Il referendum costituzionale del 2016 ha cambiato il volto della politica italiana più recente. Matteo Renzi, grande demiurgo della riforma, ha rassegnato le dimissioni poche ore dopo la sconfitta patita alle urne. La parabola dell'ex inquilino di Palazzo Chigi, il cui errore fondamentale è consistito nella personalizzazione del voto ("o con me o contro di me", la sintesi del pensiero), si è affievolita, non riuscendo più a rivivere i fasti elettorali di qualche anno prima (40 % alle elezioni europee 2014, massimo risultato del Partito Democratico). Una riforma capace di spaccare in due l'opinione pubblica, ma anche "rea" di aver creato un asse trasversale, ostile al cambiamento, contenente tanto un Berlusconi quanto un Travaglio, nemici giurati da secoli.

Rivedere l'assetto del Parlamento, questo il target dichiarato, il fine ultimo da perseguire per i sostenitori del "sì"; occhio alle derive autoritarie e articoli prolissi in luogo di una Carta già bella e snella, la crociata dei paladini del "no". Festa grande al CNEL, ente ai più sconosciuto, nel mirino dei "tagli" propugnati dall'asse riformista. A seguito del risultato acquisito ci siamo ritrovati nuovamente in un clima di totale ingovernabilità. Gentiloni, prima, Conte I-Conte II, fra un Papeete e una pandemia e adesso Draghi. Povero Mattarella, autoproclamatosi arbitro e ritrovatosi nelle vesti di vigile urbano: il traffico di leader e scagnozzi, nel corso delle innumerevoli consultazioni, fa invidia a quello delle grandi città.

In un ipotetico consesso parlamentare juventino, aguzzando un po' la fantasia, si può tranquillamente collocare gran parte dell'organico nella Camera dei deputati. Urge, tuttavia, mettere nel mirino il Senato bianconero, grande freno e limite nelle recenti vicissitudini di Madama. Siamo sicuri che i cosiddetti senatori siano ancora benzina per i motori dei più giovani? Risulta fin troppo esagerata l'immunità di cui gode questo ristretto manipolo di calciatori?

Se rivoluzione deve essere, allora bisogna avere il coraggio di cambiare. Non sempre gli anziani e i cavalli di ritorno costituiscono un punto di forza per i cicli vincenti del calcio. La fame di vittoria dei primi anni può trasformarsi in sazietà, non appena i successi crescono esponenzialmente. Successe al Milan di fine anni novanta, è successo all'Inter post-triplete. La Juventus di oggi è lo specchio di un cambiamento mai avvenuto, in epoca recente. L'età media elevata è frutto di un progetto che prevedeva l'uovo oggi e la gallina chissà.

Il fatto che un giocatore come Chiellini ancora non abbia svelato il proprio futuro, ricorda tanto gli ultraottantenni che credono di poter rinnovare in un battibaleno la patente di guida. Il Chiellini di cinque anni fa non è paragonabile a quello attuale. L'esperienza e la qualità non invecchiano, la tenuta fisica e le motivazioni si. Era commovente, l'anno scorso, vederlo seguire la squadra sebbene fosse reduce da un crociato rotto. Alquanto imbarazzante vederlo ancora oggi convocato in nazionale e, dopo la prima gara dispuatata, far ritorno a Torino per l'ennesimo problema muscolare. Si gioca solo per le statistiche, non per l'interesse collettivo. L'egoismo che si contrappone al vorrei lanciare i giovani, ma Chiellini è Chiellini, quindi...

Stesso discorso vale per Leonardo Bonucci, fresco di 100 presenze in maglia azzurra. Bonucci è il lontano parente del pre-Cardiff, nonostante lasci trasparire un'immagine granitica di sé. Marcature inesistenti e lanci lunghi, pezzo forte della casa, azzeccati quasi per sbaglio. Ma tant'é: si chiama Bonucci, ergo giocherà fin quando sentirà di essere ancora all'altezza. E nel frattempo De Ligt, alla Juve e Bastoni, ad esempio, in nazionale, rendono molto di più del classe '87. Poi qualcuno dovrà ancora spiegarci tutta questa eccessiva reverenza verso chi, in un anno, mosso da autostima, ha invertito più rotte di Cristoforo Colombo. 

Dulcis in fundo, perché Buffon in copertina? I giornali odierni rilanciano la notizia secondo la quale l'estremo difensore classe '78 (!) voglia giocarsi le ultime carte da titolare (!). C'é nessuno ad aver capito cosa abbia combinato Gigi nell'ultimo quadriennio? Vado via dalla Juve! Ok, piangiamo tutti. Anche il cielo piangeva, figuariamoci. Vado a Parigi! Wow! Entusiasmo a palate, sotto la Tour Eiffel. Ici c'est Paris! Tutto bello, fino all'errore in Champions. Ritorno alla Juve. Rinnovo per un altro anno. Forse smetto. Forse farò ancora il titolare. Però meglio in un grande club. Forse smetto. Forse vado al GF Vip.
Ci rendiamo conto che il cul de sac in cui si è ficcato Gigi sta rovinando la tenuta di una squadra, intenzionata a lanciare i famigerati giovani? La società, oramai molliccia parente di qualche anno addietro, si lascia soggiogare dalle volontà testamentarie di alcuni vecchietti rincoglioniti. Per carità, i vecchietti affetti da galoppante rincoglionimento hanno scritto pagine di storia difficili da scordare. E cacchio quanta adrenalina hanno trasmesso negli anni! Tuttavia non si può negare che costoro prediligano, in data odierna, la statistica individuale al trofeo, bello, in oro placcato o di argentato fulgore. Tutti elementi riconducibili alla casta parlamentare, chiaramente la maggioranza, non la totalità. Meglio arricchirsi piuttosto che pensare al bene collettivo. Meglio essere immuni e chissenefrega di assumersi le proprie responsabilità, di fronte all'autorità giudicante.

John Elkann, in alcune dichiarazioni, ha ribadito la volontà di ripartire dai giovani. Il servilismo fantozziano del management della Continassa, nei riguardi delle suddette figure, purtroppo, non lascia ben sperare. I giovani italiani, primi fra tutti, presentano insidie da non sottovalutare: pompati dalla stampa e limitati sul rettangolo verde, quando c'è da compiere il grande salto. Il giovane, nel calcio, in generale, è un diamante grezzo da plasmare, andando a rispettare, ove necessario, le tempistiche di adattamento alla nuova realtà (leggere attentamente il foglio illustrativo). 
D'accordo o meno con i contenuti del referendum 2016, è tempo questo di superare il bicameralismo perfetto in casa Juve. Il nuovo senato, come 5 anni fa or sono, andrà rinsaldato da elementi preesistenti. I "sindaci" e i "consiglieri regionali" saranno portatori di questa istanza di rinnovamento. Facile, per dirla alla Travaglio, puntare il dito contro i furbetti che intenderanno godere dell'immunità parlamentare: intanto proviamoci. Serve un cambiamento radicale e ponderato, non un referendum fantoccio come quello di matrice grillina di settembre 2020. Tagliare i parlamentari, con un risparmio effettivo di un caffé al giorno per ogni italiano, non ha un'utilità tangibile. Quanto più rivedere i costi (Ramsey-Rabiot-Bernardeschi, i cui ingaggi sono da sottoporre al vaglio della GDF), ottenendo, di conseguenza, un aumento dei benefici. Cambiare spaventa, non cambiare significherà ingoiare rospi per tanti anni ancora.