Tornare con i piedi ben saldi a terra. 
La Juventus ha perso contro il Chelsea e lo ha fatto in una maniera orribile. E’ stata surclassata. Non ha toccato il pallone. Proprio non è scesa in campo. Sczcesny ha parlato di “partita tragica” e credo che il suo pensiero non lasci spazio ad alcuna argomentazione contraria. Il poker calato dalla squadra di Tuchel ha assunto l’aria di un’umiliazione. E’ un 4-0 molto pesante da digerire sia nelle dimensioni che per quanto visto in campo. La gara non è mai iniziata perché gli inglesi sono stati superiori sotto il profilo atletico, ritmico, fisico, tattico e tecnico. Non c’è un punto su cui i bianconeri si possano appellare: nemmeno la clamorosa occasione avuta da Morata e salvata da Thiago Silva sulla linea di porta. Poteva essere una sliding door? Vedendo ciò che è accaduto più tardi, mi risulta alquanto difficile pensarlo. E’ una batosta senza repliche e cercare degli alibi rischia di divenire più dannoso che utile. Si pensa al fatto che la Vecchia Signora sia entrata in campo meno determinata avendo già strappato il pass per gli ottavi di finale, Sembra palese, ma la sensazione è quella per cui, anche con un atteggiamento diverso, non sarebbe andata bene. Non si devono accampare giustificazioni. E’ andata molto male. Può capitare. Serva ancor più da lezione.

La Juventus ha sfidato i campioni d’Europa e questo è il gap tra le squadre. C’è poco da nascondere. I sabaudi se la sono vista con i detentori della Coppa che rappresentano, al momento, il meglio. Chelsea, Liverpool, Bayern Monaco, Manchester City e Psg, probabilmente, sono il gota del pallone mondiale. E’ una ruota che gira. Accade in tutti i cicli. Si è assistito al dominio spagnolo con Real Madrid, Barcellona, Atletico e Siviglia che spadroneggiavano per il Continente in lungo e in largo. Tra queste si è ritagliata un posto d’onore proprio la Vecchia Signora che, però, non è stata in grado di compiere quel passo decisivo per raggiungere il successo. Risulta francamente vano esercizio stilistico ricordare quanto accaduto a Berlino, nel 2015, e a Cardiff nel 2017. Quelle compagini non esistono più. Sono finite e, per usare un termine ancora più forte ma forse sgradevole, sono defunte. Di loro non si ha più alcuna traccia e basta guardare le formazioni per comprenderlo. Buffon; Lichtsteiner, Bonucci, Chiellini; Evra; Pogba, Pirlo, Marchisio; Vidal; Tevez, Morata. Questi furono gli eroi che sfiorarono il triplete perso soltanto all’ultimo atto tedesco. Elencherò, invece, la versione sabauda che giunse sino in Galles: Buffon; Dani Alves, Bonucci, Chiellini, Alex Sandro; Pjanic, Khedira; Cuadrado, Dybala, Mandzukic; Higuain. Si arriva a quella odierna: Sczcesny; Danilo, Bonucci, De Ligt, Alex Sandro; Mckennie, Locatelli, Rabiot; Chiesa, Dybala; Morata. Insomma, la differenza è palese così come il ringiovanimento della rosa. Il meccanismo deve ancora ingranare. E’ vero che già nella passata stagione esisteva tale problema, ma non sempre i cicli vincenti si costruiscono nello spazio di un amen. Serve tempo. Intanto ci si è affidati a un nuovo tecnico, Allegri. Al motore, poi, è stato aggiunto Locatelli, un regista che nella trascorsa annata mancava. Si è fatto il grande passo di privarsi di Ronaldo e non è poca cosa. Non si può pretendere di giocarsela subito alla pari con i più bravi. Sarebbe assurdo.

Vi ricordate la finale di Cardiff? Quella squadra era nettamente migliore dell’attuale e con giocatori già all’apice della loro carriera, ma fece la medesima figura e con lo stesso canovaccio. Dopo un primo tempo disputato in maniera sufficiente, nella ripresa, i bianconeri si sciolsero e la partita terminò con un poker al passivo. Anche in quel caso sfidavano il top. Ma in tale periodo non udii tutte queste critiche. Anzi, sentii la soddisfazione per un gruppo che aveva vinto Scudetto e Coppa Italia. Qual è la differenza? Che oggi è accaduto a novembre e durante la fase a gironi? Non credo perché sarebbe illogico. E’ persino meglio che sia successo in una gara ininfluente nell’ottica qualificazione. Vincere il gruppo è importante, ma non fondamentale. Le esperienze delle due trascorse stagioni insegnano che le prime 16 d’Europa rappresentano comunque autentiche mine vaganti. Le eliminazioni patite da Lione e Porto dopo un sorteggio che sembrava favorevole mostrano che, alla fine, è necessario giocarsela con tutte. Certo che evitare un accoppiamento con Liverpool, Bayern Monaco e City sarebbe manna da cielo. I bianconeri hanno ancora una risicata chance di successo. Dovranno battere il Malmoe in casa e non sembra impossibile. E’ più difficile sperare che i Blues non facciano la stessa cosa nella campagna russa contro lo Zenit. E’ vero, però, che la trasferta dicembrina di San Pietroburgo nel bel mezzo del campionato non è mai cosa gradita.

Ma che sciocco che sono! E’ chiaro che la versione 2016-2017 della Juventus, in Italia, aveva vinto praticamente ogni ben di Dio. Tuttavia, siamo solo a novembre. Mi pare che di tempo a disposizione ve ne sia ancora parecchio e nulla sia matematicamente definito. Anzi… Se si vogliono proprio raccontare i fatti, si noterà che, nelle ultime due gare, la Juve ha rosicchiato 5 punti all’accoppiata in vetta alla classifica di serie A composta da Milan e Napoli. Il distacco è ancora molto ampio: 11 lunghezze. Ma si fa presto perché il torneo è molto equilibrato. Non mi sembra, poi, che vi siano squadroni imbattibili. E ora arrivo al punto. Il mio pezzo non vuole essere una difesa della Vecchia Signora, ma un allarme al pallone italiano. Non vorrei ci si addormentasse sugli allori o si pensasse di essere già vicini al traguardo. La vittoria dell’Europeo itinerante, maturata lo scorso luglio, dev’essere considerata uno step prematuro e non un punto d’arrivo. Mi pare di notare, invece, che si stia facendo un passo indietro. Questo non va bene. Signori, campionato e nazionale sono strettamente collegati. Non è un caso se gli inglesi sono giunti alla finale continentale proprio mentre la Premier distrugge tutti gli altri tornei. Il mancato successo con gli azzurri è sicuramente una questione di merito degli avversari, ma ci sono anche molte altre componenti. Prima fra tutte, la mentalità di una compagine che, come per i bianconeri in Coppa, si è un tantino arrovellata nelle sue ossessioni. Non è finita qui. I sudditi di Sua Maestà sono abituati a disputare ben 4 competizioni stagionali interne che significa una in più rispetto alla maggior parte degli altri Paesi. Ciò li conduce a un numero di partite esorbitanti che condiziona naturalmente l’esito delle kermesse estive. Sono esseri umani, non automi. Proprio a tal proposito sarò molto curioso di vedere i Tre Leoni in Qatar perché ho il forte presentimento che, con un Mondiale a metà annata, potranno regalare qualcosa di mai visto. In pratica, la scorsa estate non hanno vinto i più forti, ma quelli che sul momento sono risultati i migliori. La differenza sta tutta lì e occorre saperlo ammettere. Proprio da quelle basi è necessario partire. Anche il bolide abbisogna di una progressione e di un tempo per giungere a una determinata velocità. Noi abbiamo abbattuto, con fortuna, bravura e astuzia, tale barriera, ma non dobbiamo sentirci di più di ciò che siamo. Altrimenti, tra un anno, in Medio Oriente manco ci metteremo neanche piede. L’avviso è suonato forte e chiaro circa 10 giorni fa. I playoff sono un paracadute fondamentale e vedremo se la sorte sarà clemente nel sorteggio ma, se li approcceremo senza la giusta intensità e volontà, staremo a casa dall’Asia. Vorrei ricordare a tutti che abbiamo eliminato l’Austria solo ai supplementari e, se non ci fosse stato il Var a segnalare un fuorigioco millimetrico di Arnautovic, saremmo qui a parlare di una delusione azzurra. La Spagna ci ha letteralmente dominati. Abbiamo vinto con il “corto muso” che più breve non si può: ai rigori. Se lo facesse Allegri… Lo stesso nella finale con l’Inghilterra. Calma, o meglio, “halma”.

Milanesi a parte, è necessario che si ritrovi l’umiltà anche riguardo i club. I rossoneri, inseriti in un girone con Liverpool, Atletico e Porto, per ora, sono arrampicati sulla fiducia, ma servirà l’impresa. Di ritorno nella competizione dopo 7 anni, hanno fatto il possibile e la vittoria di ieri a Madrid con gli uomini del Cholo è qualcosa di super straordinario. Pare andare oltre ogni aspettativa eppure i Colchoneros visti in questa Coppa Campioni non hanno fatto scintillare gli occhi. Ciò che importa, però, è proprio lo spirito messo in campo dal Diavolo che ha affrontato l’avversaria con una concentrazione mai vista, con un’energia incredibile e mostrando il rispetto che si deve ai più grandi. Poco conta se la situazione era disperata. Lo stesso vale per l’Inter che si è andata a riprendere una qualificazione agli ottavi con grande merito. I medesimi complimenti, invece, non sono possibili per le altre che sembrano viaggiare più sulle ultime frequenze della nazionale. Nella gara di andata contro il Chelsea, la Juve ha vinto con una prova perfetta, ma era palese che avesse raggiunto una soglia difficilmente ripetibile e i Blues avessero fatto lo stesso nel basso. Martedì avrebbe dovuto vendere cara la pelle nonostante avesse già in tasca il pass per il prossimo turno e, invece, ha mollato. Se penso all'Atalanta, noto un'aria molto pericolosa. Percepisco delusione perché non ha ancora passato il turno. Ma si è notato il girone in cui è inserita? Manchester United e Villareal sono le finaliste della scorsa edizione di EL. Non si parla di dilettanti. La Dea ha stupito tutti andando oltre ogni limite, ma non si può pensare che debba sempre trionfare senza sudare e, se dovesse scendere di competizione, avrebbe una grande chance di poter cercare il colpo grosso. Comunque tanta roba. Se si guarda alle altre competizioni, che vedono impegnate le romane e il Napoli, non è che la situazione sia così florida. Anzi, si ha costantemente l’impressione che le scelte dei tecnici vadano nella direzione di snobbare tali kermesse. Così facendo bloccano la crescita del movimento.

Si sta perdendo l’equilibrio. Dopo la mancata qualificazione al Mondiale 2018 si ingigantivano i problemi. Ora che abbiamo vinto l’Europeo pare si rimpiccioliscano e il dover affrontare gli spareggi mondiali ci ha solo in parte svegliato. Le nazionali sono composte dai giocatori dei club e, tranne rare eccezioni, la stragrande maggioranza di essi milita nello stesso campionato di cui veste la maglia della rappresentativa. Arrivo quindi a ribadire la teoria per cui i concetti sono inscindibili. Quando la Juve diceva il suo in Europa andando incontro a ottime figure e gli orobici iniziavano la loro epopea, ci si lamentava. Pure i partenopei e la Roma provavano a sfidare le big continentali senza troppe figuracce. Lo stesso valeva per la Lazio soprattutto in EL. Ma si tendeva a non vedere alcuna crescita del nostro calcio perché ci si concentrava quasi esclusivamente sull’Italia di Ventura. Era, invece, il preludio di ciò che sta accadendo adesso. Si è di fronte a una crescita lenta e costante del movimento. Il picco del trionfo europeo è una parentesi da dimenticare per tutto il calcio tricolore. Non solo per gli azzurri. “Chi va piano, va sano e va lontano...”