José Mourinho, l’uomo speciale di Setubal, è stato esonerato dalla proprietà americana della Roma. Questa è la notizia che dalle 09.30 di stamattina è iniziata a circolare su tutti i mezzi di comunicazione.
La cosa mi rende un po’ triste, perché affettivamente legato a lui per il triplete interista, e perché lo ritengo un personaggio importante in grado di valorizzare il campionato del Paese in cui allena.

Mourinho non è solo un essere umano, un allenatore di calcio, Mourinho è un marchio, è come il Real Madrid, dove va riempie stadi e sale conferenze stampa.
Mourinho fa vendere biglietti stadio, abbonamenti pay tv, magliette, giornali. Perdere Mourinho significa diminuire l’appeal, il valore del prodotto.

Qualcuno, forse a ragione, obietta dicendo che il Mourinho di oggi non è quello di quindici anni fa, quello arrivato all’Inter nel 2008, quello che è stato in grado di riscrivere in maniera positiva la storia del club nerazzurro.
Quello era giovane, pieno di energie, unico nel suo modo di comunicare, di attirare tutte le attenzioni mediatiche su di sé lasciando così tranquilla la squadra. Unico nella capacità di motivare i giocatori, unico nell’interpretazione di un calcio solido e vincente. Quel Mourinho era straordinariamente speciale in tutto quello che diceva e faceva, e straordinari erano i risultati delle squadre da lui guidate.

Oggi di quel Mourinho è rimasta forse solo l’ostinazione a voler continuare ad essere identico, come se il tempo si fosse fermato, come se il mondo non fosse andato avanti, come se il calcio nel suo insieme non avesse avuto un’evoluzione.
Quel modo di giocare, di comunicare, di polemizzare, di litigare con gli arbitri, di motivare i calciatori creando una guerra ogni partita, tutte quelle cose che funzionavano e lo rendevano speciale quindici anni fa sono ancora attuali e attuabili per raggiungere l’obiettivo?

La storia recente dice che due anni fa ha vinto la Conference League e l’anno scorso ha perso la finale di Europa League, risultati inusuali a Roma, per i quali è stato glorificato dal tifo romano.
La rosa della Roma vale più di una Conference League vinta e di una finale di Europa League persa? Per la proprietà americana della Roma vale uno scudetto e una finale di Champions League?

Quest’anno, diciamo la verità, la squadra non sta facendo bene, le aspettative con la coppia offensiva Dybala – Lukaku erano ben diverse dell’attuale nono posto a ventidue punti dall’Inter capolista. La strategia del portoghese ha portato più danni che benefici. E’ come se lo Special One di Setubal si fosse improvvisamente normalizzato, come se i suoi super poteri fossero scomparsi, mostrandolo al mondo in una vesta inconsueta, cioè quella di un uomo senza idee, ripetitivo alla noia, fastidioso e perdente.
Lo speciale è diventato normale.