Trent’anni di seconda Repubblica non hanno evidentemente insegnato nulla, la vanità umana, l’ego sproporzionato la fanno sempre da padroni soffocando la razionalità che dovrebbe invece prendere il sopravvento quando si tratta di fare scelte fondamentali per la propria vita professionale, e nel caso dei politici per il destino degli esseri umani e non da loro governati.

Il mondo è cambiato, l’Italia è cambiata. Se negli anni ’60, ’70 e ’80 in cabina elettorale mettere la X sul simbolo della Democrazia Cristiana era un processo meccanico automatico, naturale, oggi non lo è più, oggi si passa dal votare a destra e subito dopo a sinistra come il tempo che si impiega a mangiare una caramella.
Non esistono più ideali, i partiti dicono e soprattutto fanno tutti le stesse cose, metà degli aventi diritto non vanno a votare, l’Europa dirige un’orchestra stonata che cambia vestito ma suona sempre la stessa musica.

Cosa fa scegliere un candidato piuttosto che un altro? Spesso la simpatia, la bellezza, l’eleganza, la comunicazione populista forte e decisa che ipnotizza e illude per un attimo la gente che in brevissimo tempo si risveglia e si rende conto che ancora una volta è stata presa in giro con false promesse irrealizzabili.
Chi vince a larga maggioranza si sente onnipotente, invincibile, si crede un genio, un fuoriclasse alla Maradona, un marziano venuto da chissà quale galassia per stravolgere il Pianeta Terra.

Matteo Renzi, simpatico e sveglio ragazzone fiorentino appassionato tifoso di calcio, e come me nostalgico del telefilm Fonzie, nel 2016, insieme alla bella collega di partito Boschi, personalizzò il referendum costituzionale diretto a modificare sotto vari profili la seconda parte della Costituzione. Risultato? Sonora sconfitta ed immediato declino.

Giorgia Meloni alle regionali sarde di domenica ha voluto sfidare la storia recente, ha creduto di poterla ribaltare, ha deciso di metterci la faccia, quella bella faccia colorata da splendidi occhi azzurri che l’ha fatta trionfare alle ultime politiche: il candidato lo scelgo io e vinco io! Risultato? Ha perso.
Ha perso perché a Cagliari al Palazzo della Regione non ci sarebbe andata lei ma l’odiato sindaco del capoluogo che da poco ha salutato il suo eroe calcistico Gigi Riva. Ha perso perché ha sottovalutato l’avversario, cosa che chi fa sport sa benissimo essere il primo passo verso la sconfitta.

La verità è che questa volta non finirà come nel 2016, la Giorgia della Garbatella, a differenza del Renzi, non ha avversari veri, l’unico avversario possono essere i compagni di squadra che probabilmente non l’hanno mai sopportata troppo, in quanto donna che ha sovrastato gli uomini e per quel suo modo a volte un po’ borgataro di rivolgersi al pubblico.
Da spettatore dico: solo un autogoal può portare un’altra sconfitta, un autogoal come quello che pare ci sia stato proprio domenica con qualche migliaio di voti di centro destra che sono andati volutamente al centro sinistra per fare un dispetto alla capitana.

Meloni come Renzi, ma (forse) non finirà allo stesso modo.