Nel 1989 Raffaele Riefoli, in arte Raf, insieme a Giancarlo Bigazzi e Giuseppe Dati, scrisse il testo e la musica di Cosa resterà di questi anni ’80, brano musicale presentato per la prima volta al pubblico al Festival di Sanremo. Il brano volle essere una sorta di analisi/testamento di uno dei decenni più emblematici del pianeta Terra dell’epoca moderna, la spiegazione a chi lo ha vissuto, e a chi verrà dopo, del modus vivendi di quegli anni attraverso citazioni di personaggi influenti come Reagan e Gorbacev, e simboli di costume quali per esempio il wind-surf e i jeans.

Il mito degli ’80 nacque con l’edonismo reaganiano, con quel tipo di società americana improntata sulle teorie individualiste, neoliberiste, sui comportamenti egoistici, sul taglio delle tasse, sull’autoregolamentazione del singolo nei confronti di sé stesso, degli altri, dello Stato. In quegli anni emerse un individualismo sfrenato, dove nessuno è più amico ma bensì antagonista, si perse la certezza del diritto (la magistratura vista come nemica), gli unici obiettivi erano l'apparire a tutti i costi, l'apparire come valore, e il consumismo sfrenato che porta la gente ad una forma di bulimia senza scopo.

Negli Stati Uniti d’America e nei Paesi occidentali satellite come la nostra bella e fragile Italia, questa politica produsse da un lato l’uscita dalla crisi economica, dalla recessione che nella seconda metà degli anni ’70 aveva portato l’inflazione a doppia cifra e la disoccupazione vicina al 10%, dall’altro ebbe l’effetto di creare l’enorme debito pubblico di cui oggi paghiamo le soffocanti conseguenze.

Gli ’80 non furono però solo la leggendaria vittoria della nazionale italiana di calcio ai mondiali del 1982, lampade abbronzanti, occhiali Rayban Wayfarer, cinture El Charro, felpe Best Company, vacanze invernali a Cortina, orologi sul polsino alla Gianni Agnelli, abiti blu alla Silvio Berlusconi, telefono in macchina, discoteche tutte le sere e cibo spazzatura, ma furono anche e soprattutto la fine della guerra fredda tra americani e russi, guerra per fortuna mai combattuta a colpi di cannone ma ideologicamente, con la contrapposizione tra democrazia e dittatura, tra economia di mercato ed economia pianificata, tra  capitalismo e comunismo.

Furono gli anni della protesta di piazza Tienanmen a Pechino, dove studenti, intellettuali e operai furono massacrati perché dimostranti civilmente, pacificamente contro la repressione del governo cinese in tema di diritti umani e libertà di espressione. Fu il decennio di Papa Wojtyla, il Papa polacco che guidò il suo popolo verso la liberazione dall’oppressione rossa, che diede il coraggio, la forza, l’appoggio morale ai popoli confinanti di ribellarsi definitivamente, di abbattere quel muro che divideva l’Europa, che aveva spaccato in due il mondo arricchendone una parte e impoverendone di vita vissuta e valori l’altra.

Cosa ci hanno lasciato, cosa abbiamo imparato, quale lezione ci hanno dato, cosa è restato degli anni ’80?
Si dice spesso che gli errori, le sconfitte, in realtà si chiamano esperienza, che l’esperienza serve a non commettere più gli stessi errori, serve a trasformare le sconfitte in vittorie.
Chi ha vissuto gli ’80 prova profonda e dolorosa nostalgia nel ricordarli, li definisce come il miglior modello di vita, come il più bel periodo della propria esistenza: spensieratezza, divertimento, joie de vivre, denaro caduto dal cielo, quasi assenza di controlli fiscali, costo della vita inferiore a quello di oggi, facilità a trovare lavoro e/o a crearne uno proprio. Insomma, il Paese dei Balocchi o delle meraviglie, come meglio preferite.

Stavamo tutti bene con la Prima Repubblica, con il socialismo di Craxi e con la Democrazia Cristiana”. Quante volte negli ultimi vent’anni ai pranzi di famiglia o nei bar abbiamo detto, sentito queste parole che onestamente ho pensato e urlato anch’io diverse volte.

La domanda è: era un mondo vero e sostenibile? La risposta è: NO.

Cosa non ha funzionato di quell’esperienza, quali sono gli elementi negativi che ci ha lasciato?

  1. Ricchezza per tutti (purtroppo) non ci può essere e il farlo credere porta la gente verso pensieri ed azioni irrazionali
  2. Non pagare le tasse o non pagarne a sufficienza significa non avere poi in cambio servizi imprescindibili quali per esempio la sanità pubblica efficiente per tutti
  3. L’individualismo/egoismo porta allo sfaldamento della società, pensare invece al plurale dà benefici sia alla collettività che al singolo individuo (Germania docet)
  4. I troppi debiti fanno decrescere invece di crescere uno Stato e gli individui che vi abitano

Quali sono invece gli aspetti positivi che ci ha insegnato e che per nessun motivo dobbiamo buttare a mare?

  1. La libertà di pensiero e di azione, nel rispetto delle regole, è un diritto imprescindibile di ogni essere umano
  2. La pace è la più grande vittoria
  3. Il merito va sempre premiato, non siamo tutti uguali, esistono le categorie, e il più bravo deve sì mettersi al servizio degli altri, ma venendo retribuito maggiormente
  4. Le dittature, di qualsiasi colore, nome e forma, hanno di buono solo l’ordine e la disciplina, per il resto sono un’aberrazione dell’intelligenza umana

Chiudo con l’ultima strofa della all’inizio citata canzone di Raf, che in qualche modo può significare che la vita è un attimo, è il momento in cui una cosa ti appartiene ed è già passato, e quindi quello che rimane non è nient’altro che un ricordo, solo un ricordo:

Anni veri di pubblicità, ma che cosa resterà
anni allegri e depressi di follia e lucidità
sembran già degli Anni Ottanta
per noi quasi ottanta anni fa