NOTA della redazione per i blogger: per il mese di febbraio, sono stati sospesi i voti agli articoli, ecco perché tutti i blogger ricevono una bassa valutazione con il voto 1; vogliamo dunque chiarire che non è un giudizio negativo al pezzo qui proposto. Grazie per continuare a scrivere su VxL.


In molti aspettiamo Sanremo tutto l’anno, quasi ansiosi che arrivi la seconda settimana di febbraio per sollevarci un po’ il morale, per avere un’occupazione serale nel mese probabilmente più grigio, triste, noioso dell’anno.

Il Festival della canzone italiana arriva e in un attimo finisce, sembra quasi che ancora lo stiamo aspettando ed invece siamo già al penultimo episodio, ai duetti che tanto ci piacciono perché ci sollevano dal dover giudicare un brano, perché finalmente possiamo ascoltare le canzoni che amiamo da sempre, gli evergreen che fanno parte della storia della musica del nostro Paese, della storia della nostra vita.

I pezzi in gara li ho ascoltati tutti, alcuni in diretta televisiva, altri su internet il mattino appena sveglio. Qualcuno di loro l’ho riascoltato parecchie volte, Diodato mi ha fatto innamorare con quelle note, quegli arrangiamenti, quel testo, quella dolce melodia, quella voce pulita che sale e scende, scende e sale senza stonature, senza sbavature, con quell’armonia figlia di un talento naturale forse non adeguatamente premiato fino ad ora (ha vinto un Sanremo e un David di Donatello, ma ha meno visualizzazioni sul web dell’ultimo degli utilizzatori dell’Auto-Tune).

La Bertè mi ha estasiato con quell’inno che è la parafrasi della frase di Edgar Allan Poe “mi hanno chiamato pazzo, ma a nessuno è ancora chiaro se la pazzia sia o no la più alta forma di intelligenza”. Loredana è un mito, è parte della storia positiva dell’Italia, è insieme alla Nannini il ricordo rock al femminile dei meravigliosi anni ’80, è l’espressione più concreta del saper cantare, del saper trascinare, del saper risorgere dalle proprie ceneri come l’Araba Fenice.
Meriterebbe la vittoria, non come premio alla carriera, ma perché è la più brava! 

Il Volo sono bravissimi, hanno una bella canzone, sono l’italianità, meriterebbero il podio, ma non lo avranno, perché sono troppo capaci per averlo, sono troppo famosi per ottenerlo, sembrerebbe tutto troppo scontato.

La Mannoia è la Mannoia, piace sempre, potrebbe cantare anche il Ballo del Qua Qua e piacerebbe. Piace ma a me non convince quel suo voler ostentare nei testi da lei magistralmente cantati un femminismo ad un certo punto un po’ tedioso, oltre misura.

I Negramaro sono dei fuoriclasse tutti usciti dal conservatorio e capitanati dal Re del falsetto Giuliano Sangiorgi, ma il loro regno sono gli stadi, non una manifestazione che si vince a suon di sms a pagamento inviati dai teenagers.

I Ricchi e Poveri, come la Bertè, fanno parte dei libri di storia, hanno una canzone che soprattutto come ritmo non ha nulla da invidiare alle altre, ma chi li vota?

Veniamo ai primi in classifica, a quelli che con la sopra citata Bertè domani sera si contenderanno la coppa del vincitore.
Geolier, Irama, Annalisa, Mahmood, Angelina Mango, Ghali, Amoroso, Il Tre, Mr. Rain.
Uno che canta non si capisce cosa in un dialetto incomprensibile ad almeno cinquanta milioni di italiani, una che canta benissimo ma per sfondare a deciso a trentotto anni di presentarsi sul palco in pantaloncini, giarrettiere a vista e seno mezzo scoperto portando un motivetto da pubblicità dei preservativi o alla meglio da balletto serale alla discoteca del villaggio turistico.

Il resto? Un gay osannato dalla comunità LGBT, un nord africano che canta, scusate parla della solita insofferenza verso una società che a suo dire gli fa solo del male, uno sconosciuto lì per caso, i “figli” della De Filippi e Angelina Mango che tutto sommato male non è, anzi, con tutta onestà asserisco che è bravina, ma applaudirla per due minuti tutti in piedi, urlando versi di ogni genere come se avessero appena performato i Rolling Stones, mi è sembrato un po' eccessivo...

Amadeus è riuscito in questi cinque anni a battere tutti i record di ascolto creando un Festival finalmente per tutti. Lo ha fatto sapendo che i giovani portano share e soldini con i loro click, che i giovani sono il motore della una società.
Motore di una società, ma di quale società, di che tipo di società, di una società fondata su quali principi, su quali valori, una società che ci sta proiettando quale presente e che sta programmando quale futuro?

A voi la risposta, nel frattempo buon finale di Festival di Sanremo a tutti.