Juventus-Napoli 3-1. Sul tabellino dello Stadium i seguenti marcatori: Mertens, Mandzukic, Mandzukic, Bonucci. Dalla sbornia della vittoria all'amara realtà: Marotta davanti alle telecamere annuncia il divorzio consensuale dalla Signora. Il dirigente varesino, qualche tempo dopo, sposa il progetto sino-meneghino della Milano interista, dovendo risolvere, così, de botto e de facto, le grane Icardi e Nainggolan. A Torino si festeggia l'ottavo titolo consecutivo; all'ombra della Madunina un quarto posto che vale la Champions. Nonostante non vi fossero dubbi sulla conquista del tricolore, a Max Allegri costa cara l'eliminazione nella massima competizione contro l'Ajax, tanto da arrivare all'esonero. Anche a Luciano Spalletti, tecnico nerazzurro, il raggiungimento dell'obiettivo minimo non basta per salvare la panchina.

Il mercato degli allenatori 2019 vede Ancelotti sedersi sul banquillo del Napoli; incredibile sull'asse Torino-Milano: gli arcinemici nerazzurri e bianconeri, Antonio Conte e Maurizio Sarri, diventano i nuovi allenatori delle due squadre.
Speravo de mori' prima, a dir la verità.
Le uniche due prove di forza della Juventus sarriana sono i derby d'Italia stravinti contro il Biscione di Conte. Nono tricolore in bacheca e nerazzurri che terminano la stagione a meno uno dalla Signora. Il gap si riduce e per quanto il distacco minimo si realizzi nelle ultime due giornate, ininfluenti ai fini della lotta scudetto, è comunque un dato emblematico.

Conte rimane, nonostante non abbia conseguito alcun titolo, mentre alla Continassa decidono che è tempo di ritentare l'azzardo, proprio come ai tempi del tecnico salentino: fuori Sarri, dentro Pirlo. Per i nerazzurri è tempo di artigliare lo Scudetto. Marotta fa all-in su Hakimi e puntella la squadra con Kolarov, Darmian e Vidal su tutti. Linea verde e graditi ritorni per Madama: Kulusevski, Arthur, Chiesa e Morata.
La svolta: Inter fuori ai gironi di Champions e testa solo al campionato. I nerazzurri surclassano la Juve nello scontro diretto di andata e terminano la stagione con il tricolore cucito sul petto. La tenacia di Conte e il grande acume di Marotta sono alla base del diciottesimo tricolore più ICA (Imposta sul Cartone Aggiunto) degli interisti. Quanto alla Juve, l'utopia calcistica di Pirlo rimarrà tale. Speravo de mori' prima.

Il mercato 2021 sa tanto di ridimensionamento per i nuovi campioni d'Italia: via Conte, dentro Simone Inzaghi; via Lukaku, ecco Dzeko; out Hakimi, in Dumfries. Alti e bassi, per carità, ma Inzaghino è riuscito a mantenere alti e inalterati gli standard dei nerazzurri, rimanendo in corsa per lo scudetto, superando i gironi di Champions e non sfigurando col Liverpool. Alla Juve torna Allegri: solita confusione e quarto posto raggiunto, come obiettivo minimo, a testimonianza di una scarsa progettualità in quel della Continassa. Scontri diretti tra i due? Stendiamo un velo pietoso! Inter-Juve, andata di campionato, 1-1; Supercoppa: 2-1 per i nerazzurri, previo alto patrocinio di Alex Scarso; 0-1 sempre per l'Inter con rigore di Calhanoglu, al ritorno di Serie A. Dulcis in fundo: finale di Coppa Italia. Juventus-Inter 2-4 dopo i tempi supplementari. Gli juventini parlano della condotta arbitrale, ma, a giudicare dal risultato, un'analisi diacronica della stagione bianconera e un po' di sana autocritica non guasterebbero.

In cosa l'Inter ha saputo ribaltare il gap che la distanziava dalla Juve? 
Progetto: modulo chiaro, giocatori consoni alle tattiche dei tecnici, preparazione atletica adeguata alla scansione del tempo di una stagione calcistica. Campo a parte, nella Milano nerazzurra il pacchetto dirigenziale appare quale monolite arduo da scalfire: Zhang Jr., Antonello, Marotta, Ausilio e Baccin rappresentano, insieme agli omologhi rossoneri, Gazidis, Maldini e Massara il non plus ultra della competenza e della dedizione manageriale. Buio pesto, invece, all'ombra della Mole: Agnelli in veste politico, Nedved nei panni della casalinga disperata, Arrivabene (vs Dybala: civil war) e Cherubini ancora oggetti misteriosi. Menzione speciale, sempre cara alla mia "penna", per Fabio Paratici colui il quale ha esautorato ogni velleità progettuale di Madama.
Profondità della rosa: quanto detto sopra collima, in tutto o in parte, con il collettivo che dovrà portare avanti l'annata, sotto la direzione del tecnico. Se si gioca col 3-5-2 o il 4-2-3-1, ad esempio, a Milano, su entrambe le sponde, si è ben compreso di accomunare la qualità dei singoli interpreti alla quantità dei vari ricambi seduti in panca. A Torino si viaggia con la fantasia e si perseguono assetti tattici desueti, quali il 4-4-2. Il sempreverde modulo in questione è stato rispolverato per garantire maggiore equilibrio a una squadra fatiscente e mal costruita. Come se non bastasse, ogni anno la Juve è afflitta da una sfilza infinita di infortuni: sfortuna o altro? Esempio di profondità: Inzaghi si gira e incrocia gli sguardi di Dimarco, Darmian/Dumfries, Correa, Sanchez o Vidal; se Allegri lanciasse un'occhiata alle proprie spalle, scoregerebbe: Bernardeschi, Kean (!), Aké o Nicolussi, ragazzini convocati per estrema necessità e non per convinzione.
Ridimensionamento (?): dipende dai punti di vista. L'Inter a corto di liquidità non è apparsa, alla prova del campo, così in difficoltà, come la Juve al canto del cigno. Lukaku e Hakimi sono state perdite dolorose, ma Dzeko e Dumfries non sono apparsi così in difficoltà, alla lunga. Ai piedi delle Alpi non si capisce bene se sia in atto un restyling per giovani o un esperimento mal riuscito per esperti mestieranti da affiancare ai lattanti. Si alternano impunemente ragazzini (Pellegrini), fenomeni parastatali (Kean) o accecati sulla via di Damasco (Rabiot). Alla Juve l'impostazione giovanile assume un solo significato, a dire il vero: speculare sul giovane, mandarlo in prestito qua e là, per poi cercare di rivenderlo tanto da trarne beneficio in bilancio. 

Il risultato dell'Olimpico di due giorni fa non è affatto bugiardo. Serviva una prova di forza del genere, visto che, quest'anno, al netto di un'acclarata superiorità, i nerazzurri sono apparsi sempre poco propensi a far valere il proprio predominio.
Negli scontri diretti, la squadra di Inzaghi si è sempre distinta per il non troppo spiccato dominio territoriale, ad eccezione della Supercoppa, ma più per la gestione/ricerca degli episodi, riuscendo in tutti i casi a portare a casa il risultato. Segno che l'influsso di Marotta e Conte, ex juventini, abbia lasciato che spirassero venti di vittoria verso i Navigli nerazzurri; segno tangibile, altresì, di un corto muso allegriano nelle strategie, nelle teorie e nella pratica di Simone Inzaghi.
Speravo de mori' prima, anche perché un risultato così netto, contro i rivali di sempre, è duro da digerire.