato va ad alimentare l’avversità tanto che dalla formica ne deriva l’elefante.
E’ automatico. Se Tizio continua a gonfiare un palloncino già al limite, lo scoppia. Proseguendo a gettare benzina sul fuoco del pessimismo, si crea il caos e tale condizione non agevola certamente la ricerca delle soluzioni. La colpa, però, non è soltanto di chi crea la notizia, ma è quasi esclusivamente di chi la legge. E’ questo, infatti, che tende a voler udire il brutto per compiacersi in non si sa quale tristezza cosmica come se l’ansia e l’essere in totale balia degli eventi provocasse in lui una strana libidine.
L’esempio è semplice. L’altro giorno ho ricevuto un bollettino che la parrocchia del luogo in cui vivo manda con una cadenza molto dilatata. In prima pagina riporta le foto di quattro bellissime faccine di bimbi appena nati della zona. Questi sono fantastici e in piena salute. Eppure, durante il corso del tempo, nei dintorni, sono decedute più persone. Avete mai visto media a scopo di lucro aprire così? Una piccola Rivoluzione Copernicana.