Lo so. E’ la cosa peggiore che si possa scrivere. La Didattica a Distanza, meglio conosciuta come DAD, è lo smartworking delle classi. In pratica, alunni e insegnanti si collegano tramite la tecnologia e così interagiscono facendo lezione. E’ una situazione terribile. Ne sono pienamente consapevole. E’ distruttiva per un certo tipo di socialità e complica pure l’apprendimento, ma potrebbe essere doverosa e inevitabile. Purtroppo, in pandemia, si corre il rischio di non potersi permettere la scuola. E’ una frase orribile ma, d’altra parte, si è sempre detto che siamo in emergenza e perciò è necessario adattarsi a realtà che normalmente non sarebbero accettabili. Ho costantemente pensato che si debba fare il possibile per tornare alla “normalità”, ma credo che questo comparto possa essere davvero al limite del sostenibile e il suo blocco momentaneo serva a migliorare la condizione generale.

Cercando sul web è davvero difficile trovare un dato completo che fotografi la situazione, ma si possono recuperare tanti numeri mostranti una condizione molto disagiata. Il Corriere della Sera, per esempio, apecifica come, solo a Bologna, 50 classi siano attualmente in quarantena. Significa che 700 persone sono in isolamento. Milano Today, invece, rivela che i dati meneghini parlino di 156 gruppi fermi a casa. La stessa fonte riporta come, in tutto il territorio lombardo, vi siano 9414 alunni e 567 operatori scolastici bloccati. Non voglio stancare troppo con i dati e penso che già questi determinino la portata della vicenda.
Cosa significano in concreto le cifre? Tizio, alunno delle scuole medie, si alza alle 6.30 della mattina. Prende un tram che è affollato da lavoratori e colleghi studenti. In alternativa può salire su un pulmino dove, in teoria, occorrerebbe indossare le mascherine. In pratica? Il DPI che si mette sul volto è stato utilizzato in più occasioni? E’ riciclato? E’ valido? E’ portato nella maniera corretta o viene abbassato sotto il naso? Infilato nel mento?
Tizio arriva a scuola. Dovrebbe entrare senza mischiarsi con altri, ma lo fa anche nel tragitto che conduce dal bus all’edificio? Le aule sono circa le medesime che si avevano nel periodo precedente la pandemia. Fidatevi: non sono enormi. Lì vi sono, mediamente, 25 persone che trascorrono 5 o 6 ore ferme, immobili, in un ambiente chiuso. Ci sarà il ricircolo d’aria dato dall’apertura delle finestre, ma è sufficiente? Viene eseguito con i tempi e i modi corretti?
Si immagini, invece, un esercizio commerciale: un’edicola. Caio entra, compra ed esce. E’ tutto molto più semplice. Volete che scambi due chiacchiere con il negoziante. Va bene… Concedo anche con quello, ma ritengo difficile che vi stia per lo stesso lasso di tempo di una classe dove, tra l’altro, il vociare del professore e degli alunni è costante. Da quanto ho compreso, l’agitarsi e il colloquiare aumenta la probabilità di contagio.
Terminate le lezioni, Tizio torna a casa con le medesime modalità con cui è arrivato. Non è difficile che pranzi con i nonni, magari anziani e sicuramente non giovani, perché i genitori sono al lavoro. Non credo che all’interno dell’ambiente domestico si faccia utilizzo della mascherina. Questi, poi, lo accompagnano alle attività pomeridiane dove incontra altre persone. A prelevarlo, questa volta, ci si reca la madre, o il padre, che lo porta a casa. Ora immaginativi che Tizio fosse asintomatico e positivo al coronavirus. Potenzialmente e involontariamente, in 24 ore, avrebbe provocato una strage.
Ci possiamo permettere tutto questo?

L’esempio di vita quotidiana rappresentava un fanciullo delle medie, ma la situazione è ancora più grave se si pensa agli asili, dove i bambini nemmeno utilizzano dispositivi di protezione individuale, o alle scuole superiori. La socialità di questi ultimi, infatti, diviene molto più pericolosa perché il numero di attività svolte si moltiplica rispetto a quelle del ragazzo più giovane. Si pensi, per esempio, alla partecipazione ad eventi serali o persino notturni. Questo, chiaramente, pare limitato agli ultimi anni perché è difficile che nel triennio siano concesse simili facoltà. E’ pure un problema di naturale maturità. Troppo sovente un ragazzo non pensa alla morte. Non vede il pericolo per poi pentirsi più avanti versando le classiche lacrime da coccodrillo. Me è giusto che sia così. L’esperienza deve insegnare e, se non si vive, è tremenda. Soltanto che certi tipi di esperienza è meglio evitarli perché possono risultare estremamente dannosi per se stessi e per gli altri. “Festicciole senza freni” et similia vanno a propagare quanto accaduto a scuola la mattina.

Qualcuno, giustamente, sosterrà che sia consigliabile abolire determinati tipi di socialità rispetto a quella istruttiva. Sono d’accordo ma, signori, occorre essere molto concreti. Come si può impedire che vengano celebrate nocivi party all’interno delle abitazioni? Torneremo mica a parlare della possibilità di mandare le Forze dell’Ordine a fare verifiche a spot nelle case! Suvvia, fortunatamente si vive in un Paese Democratico. Si evitino folli derive autoritarie. Non si tratterà ancora dei vicini “paladini di giustizia” che chiamano la Polizia se odono comportamenti sospetti! Si rischia di diventare piuttosto orwelliani e si finirebbe per considerarli degli “spioni”. Purtroppo, all’immaturità, non c’è cura. Dovrebbero essere i genitori ad avere la forza di fermare certi scempi. Tuttavia, pur non essendolo, mi rendo conto di quanto sia complesso. Proprio per massimo senso di realismo, sono costretto a scrivere un’antitesi in contrasto a chi sostiene che, se si chiudono le scuole, bisogna praticamente tornare a un lockdown come quello dello scorso inverno.
E’ proprio il contrario. Chiedo un periodo di DAD per evitare questa situazione che sarebbe assolutamente insostenibile. Ancora una volta desidero essere estremamente pratico. Quando l’istruzione è in presenza, la curva dei contagi sale. Nel momento in cui non è più così, spesso, scende. Sicuramente vi saranno altri motivi e non posso dare giudizi in proposito perché non ne ho le competenze, ma provo a fotografare la realtà.
Non si può provocare ulteriori e nuove sofferenze ad altri comparti per consentire a quello di essere attivo. Mi rendo conto che è estremamente orribile pensare allo stadio o al centro commerciale frequentabile dal pubblico mentre si impone la Didattica a Distanza ma, a volte, pur di mangiare il pesce ci si tappa il naso. Occorre pure guardare al lato più sostanziale della vicenda. Molto sovente l’insegnante è un dipendente pubblico. Questo sarebbe comunque pagato dallo Stato che, tra l’altro, lo fa mentre lavora. Il professore presta il suo servizio anche con la didattica da remoto. A differenza sua, il commesso di una profumeria è un lavoratore del privato che, se non percepisce retribuzione dal suo datore, diviene a carico dello Stato. Quest’ultimo non è nella condizione economica per poterlo supportare. Poi si parla di aumento delle bollette e quant’altro… Pensate, infine, a quante scuole, asili o università sono presenti in Italia ogni giorno e ai numeri di individui che muovono.
Vale la pena tanto rischio? Scusate, so di essere in minoranza, ma sinceramente non credo.

Si immagini quante persone si pongono in una potenziale situazione di pericolo. Il numero di insegnanti ultracinquantenni non è certamente basso così come quello di individui considerabili “fragili” che frequentano tali ambienti. E’ necessario tutelarli da una situazione potenzialmente devastante perché si hanno le possibilità per farlo. L’istruzione, infatti, può funzionare tramite la DAD. Sicuramente si pone un tema di socialità a cui ho già accennato a inizio del mio pezzo ma, pure per questo, è necessario essere concreti. So che sembra assurdo, tuttavia certe attività pomeridiane, che comunque rispondono a determinati bisogni di compagnia, risultano, per numeri e modalità, più controllabili delle scuole. Pensate alla lezione di musica. Non si formano gruppi enormi di individui fermi per 5 o 6 ore in un medesimo ambiente chiuso. Lo stesso vale per la partita di calcio dove si può serenamente evitare l’utilizzo dello spogliatoio. Anche gli sport indoor vedono location più ampie e tempi di permanenza inferiori. Non sono un medico, ma se un genitore accompagna un bambino per qualche ora di svago con un suo amico, senza creare masse indefinite di infanti, non noto una situazione drammatica. Forse, a oggi, questo è il tipo di socialità che possiamo permettere ai nostri giovani. E’ un momento orribile della storia, ma dev’essere affrontato con le armi che si hanno a disposizione evitando di essere guidati nelle scelte dai moralismi.

La chiusura delle scuole e il conseguente ritorno alla Didattica a Distanza è un tentativo che adotterei con lo scopo di verificare se possa veramente rappresentare una soluzione. Nel caso in cui si vedesse che ha un impatto sulla curva del contagio, allora, sarebbe necessario mantenerlo e cercare immediatamente vie alternative per ricondurre pure tale comparto alla normalità. Questo anche perché si pone un’enorme problematica rappresentata dalla difficoltà di affidare i ragazzi mentre sono in DAD. E’ inutile nascondere che, spesso e volentieri, la scuola svolge il ruolo di “nursery”.
Non tutti, poi, hanno il potenziale economico e tecnologico per far fronte alle richieste dell’istruzione da remoto. Scrivere queste pagine è stato, per me, un grande sacrificio. Lo ammetto. Desideravo, però, essere onesto sino all’ultima goccia di inchiostro perché non vorrei mai che il mainstream o il pensiero moralista generale bloccassero una possibile soluzione migliore. Non penso che tale possa essere rappresentata dall'accettare solo gli alunni vaccinati. Sarebbe discriminatorio a livelli folli. L’allontanamento dagli altri, infatti, deriverebbe da una decisione che nemmeno dipende da loro, ma dai genitori. Penso sia meglio fermarsi un attimo, valutare la situazione e riaprire con approcci migliori. Magari le vacanze di Natale possono rappresentare un naturale toccasana, ma urge sfruttarle al meglio.

Bisogna effettuare scelte, anche difficili, ma volte a salvare le persone dalla morte che deriva dal covid e, ormai soprattutto, dalle conseguenze che esso provoca sulla salute mentale, sociale ed economica degli individui.
Troppo spesso ciò non è accaduto gettandoli nell’incertezza e generando panico ingiustificato o false speranze.
Fare bene era difficile, ma fare peggio pure!