Era gennaio 2020 quando, per la prima volta, si sentì parlare di coronavirus. In principio fu Li Wenliang. Un 34enne medico cinese che, insieme a un poco nutrito gruppo di individui, fece emergere verità sulla presenza dell’agente patogeno. Per tale motivo fu perseguito dalle Autorità Locali tanto che, dopo la sua morte causata proprio dalla malattia, qualcuno scrisse: “Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”. Il riferimento è al Vangelo di Matteo. L’essere immondo era conosciuto come un ospite in grado di colpire le vie respiratorie. Nulla di più. Si osservava, però, che molte persone contagiate morivano e non vi era la cura. Presto il Governo Cinese dovette arrendersi all’evidenza. Il problema era grave. In un sistema rigido e praticamente dittatoriale come quello del Paese Asiatico fu tutto molto semplice. Le Istituzioni optarono per un lockdown che più duro non esiste. Le persone vennero letteralmente barricate all’interno delle proprie abitazioni. Se ripenso a quelle immagini, ho il terrore dentro agli occhi. Una roba pazzesca e incredibile contraria a ogni minimo rispetto della dignità umana. Non so se siano leggende o realtà, ma si narra che, chi fosse trovato per strada senza il permesso, venisse raccolto dalle camionette militari. “Poveretti” pensavo “che situazione orribile!”. E’ questione di cultura. Là, un simile trattamento era accettato dalla popolazione. Credevo… Poi, però, riflettendoci in maniera più approfondita, mi sorge un dubbio. Hanno appoggiato una simile soluzione o si sono dovuti piegare a un regime che non lasciava nemmeno l’arbitrio di contestare? Dall’esterno è assolutamente non giudicabile.

Fatto sta che dalle Nostri Parti ci si è giustamente rivolti alla scienza. E chi se no? E’ un problema medico e non esiste interlocutore più credibile di quella disciplina. La risposta è stata chiara. Anzi, lampante. Per non dire cristallina: “Qui il covid-19 non sarà un problema!”. Boom! Una bomba! Ma anche il primo errore comunicativo. I media traboccavano di esponenti di tale settore che manifestavano un unico e solo parere:Non sono affari nostri”. Perché sostenere una tesi con tanta vigoria? Sono certo che avvenne in buona fede. Su questo non nutro alcun dubbio, ma cosa spingeva loro a mostrare tanta sicurezza? Sono, forse, le informazioni che giungevano dalla Cina ad avere condotto alla conclusione? Non lo so ma, se così fosse, sarebbe molto strano. Insomma, quel Governo non è esattamente lo specchio della trasparenza. Con ciò non intendo fornire un giudizio di valore. Sto soltanto cercando di fotografare la realtà. La Politica si è chiaramente fidata di una tale convinzione e non ha probabilmente adottato le contromisure più efficaci per frenare l’avanzata del virus. Forse era già troppo tardi? Può essere. I ritardi asiatici nello scoprire la realtà dei fatti dovrebbero avere dato al SarsCov2 quel vantaggio indispensabile per fuggire dalla marcatura e gironzolare liberamente per il mondo. Se il problema fosse avvenuto anche soltanto mezzo secolo fa, magari, non avrebbe avuto conseguenze di una portata geografica tanto importante. Non voglio paragonarlo con la spagnola o altre simili pesti perché non ho sufficienti informazioni mediche, ma posso sostenere che la globalizzazione d’oggi ha rappresentato un veicolo fondamentale per il contagio. Per dichiarare la tesi, non servono enormi saperi. Così, quando sono stati bloccati i voli dalla Cina, il dado era già tratto. A tutto ciò si aggiunga che i vari Paesi si sono comportati in modo disomogeneo per cui, da quello Stato, si sarebbe potuti giungere alle nostra latitudini tramite degli scali? In sostanza, la situazione è completamente sfuggita di mano e sarebbe opportuno che si iniziassero delle procedure giuridiche atte a trovare eventuali colpevoli. La mia non è fame di vendetta fine a sé stessa. Soltanto, per la giustizia, una strage di queste dimensioni non può passare legalmente inosservata, altrimenti vi sarà il forte rischio di superficialità futura. Gli scienziati stanno già avvertendo di possibili prossime pandemie. Non si può certo pensare di affrontarle come il covid. Sull’immaginario banco degli imputati, quindi, finiscono 3 entità: il caso, verso cui non si può fare nulla, la scienza e la politica. La prima viene considerata appunto per un palese errore comunicativo. Watzlawich ha enunciato 5 assiomi della comunicazione. Tra questi ritiene che non si possa non comunicare. In una comunicazione esista un aspetto relazionale e si comunica in posizione simmetrica o complementare. Nel primo caso si intende a un livello parificato. Nel secondo, no. I classici esempi sono gli amici o i genitori e i figli. Parto dal primo assioma. Ogni atteggiamento produce informazioni nell’interlocutore. Se Tizio mi esprime grande sicurezza, io percepirò quel sentore e lo farò mio. Esiste, poi, una questione di rapporti. Se Tizio è una persona che vanta estrema affidabilità, non avrò problema a considerare ciò che dice come oro colato. Infine, si ha una posizione di svantaggio. Quando tratto della citata disciplina non mi riferisco alla materia in sé, ma a molti dei suoi rappresentanti che sovente erano, e sono, in televisione. Nel momento in cui si occupa quel ruolo, si deve aver ben presente la portata della comunicazione che, a proposito, è una scienza. Perché mostrare tanta sicurezza quando questa, in ogni caso, non avrebbe potuto esserci? Una persona con senno conosce molto bene pure tale asserto. In alternativa, è in preda a un delirio di onnipotenza. Ciò non è assolutamente credibile. Inoltre, questi dottori avrebbero dovuto fare attenzione all’aspetto relazionale e all’elevata percentuale di credibilità assunta, per riconosciuti meriti, all’interno della popolazione. Da ultimo, non va dimenticata la posizione complementare. Ecco servito il mix perdente. Forse, sarebbe bastata maggiore umiltà. E la politica? Beh, anche lei sapeva che nessuno è infallibile e probabilmente avrebbe dovuto tenere in maggior considerazione l’antico adagio per cui: “Fidarsi è bene. Non fidarsi è meglio”.

Il covid, infatti, è sbarcato in Italia e poi nel mondo trasformando l’epidemia in pandemia. E’ arrivato il lockdown e la comunicazione scientifica è cambiata totalmente. Dalla sicurezza dogmatica precedentemente mostrata, si è passati a un’incertezza sconcertante. Avete presente quando siete in mezzo al mare nell’acqua dove non si tocca e siete aggrappati a uno scoglio. Ecco, immaginate che, di punto in bianco, quel masso si sgretoli tra le vostre mani. Come vi sentite? Più o meno è accaduto lo stesso. E’ mancato l’equilibrio. Le persone si sono, quindi, trovate spaesate e il panico ha preso il sopravvento. Dove accade questo, il caos regna. E infatti… Il primo confimaneto vantava ancora la piena fiducia della stragrande maggioranza del popolo. Qui da noi, ciò è dimostrato dalla gioia salvifica con cui si accettavano i dictat di Conte. Questo, però, era l’humus in cui stava sgorgando la sfiducia nei confronti della scienza che, ancora una volta, forniva gli imput alla politica in un gioco di scaricabarile un tantino pericoloso. La prima, infatti, correttamente, rivendicava l’impossibilità del potere decisionale. La seconda, però, giustificava le proprie scelte sulla base del pedissequo rispetto dei pareri consultivi. Questi, tuttavia, erano chiari nel sostenere di non essere affatto sicuri che il confinamento portasse alla fine dell’incubo. Ricapitolando: mancanza di equilibrio-insicurezza-caos. I media erano ormai la nostra unica fonte di contatto con il mondo esterno e i vari competenti che li utilizzavano per lanciare il loro messaggio avrebbero potuto tracciare una via mediana. Attenzione! In questo pezzo non ho mai giudicato alcuna decisione. Sto soltanto parlando di approcci comunicativi e conseguenze che ne sono scaturite.

Fine del lockdown e luce in fondo al tunnel? Macché. L’estate è trascorsa in modo piuttosto sereno, ma era abbastanza palese che, senza una soluzione chimica, il terremoto sarebbe tornato sotto forma di ondata e non di scossa. Infatti, è stato così. Nel frattempo, però, iniziavano le battaglie mediatiche tra i vari scienziati. E’ stato un bene? Per me, sì. Ma perché io sono fermamente convinto che non esiste l’assoluta oggettività nemmeno in quell’ambito. D’altronde, basti pensare che, se ci si rivolge alla medicina per qualsiasi parere, due professionisti donano sovente visioni differenti. E’ normale perché la perfezione è trascendente mentre la scienza è immanente. Altri, però, pur essendo a conoscenza della possibilità di errore del metodo di tale disciplina, non accettano che possano esservi questioni di contrasto. Così si sono trovati ancora più spaesati e la fiducia nella materia è scemata. E’ come il padre che abitua il bambino ad andarlo a prendere a scuola ogni sabato senza però prometterglielo apertamente. Poi arriva il weekend che il fanciullo trova il nonno e perde la sicurezza in ciò che afferma il genitore. Ma la colpa è della disciplina o di chi ha sempre avuto una determinata idea della medesima? Per me, è delle persone e bene ha fatto la scienza a mostrare il suo lato umano. Si giunge quindi al secondo lockdown. E’ stato meno rigido del primo, ma pure accolto con uno spirito totalmente diverso.

Sono arrivati i vaccini. Ecco la soluzione chimica tanto richiesta. Ecco l’arma che davvero è potenzialmente in grado di rendere la malattia meno forte dell'essere umano. Attenzione! Non si dice che la debelli nel breve periodo, ma la rende gestibile. Ciò che ha prodotto tutte le restrizioni dovute al coronavirus è rappresentato dall’immenso numero di ospedalizzazioni provocate. Se il siero risolve lentamente questo problema, poi, tutto diventa più semplice ed è scontato che, dall’istante in cui non si deve fare più grande riferimento ai nosocomi, anche l’affezione regredisce d’importanza. E’ matematico. Cosa è accaduto? Gran parte delle persone ha accettato di sottoporsi al trattamento, ma molte altre hanno optato per una diversa soluzione. Come si è risposto? Per determinate categorie, con un obbligo diretto. Più tardi è nato il Greenpass. Non sto a dilungarmi, tanto tutti lo conoscono anche nella sua prima versione. Infine è stato ideato quello che chiamo il “Super Greenpass”. Non voglio ideare un neologismo. Semplicemente gradirei che emergesse la netta differenza tra le due fattispecie. Il secondo, praticamente, è un obbligo indiretto che però non determina le responsabilità fornite dall’imposizione. Il Governo si è trovato di fronte a una scelta simile per miriadi di motivi. Non è questo lo spazio per elencarli, ma vi è una causa che nessuno ha mai rimarcato: la comunicazione scientifica e le conseguenze da essa prodotte. E’ chiaro che la sfiducia in questa disciplina, purtroppo, è aumentata.

Sono vaccinato e felice di avere adottato questa decisione. Mi sento più protetto. Ho fatto tale scelta ben consapevole dell’imperfezione della scienza e non mi sono trovato spaesato quando l’ho vista in difficoltà perché sapevo che quel momento sarebbe potuto arrivare. Non si tratta di divinità, ma di esseri umani. Io mi fido di loro. Non mi sento, però, in grado di lanciare ulteriori messaggi a favore del siero perché ritengo che la sensibilità di ognuno debba avere il sopravvento e non vorrei mai alcuna responsabilità, nemmeno consigliare, nelle scelte di un’altra persona su una tematica così delicata. Ciò che voglio fermamente sostenere, però, è che la detta disciplina non ha sbagliato nella sostanza. Forse, l’ha fatto nella forma e, purtroppo, se ne pagano pesantemente le conseguenze. Nella speranza che sia stata imparata la lezione, l’indicazione è quella di fidarsi di essa con la consapevolezza di essere di fronte a qualcosa di immanente.