Il 24 febbraio 2022 la Russia invase l’Ucraina, dando così avvio ad un conflitto che tra una decina di giorni festeggerà un anno.

Il 7 marzo 2022, dodici giorni dopo l’inizio delle ostilità, scrissi un articolo intitolato “Zelensky e quella strana voglia di fare la guerra” con il quale raccontai, attraverso le notizie che mi arrivavano dall’Ucraina, di bombardamenti, paura, rabbia, disperazione, distruzione, fame, sete, freddo, buio e morte.
In quei giorni di fine inverno dello scorso anno persi i contatti con un’amica che viveva a Mariupol con il figlio di nove anni. Per giorni, per più di un mese, rimasero a proteggersi in un bunker mentre le bombe nemiche devastavano la città, distruggevano la casa che era riuscita a comprarsi con tanti sacrifici, lavorando lontano dalla sua terra natia.
Per fortuna quella ragazza e suo figlio sono sopravvissuti ed oggi, come molti loro concittadini, sono in Europa, in Italia, a provare a dimenticare l’orrore vissuto e a ricominciare una vita serena, normale.
Loro sono fortunatamente sani e salvi, ma quante persone sono morte e quante ancora ne devono morire prima che il buon senso di tutti dica basta a questa follia ancora in corso a due ore di volo da noi?

Nell’articolo di un anno fa circa, non trovando una ragione comprensibile alla strana voglia di fare la guerra del capo del governo ucraino, ipotizzai che volesse trascinare il mondo occidentale nella terza guerra mondiale, in un conflitto globale per svincolare l’Ucraina dalla Russia, per uscire una volta per tutte dal soffocante, schiacciante peso dell’ex Unione Sovietica e di tutto ciò che quel modello rappresentava e ancora rappresenta nella testa di chi, come per esempio il signor Putin, questo cambiamento finale NON lo vuole.
Diciamo la verità, se Zelensky voleva quello ci è riuscito: il mondo è da un anno in guerra.

Il mondo è in guerra, la minaccia nucleare ci fa tremare le gambe, il gas e il petrolio di cui non possiamo ancora fare a meno hanno raggiunto prezzi record, e la gente in Ucraina continua a non avere luce, acqua, riscaldamento, continua a sentire i boati delle bombe, continua a vedere la propria terra bruciare.
Sia chiaro, a scanso di equivoci, non voglio assolutamente giustificare il comportamento dei russi, non voglio dire che gli ucraini si debbano prostrare dinanzi allo Zar Vladimir, ma forse, arrivati a questo punto, dovrebbero mettere un pochino da parte l’orgoglio e trovare una soluzione, anche dolorosa, per metter fine a questa guerra che sta solo, come tutte le guerre, portando morte e distruzione.
I motivi per cui Putin vuole una parte dell’Ucraina sono molteplici, sono così più grandi me che non mi permetto di giudicarli. Il mezzo con il quale vuole arrivare all’obiettivo mi sento però di condannarlo. Nessuno ha il diritto di invadere, di distruggere, di uccidere. Tutti abbiamo il dovere di dialogare, ottenere civilmente ciò che pensiamo nostro. Tutti dobbiamo cercare la pace. Anche Putin, anche Zelensky lo devono fare.

Tra dieci giorni sarà un anno di freddo, di buio, di morte. Di genitori che non vedono i figli, di nipoti che non vedono i nonni, di mogli che non vedono i mariti.
Quanto ancora deve durare tutto questo?
Vasco Rossi una quarantina d’anni fa circa scrisse una canzona che diceva: fottitene dell’orgoglio, ne ha rovinati più lui del petrolio.

Non so se si tratta di orgoglio o di altro, ma mi permetto di mandare un messaggio al presidente ucraino: caro Volodymyr, per favore basta chiedere armi, chiedi un incontro, “regala” un pezzo della tua amata terra, e porta a casa la pace e la libertà per il tuo popolo e per tutti noi.